Mara Monti, Il Sole 24 Ore 5/10/2014, 5 ottobre 2014
IL CRACK LEHMAN VA IN SCENA AL PICCOLO
Arriva al Piccolo Teatro di Milano la storia del crack Lehman. A metterlo in scena il regista Luca Ronconi prendendo spunto dal testo di Stefano Massini, Lehman Trilogy. Nessuna ricostruzione delle ultime ore prima del crack come era già successo in Margin Call, il film con Kevin Spacey e Jeremy Irons. Qui si torna alle origini dei Lehman quando da un paesino della Baviera, Rimpar, questa famiglia ebrea ortodossa emigra a New York per fare fortuna: un’ascesa e declino in centosessant’anni di storia del capitalismo, una parabola che ancora oggi non appare conclusa. Figlio di un mercante di bestiame, il primo a partire dal Vecchio Mondo e sbarcare in America l’11 settembre 1844 dopo un mese e mezzo di traversata è Henry Lehman. La sua storia comincia da un piccolo negozio di stoffe a Montgomery in Alabama, tra le piantagioni di cotone del Sud e i negrieri, una modesta insegna di un negozio di stoffe, dieci metri quadrati in tutto. E’ dal cotone che inizia l’avventura americana dei futuri banchieri, da quel blue jeans allora conosciuto come blu di Genova, arrivato in America dall’Italia, stoffa da lavoro che non si strappa, usato dai marinari di Genova per impacchettare le vele. «Lavorare, lavorare, lavorare anche la domenica chiudendo a malapena per Shabbat». Lo raggiungono presto gli altri fratelli Mayer, che scomparirà presto, Henry la mente, Emmanuel il braccio, fino al il cugino Herbert, che molto più tardi divenne governatore di New York. La storia dei Lehman è lo specchio della storia di ogni grande capitalista. Dal cotone al caffè e dopo il caffè viene il carbone. Ma insieme al carbone ecco l’idea delle obbligazioni. E poi, nell’ordine, i treni, il petrolio, l’Alaska, le case, lo stretto di Panama e, inevitabilmente, il rischio, le azioni, l’idea dei titoli azionari. I Lehman si trasferiscono a New York e da Wall Street cominciamo a pensare agli aerei ma anche al cinema, a Hollywood sono i primi a finanziare un film come King Kong e la nuova idea del divertimento e dei consumi come la televisione in ogni casa. Poi arrivano i telefoni, i computer, infine il marketing: chi compra, guadagna e vince. È un’ascesa irresistibile e come per tutte le ascese, c’è però la fine che arriva nel 2008, per mano dell’allora presidente Dick Fuld e del capo dei trader Lew Glucksman, uno banchiere perfetto, l’altro trader d’assalto, quando il denaro è ormai del tutto disancorato da un’equivalente materia prima o seconda, o dallo stesso pensiero e si dissolve in se stesso.
Mara Monti, Il Sole 24 Ore 5/10/2014