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 2014  ottobre 04 Sabato calendario

APPUNTI PER GAZZETTA - QUESTIONI DEL LAVORO E DELLA BUSTA PAGA


REPUBBLICA.IT
ROMA - Se proprio ci deve essere un patto, meglio quello "degli Apostoli" - copyright Pippo Civati - che quello del Nazareno. Può partire da qui "Fate il lavoro, non fate la crisi", la manifestazione nazionale di Sinistra e Libertà, in corso a Roma, in piazza Santi Apostoli. L’obiettivo: porre le fondamenta per una "coalizione dei diritti e del lavoro" che, da sinistra, incalzi il governo Renzi nel nome della realizzazione di una nuova politica economica, in Italia e in Europa, che chiuda una volte per tutte il tempo dell’austerity. Questo tempo in cui il lavoro, "ridotto a merce", invece di essere viatico per una piena cittadinanza, diventa condizione permanente in cui la dignità dei cittadini viene svenduta. "Porre la fiducia sulla legge delega di riforma del lavoro significa non avere fiducia nella propria maggioranza e ricorre agli strumenti dell’arroganza. Sarebbe un delitto grave", ha detto il leader di Sel Nichi Vendola al suo arrivo alla manifestazione di piazza Santi Apostoli. "La sinistra è nata per mettere insieme queste parole che sono state invece separate: dignità, libertà, sicurezza e lavoro", ha aggiunto Vendola, "c’era una condizione asimmetrica tra il padrone e il lavoratore, Renzi vuole tornare a una condizione arcaica, ci propone l’800 due punto zero - ha aggiunto -. Il fatto che il suo eloquio sia pieno di mosse e furbizie semantiche non cancella il concetto di fondo: andare indietro, nel nome dei conservatori, dei mercati finanziari. Oggi - ha poi ribadito il leader di Sel - inizia un nuovo processo politico. Siamo pronti a una nuova coalizione per i diritti e per il lavoro".
Vendola ha poi attaccato Renzi e la sua politica sul lavoro: "Renzi viene applaudito nella City dove si pensa che l’Italia sia un territorio dove non ci sono più regole, in cui domina la giungla. La sinistra semplicemente non c’è, non esiste, la sinistra non è nata per difendere i privilegi dei dominatori, la sinistra è nata per garantire diritti e tutele a coloro che erano in basso nella società - ha proseguito -. Oggi da qui parte una coalizione, spero. Un processo politico, mettere insieme persone che stanno in diversi luoghi, costruire una rete, dei diritti e del lavoro. Lottare per il lavoro perché non c’è alcuna idea per far nascere il lavoro. Bisogna investire sull’ambiente, costruire un modello di welfare ambientale, investire sul dissesto idrogeologico del paese. Dare lavoro ai giovani, aprire nuovi cantieri. "Non si devono togliere tutele, non schiavizzare la gente - ha concluso -. Se uno rischia di essere licenziato perché malato di cancro o perché gay, quella non è modernità ma uno schifo".
E il leader della Fiom, Maurizio Landini: "Non possiamo fare una manifestazione e poi se il Parlamento va avanti, magari c’è un voto di fiducia, allarghiamo le braccia e finisce lì: la battaglia va fatta fino in fondo". "Chi ha deciso di riaprire il conflitto in questo Paese è proprio il governo Renzi", ha aggiunto Landini, "ha deciso di partire dall’art.18. Penso che noi - ha aggiunto - abbiamo il dovere, al contrario, di unire il Paese. "Questa contrapposizione tra chi non ha lavoro e chi fa fatica a tenerlo è una sciocchezza, mettere i padri contro i figli è una coglionata". Il leader Fiom ha attaccato Renzi anche sul tema del 3%: "Il vincolo che questo Paese deve togliere è questo cazzo di vincolo del 3%, non è l’articolo 18. Se dici che la Francia fa bene a non rispettarlo devi essere conseguente".
Landini ha parlato anche del prossimo incontro tra il premier e i sindacati: "Bisogna capire se è una convocazione
vera che voglia avviare un confronto e una discussione oppure è una convocazione per dire ’ho sentito anche i sindacati’. Questa è una diversità non di poco conto, speriamo che si faccia una discussione vera e che non ci siano forzature nei decreti. Noi - ha aggiunto - abbiamo proposte su tutto, Europa, sugli ammortizzatori sociali, sulla lotta all’evasione fiscale, sulla tassazione delle rendite, quindi non solo proposte su quello che vuole Renzi".
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Nel suo intervento, Pippo Civati ha aggiunto che "sarebbe grave e sarebbe un segno di debolezza dell’esecutivo mettere la fiducia. Sarebbe grave per chi non è d’accordo - ha proseguito l’esponente Pd - e ha chiesto una mediazione in Parlamento e non su documenti scritti dalla maggioranza in Direzione. Renzi aveva parlato di un nuovo emendamento. Se si torna indietro, vorrà dire che saremo ancora meno d’accordo di prima". "Alle prossime elezioni ci dobbiamo presentare con Vendola, non con Verdini", ha poi detto Civati, "oggi Renzi è ad Assisi, che è un luogo di pace, ma continua con questa polemica verso la sinistra. E’ un pò curioso che un premier che si definisce di sinistra continui a prendersela con la sinistra. Forse è un eccezionalità italiana".
Una manifestazione che, in superficie, si muove cercando di trovare un tratto comune tra chi cerca, al di là di Grillo e di Berlusconi, di costruire un’alternativa pensante al governo in carica. Per questo, non solo Sinistra e Libertà. Ma anche interventi e contributi di Maurizio Landini, segretario della Fiom, Pippo Civati, Curzio Maltese, Rossana Dettori segretaria FP Cgil, Domenico Pantaleo segretario Flc Cgil e Norma Rangeri direttrice de Il Manifesto. Poi rappresentanti delle associazioni studentesche e di quei gruppi che - come Tilt! e l’associazione Sinistra/Lavoro - cercano, a partire dai territori, di risolvere problemi e conflitti dei cittadini italiani.
E sotto la superficie, la direzione è chiara: intercettare e declinare insieme le tante "lotte" che si muovono - spesso inascoltate - in tutto il Paese. A partire dal tema del lavoro: "Il dibattito sull’articolo 18 è una linea di demarcazione che riguarda identità, orgoglio e senso stesso della parola sinistra", dice Nichi Vendola. Il pericolo da scongiurare è quello di una sinistra "asociale" - e qui leggere il Pd a guida Renzi - che troppo spesso si maschera da destra. "Rimettiamo allora in campo le forze che parlino il linguaggio di una sinistra moderna, che non abbia nessuna torsione minoritaria e testimoniale" lontana dalla dialettica "governismo/minoritarismo". Una sinistra che "non si sente custode di nessuna ortodossia, ma che sia protagonista di un cambiamento", ancora Vendola.
"Dobbiamo provare a ricostruire una proposta politica, una nuova cultura. Perché è su questo terreno che è possibile fermare la nostra folle corsa verso il precipizio, economico e sociale", aggiunge Nicola Fratoianni. Una manifestazione che si inserisce all’interno delle iniziative di questo "autunno caldo". Per recuperare, a sinistra, un’agibilità politica a partire dalle denuncia "dell’attacco al lavoro che il governo Renzi sta portando avanti".

