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 2014  ottobre 04 Sabato calendario

MACHIAVELLI IN BCE

La magia è finita, la Bce sembra essersi arenata, bloccata dai nein a raffica del presidente della Bundesbank Jens Weidmann. La trasferta napoletana di giovedì 2 ottobre è stata amara per il presidente Mario Draghi: man mano che parlava in conferenza stampa, gli indici di borsa scendevano. Al punto che Piazza Affari ha chiuso in ribasso del 3,9%. I mercati sono rimasti delusi perché la Bce non ha illustrato in maniera esauriente il piano di acquisto di Abs e covered bond, come se ci fossero ancora contrasti interni sulle modalità di attuazione. L’incertezza regna sovrana al punto che perfino Peter Praet, esponente del consiglio direttivo della Bce, ha dovuto ammetterlo. Il programma di acquisto, ha detto, sarà «sostanzioso» ma al momento «è difficile fornire cifre precise perché bisogna anche tenere conto dell’impatto delle misure sul funzionamento dei mercati». Del resto Andrea Perin, amministratore delegato di Finint Securitisation Group, società attiva in operazioni di cartolarizzazione e di finanza strutturata, ha osservato che non si può ancora dare un giudizio sul piano di acquisto di Abs e covered bond perché «mancano alcuni dettagli importanti».
Il tema cruciale è quello dei mezzanini, per i quali gli Stati dovranno dare delle garanzie, così come stabilito dalla Bce. Le cartolarizzazioni infatti si compongono di tre tranche: senior, mezzanino e junior. Quest’ultima è la più rischiosa perché è l’ultima a essere ripagata. In questo momento le banche hanno bisogno di liberare il capitale, ovvero di cedere il rischio a terzi, in modo da poter usare la liquidità per concedere prestiti alle imprese e alle famiglie. Secondo Perin, le regole di Basilea 3 sono talmente restrittive che per liberare il capitale le banche dovrebbero cedere tutto il loro portafoglio di cartolarizzazioni e «la garanzia dello Stato sui mezzanini dovrebbe estendersi anche alle tranche junior». Gli Stati godranno di una certa discrezionalità nel decidere le modalità dell’operazione e sarà interessante vedere che cosa deciderà la Germania. La Bundesbank, insieme alla Banca centrale austriaca, si è infatti opposta al piano di acquisto di Abs. E diversi deputati della maggioranza hanno espresso le loro perplessità sull’operazione. Mentre Hans Werner Sinn, presidente dell’Ifo, l’istituto di ricerca che elabora l’omonimo indice sulla fiducia delle imprese tedesche, ha dichiarato che con questa operazione «la Bce diventa la bad bank d’Europa, che vuole acquistare rottami e aumenta così l’onere sui contribuenti». Sinn ha aggiunto che «tali acquisti non rientrano nel mandato della Bce, visto che si tratta di misure fiscali e non di politica monetaria, a difesa del sistema finanziario di Paesi vicini alla bancarotta». Il presidente dell’Ifo ha quindi ha lanciato un appello al governo tedesco, che a suo avviso «è obbligato ad agire attivamente contro» le misure della Bce, «e se non lo fa, ciascun cittadino» tedesco «potrà adire la Corte Costituzionale» contro l’esecutivo «perché lo faccia».
