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 2014  maggio 10 Sabato calendario

DALL’INSULTO AL MITO. LA RISCOPERTA DEI GLADIATORI

«Giuro di sopportare di essere bruciato, legato, frustato con le verghe e ucciso con la spada, e di sopportare qualsiasi altra cosa ordinerai, anche contro la mia volontà»: sembra un brano tratto dai romanzi di von Sacher-Masoch, invece è l’atto di sottomissione pronunciato, ai tempi di Roma antica, da un uomo libero che rinunciava alla propria libertà e al proprio status sociale, spesso di altissimo rango, per diventare gladiatore. Si trattava di un vero proprio contratto, tra l’aspirante gladiatore e il lanista, ovvero l’istruttore o il proprietario di una scuola per gladiatori, cui potevano essere iscritti, oltre che gli schiavi e i prigionieri di guerra, anche i liberi cittadini. Questi ultimi, che dal momento in cui firmavano il contratto venivano chiamati auctorati, non solo perdevano ogni diritto come cittadini romani, ma scendevano al livello più basso dell’abiezione e del degrado sociale. Al pari degli schiavi, potevano essere fatti a pezzi durante il combattimento o venire utilizzati per i lavori più sporchi al di fuori dell’arena. Essere chiamati gladiatori rappresentava un insulto. Non a caso Cicerone usava il termine nelle più roventi invettive contro Antonio. Ma quale perverso impulso spingeva certi giovani altolocati a vendersi, con un contratto che disonorava le proprie famiglie e condannava loro stessi a una vita di disagi e sofferenze, perennemente a rischio di morte violenta’ Chi è incuriosito dall’enigma, potrà risolverlo domenica 25 maggio, alla giornata sull’«Otium et Ludus», organizzata ai Mercati di Traiano nell’ambito di RomArché, il V Salone dell’editoria archeologica, che si inaugura il 23. A parlare dell’«attrazione irresistibile del modello proibito», con spericolate incursioni nell’attualità e paragoni tra l’abiezione del gladiatore e quella del partecipante alle varie isole dei famosi, sarà Mariano Malavolta, docente di Antichità romane a Tor Vergata. Anna Pasqualini, che a Tor Vergata insegna Storia romana, estenderà il discorso sulla fascinazione che il gladiatore, ma anche la gladiatura, esercitavano sulle donne. Non solo infatti le donne affrontarono più volte i combattimenti nell’arena, come testimoniano i documenti letterari e i reperti archeologici. Ma succedeva addirittura che abbandonassero marito e figli per seguire un gladiatore, anche malridotto, magari con un braccio mutilato e varie deformità nel viso, con bozze sul naso scorticate dalla visiera, occhi lacrimanti per un noioso malanno. «Ma era un gladiatore: questo basta a trasformarli in altrettanti Giacinti. Questo lo ha fatto preferire da Eppia ai figli, alla patria, alla sorella e al marito: è il ferro che amano!», racconta Giovenale a proposto di Eppia, che lasciò il marito senatore. Il tema del gladiatore è solo uno dei tanti affrontati nel programma del salone, che verrà annunciato ufficialmente il 20 maggio. Tra gli appuntamenti più interessanti, organizzati tra gli stand che offrono le ultime novità di libri e riviste di archeologia, si potrà assistere a convegni come quello della Fondazione Museum. Dià, che raduna alcuni tra i più importanti professionisti internazionali dei musei. Si parlerà di collezioni e dei loro contenitori. In particolare della casa-museo futurista di Fortunato Depero a Rovereto e del progetto della Casa di José Ortega a Matera, proposto dalla Fondazione Zètema, che ospiterà le opere dell’artista spagnolo realizzate negli anni Settanta a Matera, utilizzando tecniche e materiali dell’artigianato locale, in particolare la cartapesta.