SQUINZI IN CONFINDUSTRIA
MILANO - Confindustria tende la mano al governo: "Deve esserci un luogo in cui ci si guarda in faccia e si decide, sarebbe auspicabile insieme", dice al presidente del Consiglio Matteo Renzi, il leader degli industriali, Giorgio Squinzi. E’ "urgente lavorare insieme a grandi progetti Paese", servono "grandi idee" e "tanta fiducia": bisogna puntare su "dieci idee, non di più. Dieci grandi progetti" per crescita e fiducia: "Siamo pronti, a una grande intesa tra pubblico e privato, con un accordo tra i grandi e i piccoli di eccellenza".
Concludendo il meeting della Piccola industria a Napoli, il numero uno degli imprenditori è tornato a parlare della riforma dell’articolo 18 spiegando che dopo passi "apprezzabili per determinazione e coraggio" sul mercato del lavoro non bisogna "regalare l’ultimo miglio alla paura". Ed a chi "parla di noi come padroni" che vogliono "il lavoratore più debole e senza protezioni", Squinzi replica: faccia "un corso di formazione nelle nostre fabbriche".
Chiusura netta, invece, all’ipotesi del Governo di anticipare il tfr in busta paga: "L’unico reale beneficiario di questa operazione sarebbe il fisco" dice Squinzi dicendo a Renzi con chiarezza che gli imprenditori non accetteranno nulla "che possa nuocere ulteriormente alle imprese è tollerabile: sparirebbero 10-12 miliardi per le piccole imprese. Se questa è la strada la risposta è semplice. E’ no".

