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 2014  ottobre 07 Martedì calendario

PERISCOPIO

Matteo Renzi sembra sempre più un Bombolo misteriosamente convinto di essere Johnny Depp. Andrea Scanzi. Il Fatto.

Renzi è il peggior presidente del consiglio della storia unitaria, a parte Monti, che è fuori concorso. Renato Brunetta, capogruppo Fi alla Camera. Agenzie.

Il Pd perde 400 mila iscritti in un anno. Non vogliono più tesserarsi neanche i morti. Spinoza. Il Fatto.

(mfimage) A chi vive nel mondo reale è piuttosto chiaro che quel che accade dentro il Pd interessa ormai solo a chi lo abita. Agita curve sempre più esigue. Interessa pochissimo anche Renzi. Concita De Gregorio. la Repubblica.

Io parlo con gli italiani, non ai dirigenti del Pd. Ogni volta che D’Alema apre bocca mi regala un punto. Matteo Renzi. Agenzie.

«Che fa spaccia?». «Si aggiorni, signore. Sto aiutando a tirar su il pil». Vignetta di Staino. il venerdì.

Bersani che piange sul «partito che muore» fa una certa tenerezza perché l’hanno capito tutti che nel Pd la minoranza cerca soltanto un compromesso onorevole e qualche candidatura alle prossime elezioni. Antonio Padellaro. Il Fatto.

Pensate alle Province che non sono state abolite. Viene abolita solo la possibilità di votare alle elezioni provinciali. In questo c’è tutta la riforma. Quelle sulle quali Travaglio ha fatto il monologo dal titolo «Le schiforme». Lorenza Carlassarre, costituzionalista. Il Fatto.

Il Patto del Nazareno è un accordo firmato da Renzi e Berlusconi. Sulla parola, era rischioso per entrambi. Edelman. Il Fatto.

Noi imprenditori siamo accusati di delocalizzare, invece di internazionalizzare le nostre imprese: sono due cose molto diverse. Francesco Merloni, commentando la visita di Renzi alla sua fabbrica in Vietnam. Agenzie.

«Babbo, ma i numeri che portano sfiga non sono il 13 e il 17?». «Se sei di sinistra, anche il 18». Vignetta da Staino. Corsera.

Un leader politico, quando arriva al governo, si trova sempre davanti a questo bivio. Se fa le riforme passa forse alla storia ma perde sicuramente le elezioni. Oppure si limita agli annunci, ai rinvii, agli accomodamenti perciò sopravvive per un lasso di tempo che, di solito, in Italia, dura un ventennio. Massimo Gramellini. La Stampa.

Se Marchionne si sente orgoglioso di essere italiano, paghi le tasse in Italia come i lavoratori della Fiat. Diego Della Valle. Agenzie.

Finita la guerra abbiamo finto di averla vinta, ognuno si è inventato un fratello o un cugino partigiano (con gli anni è diventato nonno), la Resistenza è diventata l’epica salvifica e opportunista di un paese sconfitto. La guerra santa combattuta da pochi e utilizzata, dopo, da molti. Silvia Truzzi. Il Fatto.

Renzi ha riacceso l’interesse intorno al nostro Paese, non è vero che non contiamo nulla. Eric Schmidt, il mio presidente a Google, vuol sempre venire in Italia. Renzi dovrebbe fare qualche riforma che all’estero riusciamo a spiegare. Se agli americani parlo di flessibilità del lavoro, mi capiscono. Se parlo di bicameralismo perfetto e di superamento del Senato, mi guardano con gli occhi sbarrati. Fabio Cavaroni, amministratore delegato di Google Italia. la Repubblica.

Nonostante che per un decennio si sia ironizzato sulle «convergenze parallele», un onorevole ha detto l’altra sera al Tg1 che, per uscire dalla crisi, occorre che «i partiti si avvicinino, mantenendo le distanze»: per questo, negli incontri internazionali con traduzione simultanea, l’unica lingua intraducibile è l’italiano. Luca Goldoni, Dipende. Mondadori, 1980.

A Milano la gente ti chiede chi c’era a una festa. Qui a Singapore che cosa farai domani. Camilla Testori, imprenditrice della moda. Corsera.

Quando Marchionne era ancora l’alieno del nuovo corso americaneggiante, a Torino capitava spesso che Montezemolo, malgrado fosse presidente della Fiat, non venisse nemmeno convocato alle riunioni. E se qualcuno, i primi tempi, con timidezza, tra i manager, faceva notare l’assenza del presidente Montezemolo, allora Marchionne voltava in su il palmo, riuniva a punta le dita, e la sua mano oscillava su e giù a indicare commiserazione, a esprimere il platonico e sprezzante interrogativo: «Ma a che ci serve Montezemolo? L’unico segno del suo passaggio in questo mondo è il fosso lasciato sulla sua poltrona». E quando Montezemolo era invece presente a Torino, allora Marchionne lo guardava con la stessa espressione che avrebbe riservato a una lumaca sulla insalata. Salvatore Merlo. Il Foglio.

Luca di Montezemolo un lazzarone? Il mio amico più rigido e moralista, il compianto Claudio Rinaldi che era direttore de L’Espresso, era pazzo di lui. Lo divertiva, lo rallegrava, lo teneva su di morale. Luca ha funzionato da antidepressivo per buona parte della classe dirigente della Prima, della Seconda e della Terza repubblica. Se ha un erede-allievo si chiama Giovanni Malagò. Barbara Palombelli. Il Foglio.

Non mi sembra che sia un mistero, Marchionne vuole tutto tra le sue mani. Vuol portare la Ferrari agli Stati Uniti, vuole quotarla lì in Borsa, vuol far traslocare un marchio unico, storico, ricchissimo. All’epoca di Coppi e Bartali qualcuno pensò di esportare le biciclette Bianchi o Legnano? L’avrebbero internato subito. Carlo Rossella. Il Fatto.

Trovo fuori di posto e sgradevole la frase, così cara al mondo di Confindustria: «Nessuno è indispensabile». Di solito è pronunciata da qualcuno che si sente indispensabile ai danni di qualcuno che, in quel momento, è più debole. Furio Colombo. Il Fatto.

Ragazzi, la storia non ha più un becco di un quattrino. Massimo Bucchi. il venerdì.

In men che non si dica, noi donne si passa da oggetti sessuali a oggetti elettorali. Altan, Donne nude. Longanesi.

La «legge Totò» consiste in questo: quando qualcuno (scrittore, attore, regista, operatore culturale a vario titolo) viene ignorato, immancabilmente si lagna così: «Adesso mi criticate ma, un giorno, sarete costretti a tessere le mie lodi, com’è successo con Totò». Aldo Grasso. Sette.

Fontanelli, mille anime, frazione di Roccabianca, in provincia di Parma, è un vecchio borgo della Bassa. Serpeggia sulla riva sinistra del Taro, un piccolo fiume verde, e guarda verso il Po, distante quattro chilometri. Giovannino Guareschi è nato qui e qui la Bassa è tanto bassa e piana che il Taro ristagna quasi tutto l’anno e, negli autunni piovosi, ingrana la retromarcia perché le piene del Po, anziché prendergli acqua, gliela danno. Beppe Gualazzini, Guareschi. Editoriale Nuova, 1981.

Adoro i complimenti, soprattutto se esagerati. Roberto Gervaso. Il Messaggero.

Paolo Siepi, ItaliaOggi 7/10/2014