Aldo Grasso, Corriere della Sera 7/10/2014, 7 ottobre 2014
I DETENUTI DI BOLLATE, REBIBBIA E VOLTERRA LEGGONO IL VANGELO IN TV
L’amicizia, la famiglia, la coesistenza. Il cardinale Gianfranco Ravasi chiama in causa la saggezza e l’ironia di Alessandro Manzoni («Una delle più grandi consolazioni di questa vita è l’amicizia…»), l’etica luterana («La famiglia è fonte di benedizioni e di maledizioni, per un popolo»), il fervore poetico di Jorge L. Borges («In quell’ora in cui la luce ha una finezza di sabbia/entrai in una strada ignota, aperta in nobile spazio di terrazza […] Solo dopo pensai che quella strada della sera era estranea,/come ogni casa è un candelabro dove le vite degli uomini ardono come candele isolate,/che ogni immediato nostro passo cammina sul Golgota…»).
Proprio dalla poesia «Strada ignota», Ravasi prende le mosse per commentare il Vangelo della liturgia domenicale, la drammatica parabola dei vignaioli omicidi (Matteo, 2, 33-48), riportata da tutt’e tre i vangeli sinottici.
La novità di quest’anno è che a leggere i brani evangelici sono i detenuti delle compagnie teatrali delle carceri di Bollate, Rebibbia (sezione femminile e maschile) e Volterra, con il loro carico di esperienze dolorose e l’importanza che le parole assumono in questi contesti. Per uno strano disegno, la prima parabola che sono chiamati a leggere parla di fatti sanguinolenti. Il racconto utilizza immagini classiche della tradizione biblica: la vigna è il Regno di Dio, i servi i profeti, il proprietario della Vigna è Dio, i vignaioli l’umanità intera con i suoi capi, i frutti la fedeltà alla Legge portata a compimento dal Cristo (la nuova ed eterna alleanza). E ancora una volta, nessuno, come Ravasi, sa «mostrare» in tv questa filigrana simbolica.
«Le Frontiere dello Spirito», il programma di cultura e attualità religiosa di Canale 5 (domenica, 8.45), è curato da Ravasi e da Maria Cecilia Sangiorgi.