Squinzi ha poi ricordato che non "è una legge a creare occupazione. Sappiamo, però, che una legge malfatta i posti di lavoro può distruggerli o quantomeno impedire che l’investitore li costruisca". Per il leader degli industriali bisogna andare "in una direzione che renda più facile creare il lavoro e meno costoso quello stabile e di qualità".
Presente all’incontro di Napoli, il viceministro allo sviluppo economico, Carlo Calenda, ha rassicurato gli industriali: "Voglio essere molto chiaro sulla posizione del governo: farà questa operazione solo se sarà totalmente neutra per le imprese". Se per anticipare il Tfr in busta paga ci sarà un qualsiasi peso per le pmi, ha detto Calenda, il governo "non lo farà".

RENZI AD ASSISI
ASSISI - Il primo messaggio che Assisi manda al "governo e a tutti gli italiani è l’attenzione al tema dell’ambiente, del creato". Un tema "molto importante per chi si impegna in politica". Un messaggio che vuol dire "attenzione non solo al modello sostenibile ma al modello umano in cui l’uomo non è solo un numerino". A dirlo è il premier Matteo Renzi, ad Assisi con il ministro Stefania Giannini, per la festa del santo patrono d’Italia. "Io - prosegue - ho fatto il percorso inverso di Francesco, lui uscì dalla sua città per andare a Roma", da Papa Innocenzo III, "a spiegare cosa stava succedendo qui, mentre io da Roma sono venuto qui da voi a spiegare cosa sta succedendo nel Paese".
Poi il passaggio più ’politico’: "Ci sono da riparare molte cose in questo Paese. C’è da riparare il mondo del lavoro". "Consentitemi - ha quindi sottolineato il capo del governo - che il mio pensiero vada agli uomini e alle donne che a Terni stanno aspettando la conclusione di una trattativa difficile, anche stanotte eravamo in collegamento telefonico".
Proprio stamani un gruppo di operai della ThyssenKrupp Ast è arrivata ad Assisi per cercare di parlare con il premier del destino delle acciaierie, poi hanno incontrato il custode del Sacro convento, padre Mauro Gambetti, e il direttore della sala stampa del Sacro convento di Assisi, padre Enzo Fortunato. Gli operai - che vivono momenti di forte apprensione dopo che nella notte la trattativa tra le parti sociali in corso al Mise è stata interrotta per riprendere martedì prossimo - avrebbero chiesto loro di portare un messaggio a Renzi.
E dunque lavoro, ma anche scuola e pubblica amministrazione le tre questioni toccate dal presidente del Consiglio nel suo discorso alla nazione, pronunciato al termine della messa: "Il messaggio francescano del va’ e ripara la mia casa è uno di quelli che vale anche per l’azione dell’attuale governo per l’Italia", dove "ci sono da riparare molte cose. Pensiamo a tutte le cose che l’Italia deve fare nei prossimi mesi. Riformare il sistema dell’istruzione perché senza la scuola non c’è futuro, della pubblica amministrazione e della giustizia".
Ma sul tema del lavoro, anche oggi dalla minoranza Pd arrivano altolà a Renzi. Il più duro, anche oggi, è Stefano Fassina: "Per quanto mi riguarda senza cambiamenti significativi la delega non è votabile. Resto fedele al mandato che gli elettori ci hanno dato per portarci in parlamento". E Gianni Cuperlo: "Sarebbe un errore se su una legge delega di questa portata il governo scegliesse la via della fiducia". E Landini, leader della Fiom: "Non possiamo fare una manifestazione e poi se il Parlamento va avanti, magari c’è un voto di fiducia, allarghiamo le braccia e finisce lì: la battaglia va fatta fino in fondo"

LAVORATORI CAGIONEVOLI
MILANO - Oltre il 30% dei certificati medici dei lavoratori dipendenti viene presentato di lunedì con la Calabria che ha il record di giorni medi di malattia all’anno di 34,6 e che salgono addirittura a 41,8 nel settore privato. E’ quanto emerge da una ricerca effettuata dall’Ufficio studi della Cgia di Mestre, nel 2012 (ultimo anno in cui i dati sono a disposizione), nel quale sono stati 6 milioni i lavoratori dipendenti italiani che hanno registrato almeno una malattia.
Secondo la Cgia mediamente, ciascun lavoratore dipendente italiano si è ammalato 2,23 volte ed è rimasto a casa 17,71 giorni; complessivamente sono stati quasi 106 milioni i giorni di malattia persi durante tutto l’anno. Oltre il 30% dei certificati medici che attestano l’impossibilità da parte di un operaio o di un impiegato di recarsi nel proprio posto di lavoro è stato presentato di lunedì.
Nel pubblico ci si ammala più spesso, ma mediamente si perdono meno giorni di lavoro che nel settore privato. Sempre nel 2012, i giorni di malattia medi registrati tra i lavoratori del pubblico impiego sono stati 16,72 (con 2,62 casi per lavoratore), nel settore privato, invece, le assenze per malattia hanno toccato i 18,11 giorni (con un numero medio di casi per lavoratore uguale a 2,08).
Secondo la Cgia la malattia di un lavoratore viene considerata come unico fatto anche nel caso di più certificati tra i quali intercorra un intervallo di tempo non superiore a 2 giorni di calendario. Inoltre, viene segnalato che questi dati sono stati estratti dall’Osservatorio sulla certificazione di malattia dei lavoratori dipendenti privati e pubblici dell’Inps, avviato nel 2011. Il motivo della mancanza di una serie storica più lunga deriva dal fatto che la trasmissione telematica dei certificati di malattia da parte dei medici di famiglia è andato a regime nel 2011.
Tra i lavoratori dipendenti più "cagionevoli" troviamo anche i siciliani (con 19,9 giorni medi di malattia all’anno), i campani (con 19,4) e i pugliesi (con 18,8). Gli operai e gli impiegati più "robusti", invece, li troviamo a Nordest. Se i lavoratori dipendenti dell’Emilia Romagna rimangono a casa mediamente 16,3 giorni all’anno, in Veneto le assenze per malattia scendono a 15,5 per toccare il punto più basso nel Trentino Alto Adige, con 15,3 giorni.

