Paolo Mastrolilli, La Stampa 7/10/2014, 7 ottobre 2014
LEON PANETTA SCARICA OBAMA E PREVEDE CHE LA GUERRA CONTRO L’ISIS DURERÀ TRENT’ANNI
Ci aspetta una «guerra lunga trent’anni», contro l’Isis e le sue ramificazioni, e almeno in parte la colpa ricade su Obama. Non è un rivale repubblicano che lancia questa accusa, ma Leon Panetta, ossia uno dei collaboratori più stretti del capo della Casa Bianca durante il suo primo mandato.
L’ex capo della Cia e del Pentagono, che fra le altre operazioni gestì il raid per uccidere Osama bin Laden, ha scritto un libro intitolato «Worthy Fights» che esce oggi. È un saggio molto diretto, a cui si è aggiunta un’intervista altrettanto chiara con il giornale «Usa Today». Panetta rimprovera ad Obama soprattutto tre cose. Primo, non aver spinto di più nel 2011 per convincere il premier iracheno Al Maliki ad accettare la permanenza di alcuni reparti americani, dopo il ritiro delle truppe dal paese. La loro assenza ha infatti creato il vuoto che ora l’Isis sta riempiendo. Secondo, avere rigettato il suggerimento di armare l’opposizione siriana, che proprio Panetta e l’allora segretario di Stato Hillary Clinton avevano avanzato. Questo avrebbe consentito di capire se sul terreno c’erano forze moderate in grado di rovesciare Assad, fermando nello stesso tempo lo sviluppo dei gruppi terroristici. Terzo, non aver bombardato Assad, dopo averlo avvertito che l’uso delle armi chimiche nella guerra civile era una linea rossa invalicabile. Ciò ha danneggiato la credibilità americana nella regione, e Washington ne paga ancora il prezzo con la riluttanza degli alleati tipo la Turchia a contribuire alla coalizione per combattere l’Isis.
Panetta dice che Obama ha fatto molto nei primi quattro anni per rilanciare l’economia e contrastare il terrorismo, ma poi «ha perso la strada». La sua debolezza principale è «la frustrante reticenza ad affrontare gli oppositori e generare sostegno per le sue cause. Troppo spesso si affida alla logica del professore di legge, piuttosto che alla passione del leader. Evita le battaglie, si lamenta, e perde opportunità. Si lascia scoraggiare dal processo e smette di combattere», come sulla crisi del bilancio. La Casa Bianca è risentita, perché il libro di Panetta è un regalo ai nemici repubblicani, ma lui potrebbe avere due motivi politici per dire queste cose: difendere la sua eredità storica, e aiutare Hillary Clinton a posizionarsi su un piano diverso da quello di Obama, in vista del 2016: «Sarebbe un grande presidente, perché i Clinton vogliono realizzare le cose di cui parlano». Obama però può ancora salvare la propria eredità, usando i prossimi due anni per sconfiggere l’Isis e affrontare l’emergenza del terrorismo in paesi come la Nigeria, la Somalia, lo Yemen e la Libia. «Forse questa crisi gli ha fatto ritrovare se stesso, dandogli la volontà di rimboccarsi le maniche e confrontare il Congresso anche sugli altri problemi interni del paese».
Paolo Mastrolilli, La Stampa 7/10/2014