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 2014  ottobre 04 Sabato calendario

VITTORIA PUCCINI: «DICO CIO’ CHE PENSO E NON MI COMPLICO LA VITA»

Aveva vent’anni quando gli italiani s’innamorarono di lei: viso antico, grandi occhi chiari, Vittoria Puccini nei panni di Elisa di Rivombrosa era la perfetta eroina romantica.
Sono passati undici anni, undici film, quindici fiction, ma l’attrice toscana conserva quella bellezza aristocratica. Senza trucco, i capelli ondulati, sembra sempre una studentessa di buona famiglia. «Quando ho iniziato a recitare — racconta — non pensavo che sarebbe stato il mio lavoro per sempre. La popolarità che mi ha dato Elisa di Rivombrosa è stata gigantesca, un’ondata d’amore da parte del pubblico incredibile. Ha segnato anche la mia vita privata, ho incontrato Alessandro Preziosi con cui ho avuto mia figlia Elena, per carità, è stato un periodo fondamentale. Non mi sono fatta travolgere perché tengo i piedi per terra, la vita vera è un’altra cosa».
Nella sua personale ricerca della felicità, la Puccini ha fatto i conti: i dubbi, il dolore, le separazioni, la perdita della madre. «Non so cosa sia la felicità», spiega con quell’accento fiorentino che colora il discorso, «mi resta difficile parlarne perché è un concetto che è cambiato negli anni. Nel senso che “sono felice” tutte le volte che mi viene proposto un bel ruolo: è come fosse un regalo. Ma la felicità personale è un’altra cosa: è trovare l’equilibrio, piacersi, essere soddisfatti di se stessi». Non si è mai fermata, da un set all’altro, il film dei Taviani Boccaccio meraviglioso ( «persone stupende, entusiaste della vita: hanno superato gli 80 anni e hanno più energia di me, trasmettono la passione»), Anna Karenina, L’Oriana, la storia della Fallaci girata per la Rai, con la regia di Marco Turco. «Ecco, la Fallaci secondo me era una donna che ha combattuto per la felicità e forse, alla fine, non l’ha trovata. Nella vita privata credo che abbia avuto un unico grande amore…».
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RUOLI
Vittoria Puccini è nata a Firenze nel 1981. Esordì al cinema nel 2001, e in tv l’anno successivo
FOTO ©ADOLFO FRANZÒ
CONTINUA DA PAGINA 37
«LAFALLACIh a avuto una storia importante con Panagulis » continua la Puccini. «Ha sofferto, ma non so quanto in realtà fosse pronta ad amare totalmente un uomo. Da una parte le mancava una famiglia, ma per il tipo di vita che faceva l’amore trovava uno spazio limitato. Lei ha sempre voluto sentirsi libera. Viveva questa contraddizione. Ma nella sua vita aveva grande coerenza e il coraggio di dire, anche se era scomodo, quello che pensava. Questo è molto interessante, ed è il primo passo verso la felicità perché siamo prigionieri dei pregiudizi, dobbiamo accontentare tutti, essere sempre politicamente corretti».
L’attrice sorride: «Viviamo di contraddizioni, ma ho capito che bisogna volersi bene per essere felici e sentirsi amati. Imparare ad amarsi, senza mettersi sempre in discussione, è un percorso verso la felicità. Oggi — spiega — con Fabrizio (Lucci, direttore della fotografia ndr.) credo di aver trovato la felicità, sono me stessa. Sa quando ho capito che stavo andando nella direzione giusta? Quando ho cominciato a dare meno peso ai giudizi degli altri, quando ho imparato a non farmi condizionare. La verità è che, facendo questo mestiere, hai sempre i riflettori addosso e non sempre è piacevole, a volte vorresti fare i conti con te stessa e basta. Non puoi».
La prima cosa che associa alla parola felicità? «Mia figlia. Nel rapporto con lei ho riscoperto, istintivamente, in maniera non troppo razionale, che la parola “felicità” la lego alla leggerezza… La felicità pura le trovo nelle risate di Elena, una felicità che non è legata a voler dimostrare qualcosa o a un tentativo di compiacimento nei confronti degli altri o per trovare conferme. Con lei e con l’uomo che amo quando rido mi trovo leggera. Bella sensazione perché nella vita i momenti di pesantezza sono tanti e non per forza sono legati a fatto dolorosi, a volte ce li creiamo da soli».
Fa una pausa lunghissima. «Sì, me li sono creati anch’io… perché tendevo a rimuginare. Non ho mai vissuto le cose con superficialità, individuo la felicità quando riesco sentirmi davvero leggera. più cresco e più m’innervosisce questa attitudine a complicarsi la vita a non accontentarsi mai di nulla, un sentimento che crea frustrazione. Al liceo avevo un’amica — sono sempre stata la saggia del gruppo, da cui tutte le compagne di scuola venivano a confidarsi. Lei aveva storie tormentatissime. Le davo i consigli giusti, faceva il contrario. Ma allora una che si lamenta a fare se poi fa come le pare? Forse vuole essere infelice, è una cosa che ho riscontrato, forse a volte l’ho fatta anch’io. Non sai riconoscere la felicità perché non la conosci, a volte pensi che una cosa ti renda felice, invece non è così».