A deludere i mercati, comunque, non è stata solo l’incertezza che resta intorno al piano sugli Abs e i covered bond, ma soprattutto la mancanza di passi avanti sul Qe, ovvero il lancio di un massiccio programma di acquisto di titoli di Stato. Carsten Brzeski, economista di Ing, ha trovato consolazione «nel fatto che Draghi abbia menzionato l’impegno unanime dell’Eurotower a utilizzare ulteriori strumenti non convenzionali tre volte in confronto all’unica volta del mese scorso, un chiaro segnale che la Bce è determinata nel fare di più e in modo più incisivo se necessario». Sarà per non cadere nella depressione più totale, ma il giorno dopo la riunione di Napoli, mentre una delegazione di una sessantina di esponenti dell’Eurotower si concedeva una gita a Capri, molti economisti delle banche più importanti trovavano, come Brzeski, motivi a sostegno dell’ipotesi che alla fine la Bce il Qe dovrà lanciarlo per forza. In sostanza, l’economia di Eurolandia sarà così fiacca che l’Eurotower non avrà altra alternativa che quella di lanciare un massiccio piano d’acquisto di titoli di Stato. Secondo Jean-Michel Six, capo-economista per Emea di Standard & Poor’s, non ci sono da attendersi novità al prossimo consiglio direttivo della Bce, in programma a Francoforte il 6 novembre. Il mese prossimo, però, «saranno disponibili i dati preliminari sul pil di Eurolandia nel terzo trimestre che, se le nostre stime sono corrette, sarà deludente in molti Paesi. Questo rafforzerà le pressioni sulla Bce per ampliare i suoi programmi di acquisto». Molti osservatori obiettano che per poter valutare gli effetti delle operazioni T-ltro (il rifinanziamento delle banche da parte della Bce, a patto che utilizzino la nuova liquidità per concedere prestiti alle imprese), Abs e covered bond ci vorrà molto tempo, forse troppo per riuscire a impedire un ulteriore deterioramento della situazione. «In realtà è già possibile prevedere gli effetti del T-ltro», ha osservato Six. Nel migliore dei casi il loro ammontare raggiungerà a fine anno i 400 miliardi di euro e sappiamo che le banche dovranno restituire 360 miliardi entro il prossimo febbraio. In definitiva, il bilancio sarà positivo al massimo per soli 40 miliardi».
Detto così, il quadro è deprimente: l’effetto delle operazioni su Abs e covered bond resta avvolto nella nebbia, mentre il T-ltro, secondo le scenario più favorevole, porterà appena 40 miliardi di nuova liquidità. Il tutto mentre incombe il rischio di una terza ricaduta di Eurolandia in recessione e mentre la stessa Bce stima che anche l’anno prossimo e nel 2016 resterà lontano l’obiettivo di un’inflazione appena al di sotto del 2% (un gioco di parole per non dire a chiare lettere che continuerà a essere presente il rischio deflazione). Nonostante tutto Six non è pessimista. Perché ha fiducia nel machiavellismo di Draghi: «Penso che ci sia una tattica in tutto questo. Probabilmente l’idea è quella di utilizzare ancora una volta un metodo convenzionale, come il T-ltro per convincere anche gli esponenti più scettici e riluttanti del Consiglio direttivo che questi metodi non funzionano più e quindi mettersi nella condizione di dover utilizzare altre misure non convenzionali come il Qe». Ma allora il rischio di una ricaduta in recessione è molto elevato. Anche stavolta Six non si lascia prendere dallo sconforto: «Prevediamo una crescita modesta nel 2015. Ma nel nostro scenario assumiamo che la Bce si impegnerà in un’operazione di Qe molto aggressiva». E se non fosse così? «Non vedo molte alternative», è la risposta. Insomma, il gioco è molto pericoloso: Draghi dà il via a misure dall’incerta efficacia per arrivare al punto in cui sarà inevitabile il lancio di un massiccio piano di acquisti di titoli di Stato. Tutti sanno che per uscire dalla trappola mortale della deflazione e della recessione è indispensabile il Qe, ma la Bundesbank non lo vuole ammettere e si oppone all’operazione. Allo stesso tempo il governo tedesco continua a voler imporre severe misure di austerità agli altri Paesi di Eurolandia pur nell’evidenza che in questo modo crescono i rischi di recessione. Rischi che a loro volta rendono sempre più necessario il Qe. Più che sperare nel machiavellismo di Draghi, bisogna stare attenti al machiavellismo di Weidmann e della Merkel, che sembra perfetto per fare saltare l’euro.
Marcello Bussi, MilanoFinanza 4/10/2014