VARIE 8/10/2014, 8 ottobre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - DIBATTITO SULLA FIDUCIA
REPUBBLICA.IT
ROMA - La seduta in Senato, con il voto di fiducia sulla delega al governo per il Jobs Act, la riforma del mercato del lavoro, va avanti in un clima difficilissimo, con le opposizioni protagoniste di plateali forme di protesta. L’ultima, in serata, quando il presidente Grasso ha messo in votazione le richieste di variazione del calendario. Lega e M5s hanno occupato i banchi del governo. Contro Grasso anche un lancio di fogli e libri, tra cui il regolamento del Senato. Poi è arrivata la sospensione, fino alle 20, per consentire alla commissione Bilancio di esprimere il parere sull’emendamento presentato dal governo. La sospensione inevitabilmente allunga i tempi per il voto sulla fiducia, previsto al termine della conferenza dei capigruppo per le ore 21.
Da Milano, dove è in conferenza stampa dopo il vertice Ue sull’occupazione, Matteo Renzi accusa le "reazioni delle opposizioni" che "fanno parte più di sceneggiate che non della politica, se si hanno idee diverse si spiegano. Se ogni volta che presentiamo delle riforme in Senato - aggiunge - dobbiamo assistere a queste sceneggiate non è elemento di preoccupazione, a me preoccupa la disoccupazione non l’opposizione".
Proteste o no, il premier tira dritto, anche sull’articolo 18: "Possono contestarci - è l’affondo rivolto alla Cgil, alle opposizioni politiche che oggi hanno gettato monetine sui banchi dell’esecutivo e alle tensioni interne al ’suo’ Partito democratico - ma la verità vera è che questo Paese lo cambiamo. Al Senato porteremo a casa il risultato oggi, nelle prossime settimane e nei prossimi mesi: non molliamo di un centimetro". E in conferenza stampa a Milano giunge per Renzi l’apprezzamento di Angela Merkel: "Abbiamo un grosso problema in Europa sulla disoccupazione giovanile. Con il Job act l’Italia ha adottato misure molto importanti" dichiara la cancelliere tedesca.
L’obiettivo dichiarato da raggiungere è la creazione di 83mila nuovi posti di lavoro. E sul contratto a tutele crescenti per i neoassunti è il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ad annunciare: "Il governo intende modificare il regime del reintegro così come previsto dall’articolo 18, eliminandolo per i licenziamenti economici e sostituendolo con un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità". Pertanto, la possibilità di reintegro dopo un licenziamento ci sarà solo per quelli discriminatori o per violazioni gravi sui disciplinari.
Le novità che riguardano le norme che impattano sull’articolo 18 dei lavoratori e che entreranno nei decreti delegati varranno per le nuove assunzioni. "I dissensi - chiosa il ministro - non ci fermano".
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Maxiemendamento al vaglio. E’ ripartita stamani, nell’aula del Senato, la discussione generale sul ddl delega. Al termine del dibattito sul jobs act (o meglio, della delega che il Parlamento darà al governo, il quale avrà poi il compito di varare un decreto legislativo che entri nel merito delle questioni) è arrivata la richiesta di fiducia da parte del governo sul maxiemendamento al provvedimento: il testo (leggi qui) prevede che il contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti diventi più conveniente in termini di oneri diretti e indiretti. La prima chiama per il voto stasera alle 21.
LEGGI Summit Ue a Milano, protesta di studenti e lavoratori / FOTO
Boschi chiede fiducia, minoranza dem ci sta. Nel pomeriggio è il ministro Maria Elena Boschi a chiedere la fiducia al Senato. Un discorso che viene accolto da urla e applausi ironici del Movimento 5 Stelle (video). La minoranza Pd prepara un documento firmato da 26 senatori e 9 deputati e dichiara il voto favorevole: "Abbiamo accolto con grande soddisfazione il fatto che alcune delle nostre proposte di miglioramento del ddl delega siano state accolte nel maxiemendamento proposto per la fiducia. Ma non basta, altri temi non trovano accoglimento nella delega. Lo potranno fare nell’esame da parte della Camera". Lo ha detto la senatrice Maria Cecilia Guerra, una degli esponenti dei parlamentari democratici che hanno proposto modifiche alla delega. "Voteremo la fiducia al governo - ha quindi sotttolineato la senatrice a nome di tutti i suoi colleghi - perché non abbiamo mai voluto far cadere il governo. Il nostro intendimento e obiettivo e quello di migliorare la delega". Sul tavolo resta il possibile voto contrario dei civatiani.
