Silvia Bencivelli, la Repubblica 7/10/2014, 7 ottobre 2014
COME FACCIAMO A ORIENTARCI? NEL NOSTRO CERVELLO C’È UNA SPECIE DI GPS
Un Gps nel cervello. Anche la compassata Assemblea per il Nobel del Karolisnka Institutet di Stoccolma ha definito così l’oggetto del premio per la “fisiologia o la medicina” di quest’anno. Cioè un sistema che ci dice dove siamo e come ci stiamo muovendo nello spazio, che è stato scoperto in più di trent’anni di ricerche dai tre scienziati premiati ieri: l’angloamericano John O’Keefe, e i coniugi norvegesi May-Britt e Edvard Moser.La storia comincia nel 1971, quando O’Keefe, allora poco più che trentenne, scopre come fanno i ratti a sapere dove si trovino esattamente, per esempio in una gabbietta. La risposta è in un gruppo di cellule di una zona particolare del cervello (chiamata ippocampo) capaci di disegnare una vera e propria mappa dello spazio man mano che l’animale lo esplora. O’Keefe chiama queste cellule place cells, cioè «cellule di posizionamento», e capisce che sono loro a conservare l’atlante completo dei luoghi della nostra vita. Ma manca un pezzo, che arriverà trent’anni dopo. Nel 2005 i coniugi Moser scoprono infatti l’elemento del sistema di posizionamento del cervello in grado di dirci come ci stiamo muovendo. I due identificano cioè un altro tipo di cellule, in un’altra parte del cervello (questa si chiama corteccia entorinale), capaci di dividere lo spazio in maniera regolare e di inserirlo in un vero e proprio sistema di coordinate. Le chiamano perciò “cellule griglia”. Il sistema Gps è così completo: le cellule di posizionamento ci dicono «tu sei già stato qui» e quelle griglia ci dicono «sei esattamente qui e stai andando lì».La scoperta, sottolinea la Nobel Foundation, è di quelle che cambiano la storia. Perché «risolve un problema che per secoli ha tenuto impegnati filosofi e scienziati»: quello della rappresentazione interna dello spazio esterno. Per di più costituisce «un cambio di paradigma nella nostra comprensione di come le cellule lavorino insieme per permetterci di realizzare le funzioni cognitive superiori». Ossia dà una base biologica a cose come la memoria spaziale, quindi a facoltà alte e complicate che solo con grandi difficoltà abbiamo finora attribuito a parti precise del nostro cervello. Tutto questo spiega il perché del premio e delle reazioni soddisfatte del mondo della ricerca. Non solo: a dispetto di quanto potrebbe sembrare a sentir parlare di filosofi e di paradigmi della scienza, le ricerche sul Gps interno hanno risvolti concreti. Perché le scoperte iniziali sono avvenute nei ratti, ma negli anni sono arrivate le prove che il sistema esista anche nell’uomo. E oggi sappiamo che è proprio lasua rottura a causare molti dei sintomi delle malattie neurodegenerative, prima fra tutte la malattia di Alzheimer.Infine, si deve ammettere che questo Nobel ha stuzzicato anche una certa prurigine da gossip scientifico. I coniugi Moser sono una coppia nella scienza e nella vita, e come pochissime altre hanno ricevuto insieme il premio più ambito per un ricercatore. Prima di loro è successo solo ai coniugi Pierre e Marie Curie (per la fisica, nel 1903), alla loro figlia Irène col marito Frédéric Joliot (per la chimica, nel 1935), e a Carl Ferdinand e Gerty Theresa Cori (per la fisiologia o la medicina, nel 1947).I due Moser sono nati su due isole del nord Atlantico e oggi lavorano a Trondheim, a 350 chilometri dal Circolo Polare Artico. Sono stati allievi di O’Keefe e, da quando si sono conosciuti all’università di Oslo, hanno lavorato sempre insieme, alla pari. Ma ieri, al momento della fatidica telefonata, lui era in aereo. Così May-Britt ha ricevuto l’annuncio da sola, mentre stava all’Università. «Ha pianto per un minuto», racconta chi c’era. Nell’emozione si è trovata ad ammettere: «Per noi è facile fare scienza insieme, facciamo un breakfast meeting quasi ogni giorno».
Silvia Bencivelli, la Repubblica 7/10/2014