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 2014  ottobre 08 Mercoledì calendario

LA FORZA DELLA NATO L’IMPOTENZA DELL’EUROPA


L’abbattimento del muro di Berlino ha segnato la fine della divisione tra due mondi. Dopo è stato abbattuto un altro muro, il Patto di Varsavia, che collegava i Paesi dell’Est. Resta un muro da abbattere, l’Alleanza Atlantica. Perché l’Europa non ha un esercito per la difesa comune? L’America accetterà mai un’Europa che dialoghi alla pari con Est e Ovest?
Paolo Novaresio,
Torino

Caro Novaresio,
Dopo la caduta del muro e la disintegrazione dell’Urss, un politologo sovietico, per molti anni direttore dell’Istituto per gli studi sugli Stati Uniti dell’Accademia delle scienze, osservò ironicamente che l’Occidente aveva perduto il nemico e che il suo maggiore problema, da quel momento, sarebbe stato quello di decidere che cosa fare delle istituzioni create per la Guerra fredda. Aveva ragione. Ma aveva dimenticato che l’Alleanza Atlantica e la sua organizzazione militare non erano nate soltanto per fare fronte a una potenziale minaccia sovietica. Erano state create anche, e forse soprattutto, per ancorare gli americani all’Europa, per giustificare la presenza di basi e truppe americane sul suolo europeo. Se le maggiori potenze al di qua dell’Atlantico, in quel momento, avessero proposto a Washington la liquidazione della Nato e delle sue strutture, è possibile che la maggioranza del Congresso avrebbe rifiutato di approvare i finanziamenti necessari per il mantenimento delle basi. Ma questo non avvenne. Prevalse fra gli europei la convinzione che il ritorno degli «yankee a casa» (la frase che avevamo letto sui muri delle città europee durante le ricorrenti manifestazioni anti-americane degli anni precedenti) sarebbe stato imprudente. Per alcuni anni, quindi, la sopravvivenza della Nato fu assicurata da una sorta di inerzia conservatrice e dalla riluttanza dell’Europa a creare una struttura autonoma per la propria sicurezza.
Il quadro cambiò fra il 1994 e il 1995, durante le guerre jugoslave, quando il segretario di Stato americano, Madeleine Albright, dichiarò che gli Stati Uniti erano la «potenza indispensabile» e la Nato divenne lo strumento di cui gli americani si servirono per costringere il governo di Belgrado ad abbandonare il Kosovo. Nessun governo europeo (neppure quello italiano, allora presieduto da un ex comunista) osò sollevare obiezioni. L’esito della guerra sembrò giustificare l’iniziativa americana e la Nato decise allora di rilanciare se stessa allargandosi ad alcuni Paesi che avevano fatto parte del Patto di Varsavia. Quattro anni dopo, nel 1999, le porte dell’Alleanza si aprirono alla Repubblica Ceca, alla Polonia, all’Ungheria, alla Bulgaria e a due repubbliche del Baltico (Estonia e Lettonia). L’allargamento avvenne mentre la Russia usciva da una grave crisi economico-finanziaria e Boris Eltsin stava consegnando il potere nelle mani di un uomo nuovo, mal conosciuto: Vladimir Putin. La Nato, nuovamente viva e vegeta, si stava insediando in territori che avevano fatto parte dell’area di influenza dell’Urss e in due piccoli Stati ex sovietici. Era una decisione saggia, utile al futuro dell’Europa e ai suoi rapporti con la nuova Russia?
Una indiretta risposta a queste domande sembrò venire dall’incontro al vertice di Pratica di Mare, nel maggio del 2002, quando, con la presenza di Putin, fu decisa la creazione del Consiglio Nato-Russia. Ingenuamente pensai allora che la Nato, grazie a quella decisione, avrebbe smesso di essere un’alleanza politica militare e sarebbe divenuta un’organizzazione per la sicurezza collettiva dell’intero continente europeo, «dall’Atlantico agli Urali». Ma il partenariato si è dimostrato essere una scatola vuota, priva di qualsiasi reale contenuto. La Nato ha continuato ad allargarsi sino a comprendere l’Albania e avrebbe inghiottito anche la Georgia se la Russia non avesse bruscamente reagito all’operazione militare del presidente georgiano Mikhail Saakashvili nell’Ossezia del Sud. In questo periodo gli europei non hanno preso alcun provvedimento che potesse gettare concretamente le basi autonome della loro difesa. Credo, caro Novaresio, che questa inerzia risponda agli interessi di Washington, ma non credo che gli europei abbiano il diritto di rimproverare all’America la loro impotenza.