6 ottobre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - L’ISIS AVANZA
REPUBBLICA.IT
DAMASCO - Gli scontri tra peshmerga curdi e i miliziani islamici sono sempre più violenti, Kobane è il campo di battaglia, e nella città da ore sventolano due bandiere nere. Sono i drappi del Califfato, visibili in cima a un edificio di quattro piani e su una collina, in una zona vicinissima a quella dei combattimenti. Documentano l’avanzata dell’Is verso il confine. Raggruppati, i militanti sono entrati nel perimetro curdo.
Si combatte "casa per casa". Mustafa Bali, il direttore dell’Unione dei Media Liberi (Rya), un’agenzia di stampa curda basata nella città di Rojava, ha raccontato che i jihadisti hanno superato le difese lungo il fronte orientale, usando carri armati e autobomba. I combattimenti ora infuriano nella zona est di Kobane. I combattenti curdi dell’Unità per la protezione del popolo (Ypg) hanno evacuato in Turchia tutti i civili che si trovavano ancora in città a parte un gruppo ristretto determinato a restare.
La città è una delle tre principali aeree curde della Siria ed è ormai circondata sul lato orientale, occidentale e meridionale (al nord c’è la Turchia). Ma come si temeva, senza un adeguato sostegno militare sul terreno, gli attacchi aerei della coalizione anti-Is non sono riusciti a fermare l’avanzata jihadista. I curdi lo dicono da tempo: non è sufficiente bombardare. E oggi l’ex capo del personale delle forze armate del Regno Unito, il generale Sir David Richards, ha definito "senza senso" la scelta di chi ha inviato i caccia Tornado in Iraq senza prevedere una "complementare" strategia di terra.
Ieri notte almeno 20 jihadisti sono stati uccisi mentre con il favore delle tenebre cercavano di entrare in città. Lo ha riferito l’Osservatorio siriano per i diritti umani specificando che i terroristi sono stati fermati dai peshmerga curdi dell’Ypg, Unità di Difesa del Popolo (il braccio armato del Comitato Supremo Curdo del Kurdistan siriano), sono meno numerosi e meno armati dei jihadisti. L’Ypg è la formazione cui apparteneva anche la donna curda kamikaze, Arin Mirkan, che ieri si è fatta saltare in aria vicino a una postazione di Is. Della stessa formazione anche la 19enne curda, Ceylan Ozalp, che il 3 ottobre vicino a Kobane si era uccisa sparandosi alla testa con l’ultimo colpo piuttosto di finire prigioniera quando aveva esaurito le munizioni.
Trenta vittime curde. Sono trenta le vittime tra i miliziani delle forze di autodifesa curde (Ypg) e i poliziotti. Sono morti in un doppio attentato suicida con autobomba oggi ad al-Hassaka, nel nord della Siria. Lo ha detto all’agenzia Afp il direttore dell’ong Osservatorio per i diritti umani (Ondus), Rami Abdel Rahman. Un terzo attentato è avvenuto all’interno della città, secondo l’Ondus, che non fornisce informazioni su eventuali vittime. Al-Hassakah si trova circa 220 chilometri a est di Kobane (Ain al-Arab in arabo).
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Il corridoio umanitario di Ankara. La Turchia ha dato il via libera alla creazione di un corridoio umanitario per far arrivare camion carichi di aiuti umanitari a Kobane. Ankara, che secondo il quotidiano filo-governativo Sabah esclude un intervento militare, avrebbe dato il permesso durante un incontro segreto tra il leader del Pyd Salih Muslim, i rappresentanti dei servizi segreti turchi e il ministero degli Esteri. In cambio Muslim si sarebbe impegnato a interrompere qualsiasi tipo di dialogo con Bashar al-Assad e a collaborare con i ribelli del esercito siriano libero. Il neo-segretario generale della Nato, il norvegese Jens Stoltenberg, ha promesso ad Ankara protezione dagli attacchi.
Scambi di ostaggi. E dalla Turchia arriva la notizia di uno scambio con l’Is di oltre 180 jihadisti, fra cui due britannici, in cambio di 46 diplomatici di Ankara e tre iracheni, rapiti dallo Stato islamico nei mesi scorsi. E’ quanto afferma il Times, sottolineando che il governo di Londra giudica "credibile" la notizia. Il governo turco ha negato il pagamento di un riscatto e anche lo scambio di prigionieri per risolvere la presa di ostaggi, durata 100 giorni.