BLOG Pd contro Pd di MARCO BRACCONI
Articolo 18. Fonti di Palazzo Chigi sottolineano come il voto di oggi sulla fiducia riguardi "evidentemente" anche l’articolo 18. Lo si è spiegato per mesi ovunque - è la puntualizzazione - persino nelle sedi di partito. La delega attribuisce al governo il dovere di superare l’attuale sistema e il presidente del Consiglio ha indicato con chiarezza la direzione. Chi vota la fiducia vota la fiducia al presidente del Consiglio e al governo che sostengono la necessità di riformare l’intero mercato del lavoro, come esplicitato dalla delega. Che essendo delega non può che avere la portata definita dal testo normato.
Reazioni e "dimissioni imminenti". Nel Pd, però, scattano immediate le reazioni alla precisazione di Palazzo Chigi. Posto che sulla fiducia la minoranza dem è a sua volta spaccata visto che i bersaniani la voteranno, dai microfoni di Radio Anch’io, Rosy Bindi dichiara: "Non si capisco come il governo possa annunciare modifiche all’articolo 18 con i decreti legislativi in totale assenza di oggetto, principi e criteri direttivi nell’articolato della legge delega e nello stesso emendamento sul quale intende porre la fiducia. Con il voto di fiducia di oggi il governo non può sentirsi autorizzato a violare un articolo della Costituzione".
E Pippo Civati: "Ma se la delega non cita l’articolo 18, come farà il governo a ’decretare’ sull’articolo 18? Prima di presentare emendamenti (che non emendano granché) e di mettere la fiducia su una legge delega vaga e imprecisa, varrebbe la pena di rileggersi l’articolo 76 della Costituzione". Civati fa sapere, inoltre, che la fiducia sul jobs act "crea un disagio profondo a qualche senatore Pd e alcuni di loro sono pronti a dimettersi. Uno di loro di sicuro, ma il nome non lo faccio, so per certo che in dichiarazione di voto annuncerà le sue dimissioni".
Da fonti dem, il senatore dimissionario è Walter Tocci, molto critico nei confronti del governo, che ieri ha pronunciato una dichiarazione di voto in cui manifestava tutto il suo dissenso sul jobs act ma non solo. "Prima voto la fiducia al governo sul Jobs Act, ma subito dopo mi dimetterò da senatore" è quanto ha detto il senatore Tocci in un colloquio con il capogruppo Luigi Zanda.
REPTV Tutti i video della giornata politica
Caos in aula. In tarda mattinata esplode la bagarre a Palazzo Madama: il presidente Pietro Grasso espelle dall’aula del Senato il capogruppo M5s, Vito Petrocelli, e sospende la seduta per le proteste accese e le interruzioni continue dei grillini proprio durante l’intervento di Poletti: "L’articolo 18 non è l’alfa e l’omega della nostra riflessione", stava dicendo il ministro che ha fatto in tempo ad accennare alla spinosa questione del licenziamento per giusta causa. Un tema che non viene trattato nella delega, nella quale, anche nella nuova formulazione, si fa riferimento al contratto a tutele crescenti come strada privilegiata per le nuove assunzioni a tempo indeterminato. "Considero eccessive le aspettative sia positive che negative su questo argomento che è sicuramente rilevante ma meno decisivo di quanto si possa ritenere. Oggi il lavoro è diverso, dobbiamo cambiare i contratti e abbiamo bisogno di collaborazione, di cooperazione e corresponsabilità", ha detto Poletti tra le proteste (foto).
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Nel frattempo, a raggiungere i banchi del governo e a gettarvi sopra monetine è la senatrice 5 Stelle Rosetta Enza Blundo. Petrocelli farà lo stesso, salvo poi dichiarare: "Io non ho dato monetine a nessuno, può darsi che sia stata la senatrice Blundo. Ma allora si applichi un provvedimento alla Blundo. Non a me". I minuti passano, Petrocelli alla fine abbandona l’aula e, intercettato da LaPresse, afferma: "Ho poggiato sul banco del ministro Poletti 30 centesimi, 30 centesimi come i 30 denari. Il messaggio è che con quei soldi ci paga le tutele crescenti per i miei figli, che tanto non le avranno".