IL SIT IN ALL’OPERA DI ROMA
Frastornati, sconsolati, altri più battaglieri. In una piazza semi-vuota un centinaio di musicisti, orchestrali, coristi, ballerini, ma anche tecnici e macchinisti partecipano al sit-in organizzato dalle sigle sindacali davanti al Costanzi dopo l’annuncio dei licenziamenti collettivi.

Lavoratori e artisti si alternano al microfono e rivendicano i loro diritti, ricordano la loro carriera, parlano del "patrimonio nazionale da potenziare" e della loro eccellenza, denunciano il "disastro di una Fondazione", propongono di "occupare la sovrintendenza" e al termine dell’assemblea in diversi entrano nel teatro per presidiare l’ufficio di Carlo Fuortes.

Urlano che "per amore del pubblico e del loro lavoro hanno suonato anche la sera in cui ci è stato comunicato che dovevamo andare a casa".

Spiegano che "il tracollo non può essere imputato agli stipendi fissi dei lavoratori che guadagnano 2mila euro al mese". "E’ una storia di mala gestione - dicono - che va avanti da anni e che non ha avuto la lungimiranza, ad esempio, di imporre un tetto alle spese per le produzioni. Imputare la responsabilità agli stipendi fissi sarebbe come affermare che nel Lazio il grande spreco della sanità è stato prodotto dai compensi ai portantini e ai medici".

Altri dicono che "è una battaglia non solo politica ma anche culturale" e che "quello che sta succedendo ai lavoratori del Costanzi è una parte importante dell’abbattimento e della destrutturazione dei diritti del lavoro in questo paese".

Chiedono, in assenza ancora di un documento ufficiale sul piano di ristutturazione, "un tavolo a cui sedersi con il ministro della Cultura Dario Franceschini, il direttore generale dello spettacolo dal vivo Salvatore Nastasi, il sovrintendente e le sigle sindacali".
Opera di Roma, sit-in dei lavoratori davanti al Costanzi contro i licenziamenti
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I lavoratori pensano anche ad altre risposte e non tutti sono disposti a concedere altre aperture di credito ai sindacati: "La prima proposta è l’occupazione del Teatro, non si tratta con chi ci ha messo in questa situazione. Voi sindacati dovete trattare con i lavoratori e le lavoratrici. Non vi perdoneremo più. Se perdiamo il lavoro siamo decisi a tutto".

Intanto il ministro Dario Franceschini, a distanza, a margine della presentazione della "Domenica di carta" alla Biblioteca Vallicelliana, replica: "Sono qui per cambiare le cose. Chiariamoci bene, il caso è Roma. Qui si va verso l’autonomia delle fondazioni liriche come è accaduto per La Scala e Santa Cecilia che hanno dimostrato che si può diventare un’eccellenza". "L’articolo 18 - ha aggiunto - nulla, non c’entra nulla. Sono Fondazioni, sono musicisti". In merito alle battaglie legali annunciate da alcuni sindacati dei dipendenti del Costanzi, Franceschini aveva precedentemente affermato: "C’è una procedura prevista dalla legge che prevede 75 giorni per le consultazioni con i sindacati. Il sovrintendente e il Cda stanno lavorando nel rispetto delle norme, vedremo dove porterà". Alla domanda su un possibile rinvio dell’apertura della stagione, il ministro ha risposto: "Rientra anche questo nella trattativa".