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 2014  ottobre 05 Domenica calendario

A HONG KONG IN GIOCO LA STABILITÀ CINESE

Non è del tutto vero che gli occhi del mondo intero siano puntati su Hong Kong. Lo sarebbero, ovviamente, se la gente della Cina continentale potesse sapere cosa sta accadendo nella città più fiorente del Paese. Ma il Governo cinese ha cercato di bloccare qualsiasi fuga di notizie sui moti di Hong Kong nel resto del Paese, non esattamente quel che si dice un segno di fiducia da parte delle autorità cinesi nel proprio sistema di governo autoritario. Prima di suggerire una possibile soluzione alle autorità di Hong Kong in difficoltà, è bene fare chiarezza su tre cose.
Primo, è un insulto all’integrità e ai principi dei cittadini di Hong Kong dire, come sta facendo la macchina della propaganda del Governo cinese, che questi siano stati manipolati da forze esterne.
Ciò che ha spinto in strada le decine di migliaia di dimostranti a Hong Kong è la ferma convinzione di avere il diritto di gestire i propri affari come era stato promesso, scegliendo i propri governanti attraverso elezioni libere e giuste.
Secondo, ci sono altre parti in causa, al di fuori di Hong Kong, che hanno un interesse legittimo in quello che sta accadendo. Hong Kong è un grande centro internazionale e le sue libertà e la sua autonomia erano state garantite da un trattato registrato alle Nazioni Unite. Il Regno Unito in particolare, l’altra parte della Dichiarazione Congiunta Sino-Britannica, cercò di spuntare e ottenne la garanzia che l’autonomia e le libertà di Hong Kong sarebbero state tutelate per cinquant’anni. Perciò è ridicolo dire che i ministri e i parlamentari inglesi dovrebbero tenere il naso fuori dagli affari di Hong Kong, anzi, hanno il diritto e l’obbligo morale di continuare a controllare che la Cina mantenga i suoi impegni come, a essere onesti, ha fatto in larga parte finora.
Ma, terzo, i problemi maggiori sono sorti sul dove e sul quando il cammino promesso verso la democrazia dovrebbe condurre Hong Kong. Quando era stato assicurato il diritto al suffragio universale, nessuno aveva detto ai cittadini di Hong Kong che non avrebbero potuto votare chi volevano. Nessuno aveva detto loro che era l’Iran il modello democratico che la burocrazia comunista cinese aveva in mente, con il Governo cinese autorizzato a esercitare un vero e proprio veto sui candidati.
Non è questo difatti che la Cina aveva in mente. Già nel 1993, Lu Ping, l’autorità cinese che aveva condotto i negoziati con Hong Kong, dichiarò al quotidiano People’s Daily che «(Il metodo di suffragio universale) dovrebbe essere riportato (al Parlamento cinese) come resoconto, ma il placet del Governo centrale non è necessario. Il modo in cui Hong Kong svilupperà la sua democrazia in futuro ricadrà completamente nella sfera di autonomia di Hong Kong. Il Governo centrale non interferirà». L’anno seguente, il ministro degli Esteri cinese lo confermò.
Nel 2000 il Parlamento inglese ricapitolò quanto era stato detto e promesso in un rapporto su Hong Kong. «Il Governo cinese ha dunque formalmente accettato che sarà il Governo di Hong Kong a decidere la portata e la natura della democrazia a Hong Kong».
Allora, cosa succederà?
I dimostranti pacifici di Hong Kong, con i loro ombrelli e i loro sacchetti dell’immondizia, non verranno spazzati via dalle strade come rifiuti o costretti alla sottomissione a suon di lacrimogeni e gas urticante. Qualsiasi tentativo del genere darebbe al mondo un’immagine tremenda e lesiva di Hong Kong e della Cina, e sarebbe un oltraggio a tutto quello a cui la Cina potrebbe aspirare.
Le autorità di Hong Kong hanno commesso un enorme errore di valutazione sulla volontà dei propri cittadini. Proprio come quei cattivi consiglieri da cui Confucio metteva in guardia, sono andati a Pechino e hanno riferito all’Imperatore quello che voleva sentire e non la situazione in cui la città si trovava veramente. Devono ripensare tutto.
Secondo gli accordi esistenti, ci sarebbe una seconda fase di consultazioni sullo sviluppo democratico che dovrebbe seguire quello che si è rivelato come un falso inizio del processo. Adesso il Governo di Hong Kong dovrebbe offrire ai suoi cittadini un vero secondo round di consultazioni, trasparente e onesto. Il dialogo è l’unica strada percorribile. I cittadini di Hong Kong non sono irresponsabili o irragionevoli. Un compromesso accettabile che permetta di indire elezioni che la gente possa reputare giuste e non imposte, è di sicuro possibile.
I dimostranti di Hong Kong, giovani e vecchi, rappresentano il futuro della città. Le loro speranze sono una vita pacifica e prospera in cui godere della libertà e dello stato di diritto che erano stati promessi loro. Il futuro di Hong Kong è la questione più importante, ma lo è anche l’onore della Cina e la sua reputazione agli occhi del mondo.
(Traduzione di Francesca Novajra)
© PROJECT SYNDICATE, 2014
Chris Patten è stato l’ultimo governatore britannico a Hong Kong, è Cancelliere dell’Università di Oxford.
Chris Patten, Il Sole 24 Ore 5/10/2014