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 2014  ottobre 05 Domenica calendario

SQUINZI: «NO AL TFR IN BUSTA PAGA»

NAPOLI.
Sul Tfr non usa mezzi termini: la risposta di Giorgio Squinzi è un «no» ben scandito all’ipotesi del governo di mettere in busta paga il trattamento di fine rapporto. «Per quel poco che si è capito finora l’unico reale beneficiario sarebbe il fisco. Nulla che possa nuocere ulteriormente alle imprese è tollerabile», ha detto ieri, rilanciando, come «strada maestra» una «progressiva riduzione del cuneo fiscale, unica soluzione stabile al rilancio della domanda interna».
Bisogna andare avanti, invece, su una «vera e radicale riforma del mercato del lavoro». Se si decide di cambiare «facciamolo davvero, senza mediazioni che tolgano coraggio e senso al provvedimento». E ancora: «La strada dell’indennizzo è quella giusta se vogliamo avvicinarci all’occidente industriale». Il presidente di Confindustria ha giudicato i passi fatti fin qui «apprezzabili per determinazione e coraggio», ammettendo che «non è stato facile». Ma proprio per questo, ha insistito «non regaliamo l’ultimo miglio alla paura, affrontiamo il problema nella sua complessità, anche perché non si tratta solo dell’articolo 18». C’è sul tavolo la riforma complessiva del mercato del lavoro, flessibilità in entrata e in uscita, ma anche ammortizzatori sociali e politiche attive. «Non c’è da vincere la battaglia sul reintegro o meno. C’è un’intera filiera della conservazione da abbattere».
L’alto tasso di disoccupazione e di precarietà «sono realtà gravi, che preoccupano noi per primi». È vero, non è una legge a creare occupazione, «ma sappiamo che una legge malfatta i posti di lavoro può distruggerli». Bisogna rendere meno costoso il lavoro di qualità, «lavorare sul contratto a tempo indeterminato per renderlo all’altezza dei tempi». Non c’è voglia di licenziare, anzi: «Vorrei che per un giorno chi parla di noi come padroni a caccia di ogni mezzo per rendere il lavoratore sempre più debole e senza protezioni facesse un breve corso, gratuito, nelle nostre fabbriche, quelle vere che gareggiano con il mercato». Alle imprese «serve costruire un rapporto a lungo termine con i lavoratori e non abbiamo bisogno di scorciatoie o di nuove tipologie contrattuali».
Le imprese, ha sottolineato Squinzi, concludendo il XIV Forum della Piccola Industria di Confindustria, faranno la propria parte. E in questo ruolo di classe dirigente, il presidente di Confindustria ha rivolto una «proposta» al governo: «Deve esserci un luogo, a piacere, in cui ci si guarda in faccia e si decide, sarebbe auspicabile insieme». È urgente, per Squinzi, lavorare insieme a grandi progetti per il Paese, «servono grandi idee e tanta fiducia». Bisogna puntare su dieci grandi progetti, «non di più». E ha aggiunto di essere pronto «a una grande intesa pubblico-privato, con un accordo tra i grandi e i piccoli di eccellenza». Una proposta da portare all’Unione europea, tenendo conto che «se ci sono grandi idee, la finanza per sostenerle è l’ultimo dei problemi».
Come imprenditori, ha aggiunto «abbiamo orgoglio, testardaggine e coraggio per vincere». Dalla soluzione che emergerà su mercato del lavoro e Tfr si capirà «se c’è un interesse nuovo della politica per l’impresa o se prevarranno i vecchi maligni spiriti». Sulle conseguenze di mettere il Tfr in busta paga il presidente di Confindustria si è soffermato a lungo: farebbe sparire «con un solo colpo di penna» circa 10-12 miliardi per le imprese italiane, metterebbe in crisi la liquidità aziendale, l’Inps e i Fondi pensione. Squinzi ha posto due domande: se si fa veramente il bene dei lavoratori mettendo in busta paga qualche decina di euro oggi, «invece di dare loro soldi reali rivalutati nel momento in cui ne avranno più bisogno», e se i lavoratori aderirebbero, considerando la tassazione più elevata cui il Tfr andrebbe assoggettato.
Non servono ritocchi, o «micro-azioni». Occorrono interventi strutturali. Siamo in «zona Cesarini per mettere mano seriamente alla questione fiscale». La delega «si è persa», non è arrivato nessun decreto attuativo. Invece «riordino, alleggerimento e razionalità fiscali non sono più rinviabili», le varie Tasi, Imu e Tari hanno tassato i beni strumentali come se fossero patrimonio. Bisogna agire con durezza sull’evasione, bisogna fare chiarezza sui tagli alla spesa pubblica, servono tasse ragionevoli pagate da tutti, con un perimetro dello Stato «sensibilmente più ridotto», con la consapevolezza che le imprese «sono una ricchezza» del paese. Quanto all’Europa, «la corda del cieco e ostinato rigore è stata tirata troppo a lungo».
Serve un salto di qualità di tutti, ha auspicato Squinzi. «A chi governa il coraggio non difetta, è una gran dote che apprezzo». E ha concluso: «Non ci sottrarremo mai a una collaborazione con l’esecutivo, avendo chiaro che il coraggio più utile è quello in grado di stimare il pericolo da affrontare».
Nicoletta Picchio, Il Sole 24 Ore 5/10/2014