Il percorso è complicato, ma la Puccini qualche punto fermo, la sua ricetta per stare bene ce l’ha: «Non si deve affidare la propria felicità agli altri, la condizione di felicità deve essere tua, una tua conquista» riflette «Uno dei motivi che ci rende insoddisfatti, infelici, è il senso di mancanza continua, stiamo molto più attenti a quello che hanno gli altri, anziché guardare quello che abbiamo. Devi avere un certo grado di maturità per capirlo e per dire: “Sono felice se gli altri stanno bene”. In più faccio un mestiere in cui guardare quello che fanno gli altri è all’ordine del giorno. Gli attori fanno confronti continuamente. Invece ho imparato a stare alla larga da questi meccanismi, sono nocivi».
La bellezza, in tutte queste riflessioni sulla felicità, ha un suo ruolo. Ora non tiri fuori la bellezza interiore anche lei… «No no — ride — dal primo film che ho fatto ho capito quale era l’incubo di questo mestiere: il confronto quotidiano con lo specchio, al trucco, alle 5 del mattino, orario non proprio favorevole. Tutti i difetti sono lì: “Ma che hai fatto, hai dormito poco?”, “Ti vedo un po’ gonfia, hai mangiato troppo?”, “Che hai combinato ai capelli?”. Ecco, è un confronto pesante, che ti può far andare in crisi, anche la minima sicurezza si sbriciola. Il regista Marco Turco nel film dedicato a Basaglia, La città dei matti , è stato fondamentale: mi ha spiegato che la bellezza fisica andava annullata.
Era un ruolo drammatico, non contava se avevo le occhiaie o i capelli non erano perfetti. La perfezione non ha niente a che fare con la felicità. Per essere felici bisogna essere molto forti, invece noi siamo fragili».
Adesso che l’eroina romantica ha acquistato sicurezza e trovato la sua felicità, è pronta a vincere la paura del palcoscenico: «Preparo La gatta sul tetto che scotta col regista Arturo Cirillo e Vinicio Marchioni, è un po’ che me la proponevano, poi, improvvisamente, mi è scattato qualcosa dentro e ho sentito la necessitò di confrontarmi col teatro », racconta Vittoria Puccini. «Mi sono resa conto che la mia paura non era solo legata alle mie capacità — “Sarò in grado di farlo?” — ma all’esposizione, al giudizio degli altri. È un esperienza che avevo bisogno di fare, uno scatto oltre il cinema e la televisione. Sto bene perché devo rischiare, per tornare più forte di come sono oggi mi devo confrontare col pubblico, diranno quello che gli pare non m’importa: faccio una cosa per me. Forse prima non mi sarei azzardata, ho capito che la felicità è anche osare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Spesso i problemi ce li creiamo da soli, tendiamo a rimuginare e vedere tutto nero Ci vorrebbe più leggerezza
FOTO PHOTOMOVIE
IL PROGETTO
Lancome, che ha da poco lanciato il profumo “La Vie Est Belle”, ha creato un movimento per “la ricerca della felicità”. Partendo dalla Psicologia Positiva di Martin Seligman, ha realizzato il sito www. lavieestbelle conlancome.it dove scoprire con un test il profilo della propria felicità
«LAFALLACI ha avuto una storia importante con Panagulis » continua la Puccini. «Ha sofferto, ma non so quanto in realtà fosse pronta ad amare totalmente un uomo. Da una parte le mancava una famiglia, ma per il tipo di vita che faceva l’amore trovava uno spazio limitato. Lei ha sempre voluto sentirsi libera. Viveva questa contraddizione. Ma nella sua vita aveva grande coerenza e il coraggio di dire, anche se era scomodo, quello che pensava. Questo è molto interessante, ed è il primo passo verso la felicità perché siamo prigionieri dei pregiudizi, dobbiamo accontentare tutti, essere sempre politicamente corretti».
L’attrice sorride: «Viviamo di contraddizioni, ma ho capito che bisogna volersi bene per essere felici e sentirsi amati. Imparare ad amarsi, senza mettersi sempre in discussione, è un percorso verso la felicità. Oggi — spiega — con Fabrizio (Lucci, direttore della fotografia ndr.) credo di aver trovato la felicità, sono me stessa. Sa quando ho capito che stavo andando nella direzione giusta? Quando ho cominciato a dare meno peso ai giudizi degli altri, quando ho imparato a non farmi condizionare. La verità è che, facendo questo mestiere, hai sempre i riflettori addosso e non sempre è piacevole, a volte vorresti fare i conti con te stessa e basta. Non puoi».
