Luca Rocca, Il Tempo 28/9/2014, 28 settembre 2014
DA MAGISTRATO SI CREDEVA UN DIO ANDAVA AVANTI ANCHE SENZA PROVE
Clemente Mastella è un «osservatore privilegiato» per giudicare la condanna dell’ex pm Luigi de Magistris, accusato di aver «controllato», attraverso il suo consulente informatico, Gioacchino Genchi, alcuni deputati. Lo è ancora di più per valutare la sua reazione contro i giudici che l’hanno emessa. Mastella, infatti, da Guardasigilli mandò gli ispettori ministeriali a valutare il lavoro di de Magistris alla procura di Catanzaro, scovando incredibili anomalie. Tre settimane dopo l’allora pm gli fece recapitare un avviso di garanzia che destabilizzò il governo Prodi.
Mastella, de Magistris condannato da suoi ex «pari». Se lo sarebbe mai aspettato?
«Quando si abusa della propria attività investigativa, prima o poi qualcosa accade. Sento dire da de Magistris che non sapeva a chi corrispondessero i numeri dei parlamentari sui tabulati che aveva in mano. Ma allora avrebbe dovuto evitare di mandare gli avvisi di garanzia, per la semplice ragione che non sapeva di chi fossero quei numeri».
L’attacco di de Magistris ai suoi ex colleghi appare surreale se pensiamo al suo passato. È sorpreso?
«Assolutamente no. Chi manca di equilibrio prima, manca di equilibrio anche dopo. De Magistris riteneva, e forse ritiene ancora, di essere onnipotente, incaricato di una “missione” eroica e salvifica, convinto di dover combattere contro il male e redimere il mondo. Nella sua azione giudiziaria sembrava un invasato. Dava l’idea di un “magistrato etico”, non di uno che valutava i fatti freddamente, proseguiva l’inchiesta se c’erano elementi e la chiudeva se non c’era nulla. Prenda il mio caso. Il gip mi ha prosciolto ma l’indagine non doveva nemmeno iniziare. Senza avere in mano nessun elemento, mi ha fatto ritrovare iscritto a una loggia massonica di San Marino. Io, che in vita mia sono stato iscritto solo all’Azione cattolica e a nessun’altra associazione. E questo ha davvero dell’incredibile».
Se si sentiva investito di una “missione salvifica”, possiamo, per paradosso, dire che era in buona fede?
«No, non lo era, perché secondo me c’era un disegno. De Magistris mise in scacco il presidente del Consiglio, il ministro della Giustizia. Lui voleva mettere alla gogna, sputtanare, la classe politica e sostituirsi ad essa. Un disegno portato avanti anche da qualche suo collega. Umiliava sul piano morale, così come ha fatto con me. E se tu, pubblico ministero, in assenza di indizi di reato, agisci solo per sputtanare, allora costituisci un pericolo per la democrazia. Io andavo a contrastarlo nei talk show, ma là c’era il pregiudizio verso i politici. Io ero la classe politica, quindi il male, lui era il magistrato, dunque il bene. Mi creda, mi ha procurato un danno irreparabile».
L’Associazione nazionale magistrati ha reagito alle accuse di de Magistris ai giudici. Arriva buon ultima?
«No, questa volta francamente no, è stata corretta. In realtà l’Anm ha sempre avuto riserve verso de Magistris, forse perché lo conoscevano. E infatti lui l’accusava di non averlo difeso abbastanza».
Ma se lei non avesse mandato gli ispettori a Catanzaro, le anomalie di certe inchieste sarebbero mai venute a galla?
«No, non credo. Senza quella mia decisione, presa in un clima ben diverso da quello attuale, non sarebbe accaduto nulla. Ho avuto coraggio, però ho pagato. Ma credo sia stata una lezione educativa per tutti».
Al processo il pm aveva chiesto l’assoluzione di Magistris e la condanna solo per il «tecnico», cioè Genchi.
«Avrei capito se avesse chiesto l’assoluzione per entrambi. Non capisco, invece, una richiesta del genere. Ma forse si capisce benissimo».
Secondo lei, in questo momento, de Magistris ha paura?
«Ha fatto piangere così tante famiglie che credo sia il minimo per lui. Però non so se ha paura, dipende dalla sua coscienza».
Possiamo definire la sua condanna un rivincita di Mastella?
«No, ma è una rivincita della giustizia».
L’ex pm Antonio Ingroia si butta in politica e non lo eleggono, de Magistris viene condannato, Santoro, «principe» dei talk show «giustizialisti», non fa più ascolti. È finita un’epoca?
«Un certo tipo d’Italia non c’è più. Un certo tipo di costume, di cultura giornalistica d’“assalto giustizialista”, che partiva dall’idea del “mito del magistrato”, è finito. Poi sa, quando la gente ha problemi molto drammatici, poco gli importa di de Magistris. E anche di Mastella».