Continuano i raid aerei. Tra i 22 morti, 4 bambini. L’agenzia irachena Nina riferisce che 22 civili, tra cui 4 bambini, sono morti quando un raid aereo della Coalizione internazionale guidata dagli Usa ha colpito oggi per errore un edificio a una settantina di metri da una postazione dello Stato islamico (Isis) a Hit, 150 chilometri a ovest di Bagdad. I velivoli della Raf sono intervenuti a sostegno delle truppe irachene lanciando bombe teleguidate Paveway contro un edificio vicino a Ramadi (nel centro del Paese) occupato dai jihadisti. Notizie di raid aerei contro tre basi dello Stato Islamico arrivano anche da Mosul: nella notte sono stati uccisi almeno 25 combattenti jihadisti.
Tensione alta in Libano. Pericolosa la situzione anche lungo il confine con la Siria. Nella notte si sono registrati violenti scontri tra le milizie sciite Hezbollah e quelle sunnite del Fronte al-Nusra. Il bilancio dei combattimenti è di 4 morti tra il gruppo sciita e due tra le fila sunnite. I miliziani siriani hanno attaccato una postazione Hezbollah nella zona di Belebek, lungo il confine siriano nella valle della Bekaa.
L’intervento australiano. Nella lotta contro l’Is si aggiungono i Jet australiani che hanno partecipato alla prima missione in Iraq. Le forze armate australiane hanno reso noto che "nella notte jet Super Hornet hanno compiuto operazioni di interdizione aerea e supporto aereo ravvicinato sull’Iraq settentrionale. I jet Super Hornet erano pronti ad attaccare obiettivi nel caso fossero stati individuati. In questa occasione - si precisa - non sono state utilizzate munizioni". Il premier australiano Tony Abbott aveva annunciato la partecipazione dell’Australia alle operazioni della coalizione internazionale venerdì scorso.
La lettera di Kassig. "Ho paura di morire, ma la cosa più difficile è non sapere, immaginare, se posso addirittura sperare ancora". Sono le parole dell’ostaggio americano Peter Kassig in una lettera ai genitori. L’Is ha minacciato di ucciderlo nel video della decapitazione del volontario britannico Alan Henning. La missiva è datata 2 giugno, ma la famiglia di Kassig ha deciso di pubblicarne degli estratti ieri sera su Twitter "perché il mondo capisca che noi e tante altre persone lo amiamo e ammiriamo". "Se dovessi morire, immagino che almeno voi ed io potremo trovare conforto nel sapere che me ne sono andato cercando di alleviare le sofferenze e aiutare coloro che avevano bisogno. Prego ogni giorno e non sono arrabbiato della mia situazione. (....) Vi amo". Kassig, che dopo la sua conversione all’Islam ha cambiato il proprio nome in Abdul Rahman, ha visto da vicino l’orrore della guerra: da soldato era stato inviato in Iraq tra l’aprile e il luglio del 2007. Ma una volta congedato dall’esercito per motivi sanitari, nel 2012 aveva deciso di fondare un’organizzazione di aiuto alle vittime dei conflitti armati. E’ stato catturato un anno fa nell’est della Siria, nei pressi di Dei Ezzor.
Peter Kassig, l’americano minacciato di morte
Nuovo video, tre decapitazioni in Egitto. Un nuovo video è stato pubblicato ieri da Ansar beit al Maqdis, il gruppo jihadista attivo nel Sinai egiziano. Il filmato di 25 minuti, in alta definizione, mostra alla fine la decapitazione di tre egiziani accusati di essere "spie del Mossad", con le immagini che sfumano il dettaglio ma lasciano sentire il suono del coltello. Un altra persona viene giustiziata con un colpo alla testa. Prima dell’esecuzione si ricorda l’appello dell’Is a uccidere le spie sioniste.
Sette persone decapitate da Boko Haram. Uomini di Boko Haram hanno decapitato sette persone oggi nel nordest della Nigeria. Lo riferiscono testimoni e un responsabile locale. L’attacco è avvenuto a Ngambi, nello stato di Borno, una delle regioni più di frequente obiettivo di Boko Haram.
LA CURDA CHE S’È FATTA SALTARE IN ARIA
BEIRUT - Prima assoluta nella guerra della minoranza curda in Siria agli jihadisti sunniti dello Stato Islamico. Una giovane donna che sui social media viene identificata come Arin Mirkan, comandante della Ypg (Unità di protezione popolare curda), si è fatta saltare in aria accanto ad una postazione dei miliziani dell’Is a est di Kobane, la città curda siriana al confine con la Turchia, uccidendo diversi jihadisti che da giorni cingono d’assedio l’enclave. La ragazza, terminate le munizioni, ha sacrificato la sua vita per non finire ostaggio dei miliziani del ’Califfato’. Avrebbe distrutto un mezzo blindato delle milizie islamiche e fatto circa una ventina di vittime.
