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 2014  ottobre 07 Martedì calendario

ARTICOLI SULLA CRISI DELL’INTER


FABIO MONTI, CORRIERE DELLA SERA -
Sabato 5 aprile 1997, Fiorentina-Inter era finita 0-0. I nerazzurri avevano superato la metà campo un paio di volte, ma Pagliuca aveva parato tutto. Sull’(auto)strada del ritorno, Massimo Moratti aveva avuto la grande idea: «Prenderemo Ronaldo, così non soffriremo più». Quattro mesi dopo, Ronaldo aveva già debuttato a San Siro e quello non era stato un capriccio presidenziale, ma un investimento costoso eppure giudicato necessario per rilanciare società e squadra: prendere il miglior giocatore del globo, per restituire all’Inter una dimensione mondiale. A fronte di un’operazione da 49 miliardi di lire, cifra da emicrania anche in tempi di euro, Ronaldo all’Inter ha portato sponsor, riempito San Siro, regalato emozioni e quando è stato ceduto al Real anche soldi.
In un contesto economico-finanziario molto diverso, l’Inter targata Erick Thohir ha imboccato un’altra strada: invece di investire, ha scelto di tagliare tutto, non soltanto gli ingaggi dei giocatori e non soltanto per il fair play finanziario. Dopo undici mesi, si è capito che al momento l’obiettivo principale di Thohir e della sua squadra è stato quello di liquidare tutti gli uomini in qualche modo legati a Moratti, una situazione non proprio simpatica che ha finito per coinvolgere anche Javier Zanetti, nominato vicepresidente, ma con compiti ancora da definire, quando potrebbe essere un punto di riferimento fondamentale per tutti, visto che nell’Inter ha giocato per 19 anni. Più che di calcio, nell’Inter si parla di economia, di conti, di sviluppo del marchio, di musica a San Siro, di magliette da vendere, di ricavi da aumentare, obiettivi più che legittimi, se ci fossero le condizioni per lo sviluppo, mentre la squadra ha una rosa appena discreta; l’uomo capace di fare la differenza non è mai arrivato; qualche sponsor ha già salutato e qualche altro ci sta pensando. Moratti ha compiuto un passo indietro quando ha ritenuto che non ci fossero più le condizioni per restare ad alto livello, ma se la strada è quella imboccata da Thohir avrebbe potuto continuare per altri dieci anni. Oggi i dirigenti nerazzurri emigreranno a Londra per incontrare Thohir e per una convention di alto profilo internazionale (giovedì), alla quale il presidente si presenta dal basso di un decimo posto in classifica che riassume tutti i disagi del momento interista, fra giocatori che non corrono, risultati che non vengono, gioco sparito, il gruppo che è imploso.
Domenica sera, il d.s. Piero Ausilio ha spiegato che «la vera Inter non è questa»; Mazzarri ha fatto sapere alla squadra che non ha nessuna intenzione di dimettersi, anche se resta da capire se ha ancora in mano la squadra (qualche dubbio, dopo Firenze, c’è); la sfiducia fra i tifosi cresce e non sarà semplice per la squadra giocare il 19 ottobre a San Siro con il Napoli. Thohir, da Giacarta, ha confermato la massima fiducia a Mazzarri, con il quale si è sentito per telefono (se non cambia idea): «Continuerà a dare il massimo per l’Inter, merita una chance. La sconfitta con il Cagliari ci ha scosso un po’, ma sono convinto che ci sia la voglia di migliorare sia per quanto riguarda la formazione sia per le rotazioni dei giocatori. La difesa è a posto, anche il centrocampo va bene con giocatori importanti come Kovacic, Medel ed Hernanes. La serie A è un campionato molto difficile e competitivo, abbiamo bisogno di tempo. Speriamo che il break per le nazionali possa essere utile per analizzare la situazione. Mazzarri continua ad avere fiducia, ora i giocatori devono guardare dentro se stessi per preparare la prossima partita».
