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 2014  ottobre 07 Martedì calendario

PUTIN VUOLE PRENDERSI ANCHE LA LETTONIA


In Europa Orientale si respira paura dopo il colpo russo sulla Crimea e la sollevazione filo-russa dell’Est Ucraina; dall’Europa Orientale sono venute le pressioni più forti ai Paesi della parte occidentale e storica dell’Unione Europea per reagire contro Putin nel modo più duro; in Europa Orientale si è formato addirittura un blocco per ostacolare la nomina a Alta rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza di Federica Mogherini, rea di aver fatto visita al Cremlino mentre montava la crisi ucraina. Eppure, proprio da questa periferia orientale dell’Ue in teoria così preoccupata per la minaccia di Mosca ben due elezioni mostrano Paesi cruciali in cui invece nuclei consistenti cittadini appaiono attratti dalle sirene della Russia, o comunque interessati al miglioramento delle relazioni con il potente vicino. In Estonia, dove al voto di sabato il primo partito si è confermato quello filo-russo Armonia. E in Bulgaria, dove dal voto di domenica è uscita un’Assemblea Nazionale dove non avrà la maggioranza nessuno, e dove quindi le influenze filo-russe saranno determinanti per costituire qualsiasi governo. Sono dati di portata differente. Armonia, che comunque è scesa da 31 a 24 seggi, ma con sette deputati conquistati da un altro partito russofono nuovo, non stava al governo prima, e non ci sarà neanche presumibilmente dopo. Formalmente partito socialdemocratico, e in Europa partner del Pd di Renzi tra i socialisti europei, di fatto è però essenzialmente il partito di raccolta della minoranza russa, che costituisce il 26% della popolazione. Benché dunque spergiuri la proprio lealtà all’integrazione Europea, ha però anche rapporti stretti con Russia Unita di Putin, ed è considerato dagli altri partiti lettoni un pupazzo degli ex-dominatori. Per questo viene tenuto accuratamente fuori da ogni coalizione: specie dopo le ultime notizie secondo le quali un bel po’ di lettoni russofoni si sarebbero uniti ai ribelli in Ucraina Orientale, forse a fare le prove generali. Per tenere i due partiti russofoni fuori, però gli altri partiti lettoni sono costretti a scomode ammucchiate. Unità, partito conservatore in area Ppe cui appartiene il primo ministro Laimdota Straujuma, è passato da 20 a 23 deputati, ma sarà costretto a continuare nell’alleanza con altri due partner: l’Unione dei Verdi e Agricoltori, gruppo verde che però al Parlamento Europeo si è ora messo con Frage e Grillo, passato da 13 a 21 deputati; e Alleanza Nazionale, che invece a Strasburgo sta con Cameron, e che è passata da 14 a 17 deputati. Gli ultimi 8 eletti sono di un nuovo partito centrista. Quanto alla Bulgaria, a 18 mesi dalle massicce proteste di piazza contro il carovita, l’arbitrio dei monopoli e la dilagante criminalità organizzata che avevano causato la caduta del governo di centro-destra di Boyko Borisov le elezioni anticipate hanno visto di nuovo la vittoria di Borisov, i cui Cittadini per lo Sviluppo Europeo della Bulgaria (Gerb) hanno avuto il 32,66%. Ma non basta a fare il governo, in un’Assemblea Nazionale dove sono entrate ben 8 differenti liste. Secondo, ma al minimo storico del 15,41%, è il suo grande rivale Partito Socialista, ex-comunista. Terzo, al 14,83%, è il Movimento per i Diritti e le Libertà (Dsp): partito della maggioranza turcofona ormai sempre più votato anche da bulgari etnici come surrogato di quel partito liberale che non c’è. L’8,88% è andato all’altro partito di centro-destra Blocco Riformista. Il 7,29% al nazionalista Fronte Patriottico. Il 5,7% al populista Bulgaria senza Censura. Il 4,9% all’estrema destra filo-Putin e anti-turca di Ataka, che secondo i Wikileaks della locale ambasciata Usa sarebbe finanziato direttamente dalla Russia. Il 4,15% all’Alternativa per lo Sviluppo Bulgaro dell’ex presidente Gheorghi Parvanov. Borisov, il cui approccio alla Russia è di tipo berlusconiano, vorrebbe che in Bulgaria passasse il gasdotto South Stream, anche perché dalla Russia viene il 95% del gas; ma senza dispiacere all’Europa. Si è detto però disposto per formare il nuovo governo a "tendere la mano a tutti i partiti, escluso in Dps, per salvare la Bulgaria dal baratro economico e sociale". E così è probabile che verranno esaltate le influenze filo-russi che sono forti soprattutto tra socialisti e Ataka, ma diffuse anche altrove. L’affluenza alle urne precipitata a minimi del 43% tradisce una diffusa stanchezza, con uno stipendio medio mensile che da tempo si aggira intorno ai 400 euro e le pensioni inferiori ai 140 euro, mentre i prezzi dei generi alimentari, dell’energia e dei prodotti di consumo si avvicinano a quelli dei Paesi occidentali. E in questo contesto l’embargo della Russia sui prodotti agricoli bulgari sta provocando perdite per decine di milioni di euro, oltre ad aver fatto rincarare l’energia elettrica del 10% dal primo ottobre.