Senato, protesta M5s: monetine sul banco di Poletti e
Prima di uscire, tuttavia, Petrocelli rimane asserragliato in aula per un po’ e ne approfitta per scrivere su Twitter.
Ma mentre i pentastellati continuano a fare quadrato attorno al capogruppo, Stefano Esposito, senatore del Pd, interviene e denuncia.
Il botta e risposta prosegue. A Esposito risponde il grillino Alberto Airola ("Pd vergognatevi di queste balle che raccontate e di una fiducia su una delega in bianco"), al quale, poi, Esposito ribatte ancora: "Airola non balle ma fatti, squadristi fascisti in parlamento". Tuttavia, a paragonare Grasso all’arbitro Gianluca Rocchi della partita Juve-Roma è un altro pentastellato, Nicola Morra, che, lapidario, cinguetta.
Fonti della presidenza del Senato a questo punto intervengono: Petrocelli è stato espulso non perché ha esposto un foglio bianco, ma a seguito "di una escalation di disturbi da parte di tutto il gruppo", incluso lo sventolìo di monetine di fronte al ministro Poletti, laddove lo stesso Petrocelli, "essendo capogruppo, ha il dovere di riportare l’ordine per consentire il proseguimento dei lavori".
Ancora bagarre in serata, quando il presidente Grasso ha messo in votazione le richieste di variazione del calendario. Lega e M5s occupano i banchi del governo. Contro Grasso anche un lancio di fogli e libri, tra cui il regolamento del Senato. Poi arriva la sospensione della seduta fino alle 19,40 per consentire alla commissione Bilancio di esprimere il parere sull’emendamento presentato dal governo. La sospensione inevitabilmente allunga i tempi per il
voto sulla fiducia, previsto al termine della conferenza dei capigruppo per le ore 21.
RETROSCENA Governo valuta rischio di infrazione Ue di FRANCESCO BEI
Forza Italia si sfila. Sulla riforma si sfila anche Forza Italia: "La rivoluzione annunciata dal presidente del Consiglio - sottolinea Paolo Romani, capogruppo berlusconiano al Senato - ha subìto una brusca marcia indietro all’indomani della direzione Pd. Da parte nostra, solo l’amara constatazione di un’occasione persa. Abbiamo sempre profuso il nostro impegno nelle riforme per il Paese (il riferimento è al patto del Nazareno, ndr), ma questo provvedimento si allontana sempre di più dalle prospettive iniziali e dalla nostra coscienza riformatrice". A ribattezzarlo "bluff act" sarà poco dopo il consigliere politico di Fi, Giovanni Toti, che promette: "Forza Italia voterà convinta contro la fiducia".
ART 76
L’esercizio della funzione legislativa non può essere delegato [cfr. art. 72 c. 4] al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltanto per tempo limitato e per oggetti definiti.
IL SUMMIT DI MILANO
MILANO - "Un’Europa che pensa solo ai vincoli è arida. Senza crescita non c’è lavoro, senza lavoro non c’è dignità, senza dignità non c’è Europa". Così il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, mette il tema della crescita al centro del tavolo del vertice europeo con i capi di Stato e i ministri del Lavoro sul dramma della disoccupazione.
Un summit indetto dall’Italia, presidente di turno dell’Unione, fortemente voluto dal premier, che lo ha preparato con l’intento di mettere sul piatto la fiducia sul Jobs act, in arrivo da un Senato rovente: un messaggio ai partner del fatto che il Belpaese sta facendo il suo percorso di riforma. D’altra parte, allora, Bruxelles deve fare di più per creare occupazione e ridare slancio alla crescita. Non a caso, Renzi dice nel suo intervento: "L’Italia sarà credibile nella sua volontà di riforme solo se porterà a casa tutte le riforme che ha promesso da 30 anni e messo in cantiere concreto negli ultimi sei mesi".