La prima cosa che associa alla parola felicità? «Mia figlia. Nel rapporto con lei ho riscoperto, istintivamente, in maniera non troppo razionale, che la parola “felicità” la lego alla leggerezza… La felicità pura le trovo nelle risate di Elena, una felicità che non è legata a voler dimostrare qualcosa o a un tentativo di compiacimento nei confronti degli altri o per trovare conferme. Con lei e con l’uomo che amo quando rido mi trovo leggera. Bella sensazione perché nella vita i momenti di pesantezza sono tanti e non per forza sono legati a fatto dolorosi, a volte ce li creiamo da soli».
Fa una pausa lunghissima. «Sì, me li sono creati anch’io… perché tendevo a rimuginare. Non ho mai vissuto le cose con superficialità, individuo la felicità quando riesco sentirmi davvero leggera. più cresco e più m’innervosisce questa attitudine a complicarsi la vita a non accontentarsi mai di nulla, un sentimento che crea frustrazione. Al liceo avevo un’amica — sono sempre stata la saggia del gruppo, da cui tutte le compagne di scuola venivano a confidarsi. Lei aveva storie tormentatissime. Le davo i consigli giusti, faceva il contrario. Ma allora una che si lamenta a fare se poi fa come le pare? Forse vuole essere infelice, è una cosa che ho riscontrato, forse a volte l’ho fatta anch’io. Non sai riconoscere la felicità perché non la conosci, a volte pensi che una cosa ti renda felice, invece non è così».
Il percorso è complicato, ma la Puccini qualche punto fermo, la sua ricetta per stare bene ce l’ha: «Non si deve affidare la propria felicità agli altri, la condizione di felicità deve essere tua, una tua conquista» riflette «Uno dei motivi che ci rende insoddisfatti, infelici, è il senso di mancanza continua, stiamo molto più attenti a quello che hanno gli altri, anziché guardare quello che abbiamo. Devi avere un certo grado di maturità per capirlo e per dire: “Sono felice se gli altri stanno bene”. In più faccio un mestiere in cui guardare quello che fanno gli altri è all’ordine del giorno. Gli attori fanno confronti continuamente. Invece ho imparato a stare alla larga da questi meccanismi, sono nocivi».
La bellezza, in tutte queste riflessioni sulla felicità, ha un suo ruolo. Ora non tiri fuori la bellezza interiore anche lei… «No no — ride — dal primo film che ho fatto ho capito quale era l’incubo di questo mestiere: il confronto quotidiano con lo specchio, al trucco, alle 5 del mattino, orario non proprio favorevole. Tutti i difetti sono lì: “Ma che hai fatto, hai dormito poco?”, “Ti vedo un po’ gonfia, hai mangiato troppo?”, “Che hai combinato ai capelli?”. Ecco, è un confronto pesante, che ti può far andare in crisi, anche la minima sicurezza si sbriciola. Il regista Marco Turco nel film dedicato a Basaglia, La città dei matti , è stato fondamentale: mi ha spiegato che la bellezza fisica andava annullata.
Era un ruolo drammatico, non contava se avevo le occhiaie o i capelli non erano perfetti. La perfezione non ha niente a che fare con la felicità. Per essere felici bisogna essere molto forti, invece noi siamo fragili».
Adesso che l’eroina romantica ha acquistato sicurezza e trovato la sua felicità, è pronta a vincere la paura del palcoscenico: «Preparo La gatta sul tetto che scotta col regista Arturo Cirillo e Vinicio Marchioni, è un po’ che me la proponevano, poi, improvvisamente, mi è scattato qualcosa dentro e ho sentito la necessitò di confrontarmi col teatro », racconta Vittoria Puccini. «Mi sono resa conto che la mia paura non era solo legata alle mie capacità — “Sarò in grado di farlo?” — ma all’esposizione, al giudizio degli altri. È un esperienza che avevo bisogno di fare, uno scatto oltre il cinema e la televisione. Sto bene perché devo rischiare, per tornare più forte di come sono oggi mi devo confrontare col pubblico, diranno quello che gli pare non m’importa: faccio una cosa per me. Forse prima non mi sarei azzardata, ho capito che la felicità è anche osare».
© RIPRODUZIONE RISERVATA
Spesso i problemi ce li creiamo da soli, tendiamo a rimuginare e vedere tutto nero Ci vorrebbe più leggerezza
FOTO PHOTOMOVIE
IL PROGETTO
Lancome, che ha da poco lanciato il profumo “La Vie Est Belle”, ha creato un movimento per “la ricerca della felicità”. Partendo dalla Psicologia Positiva di Martin Seligman, ha realizzato il sito www. lavieestbelle conlancome.it dove scoprire con un test il profilo della propria felicità