A dare la notizia è stato Rami Abdel Rahman, direttore dell’Osservatorio siriano per i diritti umani, secondo il quale "l’azione ha causato morti ma non ci sono ancora conferme sul numero esatto". Rahman ha aggiunto che è il primo caso di cui si ha notizia di una combattente donna curda che si fa saltare in aria in un’azione suicida contro l’Is. Anche se nel suo caso sembra si sia trattato di una decisione presa in conseguenza di una missione militare destinata al fallimento e per evitare la cattura, non di un attentato kamikaze su modello di quelli portati a termine da Al Qaeda o dai Talebani in Afghanistan.
La donna è solo l’ultima delle molte che scelgono la via delle armi al destino di diventare spose bambine. O magari al rischio dello stupro etnico. E che ora hanno come obiettivo primo i jhadisti neri di al Baghdadi che del Kurdistan e del suo petrolio stanno cercando di diventare padroni. Il 3 ottobre, sempre nelle vicinanze di Kobane, una 19enne curda del gruppo Ypg, Ceylan Ozalp, si era uccisa pur di non finire prigioniera dell’Is quando aveva esaurito le munizioni, utilizzando la sua ultima pallottola contro se stessa.
Siria, comandante curda si fa saltare contro jihadisti dell’Is che assediano Kobane
Ceylan Ozalp si è uccisa quando si è accorta di aver finito le munizioni (foto Bbc)
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Dopo la decapitazione del tassista inglese Alan Henning, e dopo la sfida lanciata al premier britannico David Cameron da uno jihadista a volto scoperto (video), lo Stato Islamico continua la sua avanzata sul terreno. Oggi le milizie islamiche hanno assunto il controllo dell’area di Mohammadi, nella zona occidentale del governatorato iracheno di Anbar e occupato la strada provinciale tra Haditha e Ramadi. A riferirlo è Faleh al Issawi, vicepresidente del Consiglio provinciale di Anbar, dopo che in settimana i qaedisti erano riusciti a conquistare la vicina città di Hayt. Da Mohammadi, 70 chilometri a ovest di Ramadi, le forze di sicurezza si sarebbero "ritirate senza combattere", cosa che ha permesso allo Stato islamico di rafforzare la propria presenza nel governatorato di Anbar, al confine con la Siria.
Peter Kassig, l’americano minacciato di morte
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Nonostante la nuova ondata di raid aerei americani contro le forze dell’Is (i bombardamenti avrebbero avuto come obiettivo alcune postazioni in Siria e in Iraq), i jihadisti sono a un chilometro da Kobane e i raid non sono sufficienti a fermarli. Lo ha dichiarato un responsabile curdo siriano. I miliziani "sono in alcuni punti a un chilometro da Kobane e in altri a due o tre chilometri", ha detto Idris Nahsen, sottolineando che le nuove ondate aeree "non sono sufficienti a battere i terroristi sul terreno. Loro (la coalizione giuidata dagli Stati Uniti, ndr) ci devono aiutare con armi e munizioni".
Su un altro fronte le forze alleate registrano invece qualche successo. In serata sono entrati in azione gli F16 belgi che hanno attaccato e colpito postazioni Is a ovest di Bagdad. Prima missione di pattugliamento degli olandesi.
Intanto, una squadra delle forze speciali britanniche Sas sarebbe sul terreno pronta ad intervenire per la cattura di ’John il jihadista’, il boia dell’Is dall’accento britannico comparso (sempre vestito di nero e sempre a volto coperto) nei video delle decapitazioni, al quale Londra continua a dare la caccia. Lo riferisce il Sunday Times. Il domenicale spiega che, in un incontro con i vertici dei servizi di intelligence, il primo ministro britannico David Cameron ha dato indicazioni affinché si raccolgano tutte le informazioni necessarie per permettere alle Sas di intervenire. Stando al resoconto del giornale tuttavia, pur avendo i servizi fornito informazioni sulla cellula terroristica nelle cui mani resterebbero altri ostaggi, le indicazioni per localizzarle non sarebbero sufficienti per dare il via libera a un intervento delle forze speciali, in quanto il gruppo sarebbe in continuo movimento nel deserto siriano.
ANSA.IT
Almeno un’altra bandiera nera dell’Isis è stata issata sulle colline di Kobane, la città siriana al confine con a Turchia al centro di una violenta battaglia da settimane. Lo riferiscono numerosi testimoni in territorio turco. Mentre continua a sventolare quella innalzata stamani dallo Stato islamico su un edificio bianco di quattro piani che si staglia nella zona orientale della città.
Alcuni ufficiali curdi affermano che l’Isis ha preso il controllo di una collina strategica nei pressi della cittadina da cui può martellare con l’artiglieria tutta l’area. Intanto, proseguono furiosi gli scontri, visibili dal confine turco, dove stazionano alcuni carri armati, mentre la gran parte dei mezzi corazzati schierati nei giorni scorsi da Ankara sono stati riposizionati.
