Guido Santevecchi, IoDonna 4/10/2014, 4 ottobre 2014
LA MINACCIA DELLA GRANDE BOLLA ROSSA
Per ammirare la Bolla rossa basta prendere il treno superveloce dalla modernissima stazione Sud di Pechino, costruita con soluzioni da aeroporto. A 300 chilometri all’ora, ci vogliono 33 minuti per sbarcare nel centro di Tianjin. In avvicinamento alla città, i binari sono circondati da prati curatissimi e fiori.
All’inizio del secolo scorso, quando Tianjin era nota come Tientsin, qui c’era la concessione italiana in Cina: 46 ettari, circa seimila abitanti, un battaglione di regi soldati, marinai e carabinieri. Ora, intorno alle nostre vecchie palazzine coloniali, stanno sorgendo grattacieli di vetro e acciaio ispirati allo skyline di Manhattan. Il colpo d’occhio è impressionante, ci sono anche un paio di Torri gemelle che ricordano quelle abbattute l’11 settembre: i cinesi sono maestri nell’arte del copiato, anche in architettura.
A guardare meglio, nella foschia creata dall’inquinamento e dalla polvere dei cantieri, si scopre che decine di grattacieli sono fermi a metà costruzione, con i lavori interrotti o al rallentatore. Sono un monumento alla “bolla rossa”: il segno della saturazione del mercato immobiliare che ora potrebbe scoppiare e crollare.
I funzionari di Tianjin rassicurano, dicono che, entro il 2019, il nuovo complesso destinato a diventare distretto finanziario, con alberghi, appartamenti e shopping mall, sarà tre volte più grande di Wall Street, un terzo più della City di Londra. Se si riempirà davvero di abitanti, però, nessuno sa dirlo.
In un forum finanziario tenuto a Pechino a maggio, Pan Shiyi, il proprietario di Soho, che ha riempito di palazzi mezzo Paese, ha avvertito: «L’industria del mattone si trova di fronte un iceberg e rischia di finire come il Titanic».
L’iceberg è in questi numeri: ci sono 10,2 milioni di case nuove invendute nei libri contabili delle società immobiliari; le vendite di case sono cadute del 9,9 per cento da inizio anno; il numero dei nuovi cantieri è crollato del 24,5 per cento. L’edilizia vale tra il 15 e il 23 per cento del Prodotto interno lordo tra finanziamenti, costruzione, cemento, acciaio, vendita, arredamento delle case ultimate. E poi c’è una quantità di appartamenti e ville, venduti a caro prezzo nel corso degli anni di boom e rimasti spettralmente vuoti, nelle sterminate periferie delle megalopoli: si dice che possano arrivare ai 64 milioni. Per capire quanto sia brutto l’orizzonte visto dalla cima della bolla rossa, basta aprire il sito di Alibaba, la piattaforma dell’e-commerce appena sbarcata a Wall Street.
C’è la pubblicità di Vanke, il primo gruppo immobiliare della Cina, che offre sconti sull’acquisto di una casa fino a 325 mila dollari a chi l’anno scorso ha speso la stessa cifra nell’e-commerce. La proposta vale per chi ha comprato on line prodotti a partire da seimila euro. Gli appartamenti in vendita con superofferta sono anche a Pechino.
E sul mercato immobiliare della capitale circola una storiella un po’ scollacciata che però ha molti riscontri. Eccola. In cinese si chiamano ernai, seconde mogli, vale a dire amanti. Le definiscono anche xiaosan, piccola terza persona (tra marito e moglie ufficiale). Avere una o più ernai-xiaosan è un segno di successo per imprenditori, professionisti e funzionari pubblici.
E quando si ha l’amante, siccome a Pechino il traffico è tremendo e i tempi di spostamento biblici, si tende a parcheggiarla in un appartamento vicino a casa o all’ufficio. Lo scrivono i giornali e lo scoprono i giudici quando qualche burocrate finisce sotto processo. Quello che non tutti sanno è quanto sia imponente il mercato delle seconde case per l’amante: a Pechino, ce ne sarebbero 200 mila. Naturalmente la cifra non è verificabile, ma un rapporto governativo ha rivelato che il 90 per cento dei funzionari di medio-alto livello, finiti in scandali di corruzione negli ultimi due anni, avevano una o più amanti ed è stato scoperto proprio indagando sulle spese per il loro mantenimento.
Il ministro delle Ferrovie Liu, per esempio, ne aveva 18, accertate dal tribunale che l’anno scorso lo ha condannato a morte. Queste 200 mila case per seconde mogli aiutano a tenere su i prezzi a Pechino. E non solo: a Shenzhen, dove cominciò la grande apertura dell’economia cinese, c’è una zona chiamata il “Quartiere delle ernai”.
Per inciso, le ernai- xiaosan fanno anche bene al mercato delle auto: qui dicono che le Mini Cooper sono la tipica macchina dedicata a loro.
Scoppierà la bolla rossa? Anche gli economisti non si sbilanciano: fino agli anni ’90 nessuno era proprietario di casa, si viveva in stanze messe a disposizione dalla “unità di lavoro”.
Poi la grande apertura, la possibilità di fare il mutuo per comperare l’appartamento (con diritto di uso per 70 anni). E, per trovare il termine mutuo, i funzionari comunisti dovettero recuperare un dizionario a Taiwan, perché in Cina era stato cancellato.