Thohir ha annunciato che la società a gennaio potrebbe muoversi: «Adesso non posso dire su quale ruolo ci concentreremo. Potremmo aver bisogno di un centrocampista o di un attaccante bravo sui palloni alti, ma dobbiamo ancora valutare». Poche idee e non chiare.
Fabio Monti

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ANDREA SORRENTINO, LA REPUBBLICA -
Essere Walter Mazzarri è proprio un bel problema, di questi tempi. Lo impallinano i tifosi, common people o vip, mai così unanimi nell’esprimergli i sensi della più profonda disistima: ieri, tra gli hashtag di tendenza alla #mazzarrivattene e il profluvio di offese e gag su tutto il web, c’era da disperarsi. Lo inchiodano le prestazioni dell’Inter: il vuoto pneumatico di idee, le gambe che non rispondono, la personalità come minimo incerta della squadra, simile a un adolescente già di suo ombroso e per giunta marchiato dall’acne che si nasconde dal mondo. I risultati, non parliamone: il decimo posto è già un incubo, i gol segnati a ben guardare sono pochissimi (a parte i 7 tutti insieme col Sassuolo, appena 4 nelle restanti 5 partite), le due sconfitte consecutive contro Cagliari e Fiorentina (e 1-7 nei gol) una tragedia sportiva, i punti in classifica (8) il secondo peggior bottino degli ultimi anni dopo i 4 punti nella stagione 2011-2012, quella dell’esonero di Gasperini già il 21 settembre. Del resto il volto del tecnico e del suo staff, domenica notte a Firenze, raccontavano il disagio per le ultime figuracce, lo smarrimento, la rabbia. In dieci giorni la buona Inter che dopo il 2-0 all’Atalanta sembrava lanciata verso magnifiche sorti e con una difesa quasi imbattuta, s’è sbriciolata. Mazzarri ieri ha trascorso la giornata in famiglia, a macerarsi e a cuocere come solo lui sa fare.
Ma mentre tutto intorno precipita, gli arriva in soccorso Thohir. Prima con una telefonata di sostegno, poi con dichiarazioni da Jakarta, filtrate dalla nebbiolina di fusi orari e traduzioni dall’indonesiano che possono ingenerare equivoci, ma alla fine pare che il pensiero sia questo: «Le sconfitte con Cagliari e Fiorentina ci hanno scosso, ma ci sono la volontà e la possibilità di migliorare. Il campionato si sta rivelando molto competitivo, ci vorrà più tempo per noi. Speriamo possa essere utile la pausa. Mazzarri continua ad avere la nostra fiducia, adesso i giocatori devono fare un’introspezione per preparare la prossima partita. Mercato? Naturalmente valuteremo di cosa ci sarà bisogno a gennaio. Forse abbiamo bisogno di un centrocampista creativo e di un attaccante bravo di testa. Valuteremo ». Quindi fiducia in Mazzarri e frustatina ai giocatori, cioè esattamente quello che si aspettava il tecnico. Ma la proprietà seguirà attentamente le prossime settimane, a cominciare da Inter-Napoli del 19 ottobre. Per ora Walterone è blindato dalla fiducia del presidente nel progetto-Mazzarri, ribadita in estate con il prolungamento del contratto fino al 2016 (14 milioni lordi il costo dell’operazione). Poi è chiaro che i risultati sono sovrani, e se le sconfitte proseguissero allora si correrebbe ai ripari. Ma la sgradevole sensazione di un Mazzarri in estrema difficoltà, e di una squadra che non sembra affatto una sua creatura, rimane. Come quella di una tifoseria che per vari motivi ha iniziato a detestare l’allenatore, che della cosa soffre moltissimo, perché poi, al di là di tutto, non merita affatto di essere offeso o considerato un incapace, dato che non lo è. Però la situazione è questa, e ci si devono fare i conti. Come col fatto che la tenuta atletica appare risibile, mentre l’allenatore non sembra avere enorme fiducia in alcuni suoi giocatori- chiave: la sfiducia è stata percepita dallo spogliatoio e qualcosa si riverbera nelle prestazioni. Anche se è bene ricordare che questo gruppo, ora, non somiglia a quelli che affossano un allenatore: certe cose all’Inter accadevano in passato, ora siamo in una nuova fase. Ma allora perché questo retrogusto birichino di déjà vu non se ne vuole andare?

