Tonia Mastrobuoni, La Stampa 9/10/2014, 9 ottobre 2014
L’IRA DELLA MERKEL: «VI ABBIAMO MESSO A DISPOSIZIONE SEI MILIARDI DI EURO E NON SIETE CAPACI DI SPENDERLI»
«Nella vecchia Germania est si formavano tanti fiorai. Ma il problema era che i fiori erano troppo pochi». Per Angela Merkel il punto non è più il quanto, ma il come. E il paragone con l’ex Paese comunista le è servito ieri, durante il vertice europeo, per muovere ai partner europei il rimprovero principale. I soldi per combattere la disoccupazione giovanile ci sono: non si spendono o si spendono male. In primo luogo proprio in Francia e in Italia, grandi sponsor dei summit sul lavoro. E nelle intenzioni di Merkel - ma anche di Matteo Renzi - l’appuntamento di ieri andava spostato proprio per questo, magari a fine anno. Soltanto su insistenza del presidente francese Hollande, l’incontro si è fatto.
D’un lato, al centro dei colloqui doveva esserci - e c’è stato - il dossier che da mesi fa infuriare i tedeschi. I sei miliardi di euro della Youth guarantee, stanziati in pompa magna per abbattere la disoccupazione giovanile, sono in gran parte inutilizzati. Durante la conferenza stampa finale, il presidente del Consiglio europeo uscente Van Rompuy ha quantificato la catastrofe: appena 800 milioni impiegati su 6 miliardi. E la cancelliera lo ha detto esplicitamente, davanti ai giornalisti: «Al momento non c’è un problema di soldi che mancano, ma di come vengono spesi». E ancora: «è vero che dobbiamo investire, ma dobbiamo anche sapere in quale direzione».
Insomma, sembrava un vertice condannato a una fine mesta, di parole di circostanza e imbarazzate perifrasi, senza alcun impegno per nuove risorse, ma invece una notizia c’è. La cancelliera ha detto davanti ai giornalisti di essere pronta a discutere margini di flessibilità sulle regole europee: «so che ci sono paesi che lottano per conciliare deficit e crescita. Siamo pronti a discutere modifiche al sistema dei finanziamenti europei». Renzi ha colto la palla al balzo per ringraziarla e citare due esempi classici, i cofinanziamenti e la restituzione dei debiti della p. a. alle imprese. «Questi vertici sono importanti proprio perché danno la possibilità di confrontarsi», ha scandito Merkel. Tuttavia, dopo un elogio a Renzi per gli sforzi attuali nella riforma del mercato del lavoro - Merkel ha anche ricordato gli impegni di Roma e Parigi: «La Francia ha detto che rispetterà gli impegni, penso che anche l’Italia pensi la stessa cosa. Sono fiduciosa che ognuno sia consapevole della sua responsabilità».
Il secondo motivo per cui la cancelliera avrebbe fatto volentieri a meno del summit informale a Milano, è che a una settimana da quelle che a Berlino sono state accolte come provocazioni - l’annuncio di Parigi che sforerà il 3% del deficit fino all’anno delle presidenziali e quello di Roma che il pareggio di bilancio slitta di un anno - Merkel non aveva molta voglia di stare su un palco con i due capi di Stato e di governo che le procurano i maggiori grattacapi. E pur essendo infuriata soprattutto con la Francia, colpevole dell’infrazione europea più grave rispetto all’Italia e partner tradizionalmente più stretto, la cancelliera ha margini scarsi per attaccare Hollande, già politicamente alle corde nel suo Paese.
Stando ad alcune indiscrezioni, tuttavia, intimorita dagli ultimi, disastrosi dati economici (la produzione industriale è crollata ad agosto e da mesi gli indicatori di fiducia di famiglie e imprese sono in caduta libera), Merkel starebbe pensando di adottare misure per stimolare la crescita in Germania. Oltre agli interventi di stimolo da quindici miliardi già noti come il salario minimo e gli aumenti degli assegni pensionistici per le donne, il governo starebbe pensando di tagliare l’aliquota contributiva, liberando sei miliardi di risorse.
Tonia Mastrobuoni, La Stampa 9/10/2014