L’agenzia irachena Nina riferisce, intanto, che 22 civili, tra cui 4 bambini, sono morti in Iraq quando un raid aereo della Coalizione internazionale guidata dagli Usa ha colpito oggi per errore un edificio ad una settantina di metri da una postazione dello Stato islamico (Isis) a Hit, 150 chilometri a ovest di Baghdad.
Mentre tre attentati hanno colpito oggi le forze curde in Siria. Trenta miliziani delle forze di autodifesa curde (Ypg) e poliziotti curdi sono morti in un doppio attentato suicida con autobomba ad Al Hassaka, nel nord del paese. Lo ha detto all’agenzia Afp il direttore dell’ong Osservatorio per i diritti umani (Ondus), Rami Abdel Rahman. Le due autobomba sono esplose nei pressi di posti di blocco dell’Ypg all’entrata occidentale di Al Hassaka. Un terzo attentato è avvenuto all’interno della citta’, secondo l’Ondus, che non fornisce informazioni su eventuali vittime. Al Hassakah si trova circa 220 chilometri a est di Kobane (Ain al Arab in arabo), la città vicino al confine con la Turchia, assediata dai jihadisti dello Stato islamico (Isis) e difesa da miliziani dell’Ypg
Nuovo video orrore jihadisti Egitto, 3 decapitati
Un nuovo video dell’orrore scuote l’Egitto: è stato pubblicato ieri da Ansar beit al Maqdis, il gruppo jihadista attivo nel Sinai egiziano. Il video, di 25 minuti, in alta definizione, mostra alla fine la decapitazione di tre egiziani accusati di essere "spie del Mossad", con le immagini che sfumano il dettaglio ma lasciano sentire il tremendo suono del coltello. Un altra persona viene giustiziata con un colpo alla testa. Prima dell’esecuzione si ricorda l’appello dell’Isis a uccidere le spie sioniste.
La Turchia, dal canto suo, avrebbe scambiato con l’Isis oltre 180 jihadisti, fra cui due britannici, in cambio di 46 diplomatici di Ankara e tre iracheni, rapiti dallo Stato islamico nei mesi scorsi. E’ quanto afferma il Times, sottolineando che il governo di Londra giudica "credibile" la notizia. I nomi dei due britannici erano in una lista trapelata al giornale britannico e confermata da fonti nello Stato islamico. I due jihadisti provenienti dal Regno Unito sarebbero lo studente 18enne Shabazz Suleman e Hisham Folkard, di 26 anni.
Inoltre la Turchia ha fatto sapere che invierà i propri militari sul terreno in Siria "solo se la strategia Usa includerà anche la destituzione di Assad": lo ha detto il premier turco Ahmet Davutoglu in una intervista con Christiane Amanpour della Cnn. Lo evidenziano i media arabi. Per quanto riguarda Kobane, Ankara "ha la priorità al momento di salvare la vita alle decine di migliaia di persone fuggite dalla città", ha aggiunto il premier, glissando invece per ora su un ipotetico impegno militare su quel fronte.
LA LETTERA DI KASSIG
"Ho paura di morire, ma la cosa più difficile è non sapere, immaginare, sperare se posso addirittura sperare ancora". Sono le parole dell’ostaggio Usa Peter Kassig, che l’Isis ha minacciato di uccidere nel video della decapitazione del volontario Gb Alan Henning, in una lettera ai genitori.
La missiva è datata 2 giugno, ma la famiglia di Kassig ne ha pubblicato degli estratti ieri sera su Twitter "perché il mondo capisca perché noi e tante altre persone lo amiamo e ammiriamo". "Sono molto triste per ciò che è successo e per quello che voi a casa state passando. Se dovessi morire, immagino che almeno voi e io possiamo trovare rifugio e conforto nel sapere che sono partito nel tentativo di alleviare la sofferenza e aiutare i bisognosi", scrive ancora Peter, 26 anni, che dopo la sua conversione all’Islam ha cambiato il proprio nome in Abdul Rahman.
"In termini di fede, prego ogni giorno e non sono arrabbiato per la mia condizione. Sono in una complicata situazione dogmatica qui, ma sono in pace con il mio credo". Nel pubblicare la lettera del figlio, i genitori hanno cancellato alcune parti con dati sensibili e ribadito l’appello "al mondo a continuare a pregare per lui e per tutti gli innocenti colpiti dalla violenza e dalla guerra". "Continuiamo la pressione sul governo affinché fermi le sue azioni e continui a parlare con i suoi sequestratori perché abbiano pietà e lo rilascino", concludono Ed e Paula Kassig.
Kassig era andato in Siria per l’organizzazione Special Emergency Response and Assistance, da lui fondata, e fu catturato nei pressi di Deir Ezzor, nell’est della Siria, un anno fa.