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CLAUDIO DE CARLI, IL GIORNALE -
Lasciamo per un attimo Walter Mazzarri, facciamolo respirare. Erick Thohir, a margine di un evento indonesiano, ha fatto sapere che intende dargli nuova fiducia e glielo ha comunicato telefonicamente: «Sono certo che ci sia volontà di migliorare. Mazzarri darà il massimo e noi continueremo a dargli una chance. Ci saranno delle valutazioni e torneremo sul mercato, non posso dire che tipo di giocatori e in quali ruoli, la difesa è ok come il centrocampo ma forse ci serve uno di qualità come Kovacic o Hernanes, e un attaccante forte sulle palle alte». Perlomeno è uscito allo scoperto: difesa del tecnico, promessa di rinforzi.
È quanto ha rilasciato nell’intervista a Financial Times che ha suscitato perplessità: «Il calcio sta cambiando, vorrei il modello americano dove lo sport funziona come il sistema dei media il cui maggior contributo arriva dalla pubblicità. Nel calcio è il merchandising. Vidic lo abbiamo preso anche perché è un ottimo brand per il mercato asiatico. Quando prendiamo in esame la candidatura di un giocatore io chiedo sempre: bene, questo ci può aiutare sul campo ma dal punto di vista commerciale cosa mi dite?». Al termine dell’intervista, alzandosi, ha lasciato due business card al suo interlocutore, la seconda con i colori dell’Inter: «Il primo è quello vero , il secondo è per vantarmi». Ora, al netto della traduzione, c’è come un ronzio, qualcosa di fastidioso. Così come quando fa sapere che la difesa è ok. In un altro passaggio dell’intervista ha fatto conoscere le sue strategie aziendali: «Molti indonesiani dopo aver comprato all’estero come prima operazione inseriscono dei connazionali nel management, io invece ho bisogno di gente di settori differenti con un background forte».
Fa niente se poi confessa anche di aver inviato uno scout in Spagna per studiare l’under 19 indonesiana e capire se c’è qualche elemento buono per l’Inter. Tutte le speranze sono riposte nello scout. Stiamo parlando di un presidente che ha ripianato un debito di circa 300mln e ora si appresta ad azzerare un debito con vari fornitori di altri 50. Oggi il presidente è a Londra per un importante convegno sul business nello sport di cui è uno dei relatori, è accompagnato da Marco Fassone, ci sarà anche il presidente della Roma James Pallotta. Sarà una buona occasione per parlare del momento dell’Inter lontano dalla corda. L’ultima sua uscita è però assolutamente rivelatrice sul futuro: «Il campionato di serie A si sta rivelando molto competitivo, per questo ci vorrà forse del tempo per noi». Qualcosa che fa a cazzotti con la finale Champions 2016 e qualcosa che tira nuovamente in ballo Walter Mazzarri. Il tecnico non può venirci a dire che con il Cagliari nessuno dei suoi si è avvicinato alla panchina per chiedere istruzioni perché ci si chiede cosa si dicono durante la settimana. Non sono già stabilite le varianti in caso di espulsione? E poi perché non li ha chiamati lui? Comunque non rischia, è un brav’uomo, ce ne siamo accorti tutti. Scartare i probabili candidati, Strama si è proposto, forse l’unico credibile potrebbe essere Leonardo, stanco di guardare la signora su Sky. Ma non rischia, un po’ perché non c’è una lira e un po’ perché qualcuno spera tanto che sia lui a dimettersi.