Il piano dell’ex sindaco di Firenze è ben congegnato e incassa l’approvazione del leader tedesco, Angela Merkel, che davanti ai colleghi europei riconosce: sul fronte dell’occupazione si devono "eliminare le barriere" presenti nel mercato del lavoro e l’Italia "sta facendo un passo importante" con il Jobs act. Concetti reiterati anche nella conferenza stampa di chiusura: "L’Italia sta adottando iniziative molto importanti per combattere la disoccupazione". Poi la precisazione sul piano d’investimenti europei: "E’ importante investire, ma ancor di più investire bene".
Prima di avviare i lavori, la richiesta di premere sulla crescita, condivisa da Renzi con la Francia di Francois Hollande, aveva ricevuto il sostegno del presidente dell’Europarlamento, Martin Schulz: "Bisogna trovare una strategia per il rilancio dell’occupazione, velocemente", dice il presidente del Parlamento europeo. Poi l’appoggio diretto: "Il governo italiano è fantastico, sta facendo il massimo per mobilitare gli investimenti e io lo sostengo in questo. Non avremo mai bilanci sostenibili se non abbiamo crescita e più entrate. Tagliare solamente non ha senso".
La settimana di avvicinamento al vertice milanese è stata particolarmente intensa nelle cancellerie europee. La Francia ha avviato le danze annunciando lo sforamento del tetto al 3% del deficit/Pil, scegliendo la via di prendersi unilateralmente (andando ben oltre i limiti imposti sul deficit) dello spazio rispetto ai paletti comunitari. "La Francia cercherà di rispettare i propri impegni, useremo tutti gli strumenti di flessibilità previsti", dice oggi il presidente francese, Francois Hollande. "Sono fiduciosa che tutti rispetteranno le proprie responsabilità", risponde Merkel, aprendo: "Stiamo imparando molto e siamo pronti a cambiare". Anche Roma chiede parimenti libertà di manovra, anche senza strappi così clamorosi, rimandando gli obiettivi di pareggio strutturale e rischiando per questo la procedura d’infrazione Ue. "Il 3% è un parametro di vent’anni fa", incalza Renzi, "ma abbiamo un problema di reputazione e nella prossima legge di Stabilità lo rispetteremo mettendo il tetto del deficit al 2,9% del Pil".
Non a caso, Hollande sottolinea fin dall’arrivo al summit: "La crescita e la creazione di posti di lavoro sono la priorità di tutti gli europei, siamo tutti coinvolti. Occorre insistere con il piano di investimenti europeo", quello annunciato da Jean Claude Juncker per 300 miliardi, e "regolare meglio il ritmo delle politiche di bilancio". E conferma la linea in conferenza stampa: "Ci sono Paesi che si impegnano per le riforme strutturali ma devono trovare un ambiente europeo favorevole".
La partita è più ampia che mai, anche perché Renzi deve giocarla sia sul fronte interno che su quello esterno. Il filo diretto con il Senato, da una parte, dove si attende la fiducia al Jobs act in un clima di battaglia, reazioni che Renzi, in conferenza stampa a Milano, declassa al rango di "sceneggiate".
Su questo aspetto la legittimazione internazionale pare unanime, considerando anche l’appoggio del presidente del Consiglio Ue, Herman Van Rompuy, che sostiene: "Bisogna abbassare le tasse sul lavoro per combattere la disoccupazione, serve flessibilità" e quindi si "congratula" per il lavoro sul Jobs atc. Un "bene" ripetuto anche nella conferenza stampa di chiusura, dalla quale arriva anche l’appello di Josè Manuel Barroso: "Abbiamo conquistato la stabilità, ma non abbiamo ancora vinto la scommessa sulla crescita che resta debole e iniqua. Il mio messaggio agli Stati è: per avere più crescita e maggiore occupazione andate avanti con le riforme".
Ma Renzi deve anche tenere l’orecchio teso verso la piazza, con le manifestazioni di protesta nel capoluogo meneghino, capitanate dalla Fiom di Maurizio Landini: "Caro Renzi non c’è niente di moderno in quello che proponi" e "No alle vecchie ricette, si all’estensione dei diritti" sono i messaggi al premier dei manifestanti. "Siamo pronti ad occupare le fabbriche", dice Landini.
Vertice Ue a Milano: focus su crescita e lavoro
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