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 2014  ottobre 03 Venerdì calendario

Dell’Utri vale un tesoro– C’è un tesoro nascosto dall’ex senatore Marcello Dell’Utri, grazie alla complicità di prestanome, che sta per essere portato alla luce dagli investigatori per trasferirlo nelle mani dello Stato

Dell’Utri vale un tesoro– C’è un tesoro nascosto dall’ex senatore Marcello Dell’Utri, grazie alla complicità di prestanome, che sta per essere portato alla luce dagli investigatori per trasferirlo nelle mani dello Stato. Come prevede la legge. Ci sono ville, appartamenti, quote azionarie, conti correnti, quadri e libri antichi sui quali puntano i pm di Palermo che si apprestano a chiederne il sequestro e la confisca. Per un valore complessivo di centinaia di milioni di euro. Il procuratore aggiunto Dino Petralia ha affidato alla Direzione investigativa antimafia due deleghe con dieci filoni di indagine per attivare la misura di prevenzione nei confronti dell’ex braccio destro di Silvio Berlusconi, che dal 13 giugno sconta in carcere la sentenza a sette anni per concorso esterno in associazione mafiosa. Un verdetto definitivo da cui scaturirà la richiesta di misura patrimoniale: un provvedimento che aggredisce i beni del condannato per mafia. L’ex fondatore di Forza Italia negli ultimi anni è stato molto abile a disfarsi di quasi tutto ciò che è direttamente collegato a lui, compresa la grande villa di Torno, sul lago di Como, venduta in grande fretta all’amico Silvio Berlusconi alla vigilia della sentenza in Cassazione. Una vera prova di amicizia: l’ex cavaliere gli ha versato per questa dimora 21 milioni di euro, dieci milioni in più del valore reale accertato dai magistrati. Soldi pagati mentre Dell’Utri era in una città del Centroamerica, dove si sentiva al riparo dalla giustizia italiana. L’ex premier non è mai andato a vivere sul lago di Como, ha solo fatto cambiare il nome alla residenza: non più Villa Comalcione ma Villa Berlusconi, per rimarcare il nuovo proprietario. Questo affare da 21 milioni potrebbe essere uno dei punti dell’ indagine avviata dai pm. Secondo le ipotesi investigative, l’operazione potrebbe celare una vendita fittizia. Se l’inchiesta dovesse trovare riscontri, l’immobile potrebbe venire sequestrato e l’ex Cavaliere finire nel registro degli indagati come prestanome di Dell’Utri. Per gli esperti delle misure di prevenzione, infatti, la cessione della dimora comasca alla vigilia del verdetto della Cassazione sembra seguire uno schema classico: l’imputato che cerca di disfarsi del bene che può essere aggredito dai magistrati. E qui scatta il reato di intestazione fittizia di beni o riciclaggio per chi lo acquista. Le indagini puntano anche ad una serie di conti correnti aperti in banche estere che sono stati scoperti durante la fuga a Beirut di Dell’Utri. Negli ultimi dieci anni Berlusconi ha fatto transitare nei depositi riconducibili a Dell’Utri circa 40 milioni di euro. Infine, nella caccia al tesoro sono inclusi centinaia di libri antichi, di grande valore, che in gran parte l’ex senatore ha trasferito nella villa acquistata a Santo Domingo. Tra questi, anche una rarissima copia dell’Utopia di Tommaso Moro, trafugata dalla biblioteca dei Girolimini di Napoli e donato all’allora senatore dal suo protetto Massimo De Caro. Nel mirino della nuova inchiesta patrimoniale ci sono anche gli affari conclusi con Denis Verdini, Flavio Carboni, entrambi coinvolti con lo stesso Dell’Utri nell’inchiesta romana sulla P3, e poi ancora su investimenti milionari in società per la commercializzazione del gas dalla Russia con l’appoggio di amici di Putin. Fino ad arrivare a business fatti nel Centroamerica. Una serie di rogatorie internazionali sono state già chieste dalla procura di Palermo, perché il tesoro è stato diviso in tanti rivoli e nascosto attraverso prestanome in diversi Paesi, alcuni dei quali non hanno alcun rapporto di collaborazione giudiziaria con l’Italia, questo potrebbe complicare l’attività investigativa. Il reato di concorso esterno in associazione mafiosa commesso «per un lasso di tempo assai lungo» da Marcello Dell’Utri, è «espressivo» della sua «particolare pericolosità sociale», come scrivono i giudici della Cassazione nelle motivazioni di conferma della condanna a sette anni. Marcello Dell’Utri per 18 anni, dal ’74 al ’92 è stato il garante «decisivo» dell’accordo tra Silvio Berlusconi e Cosa nostra e «la sistematicità nell’erogazione delle cospicue somme di denaro da Marcello Dell’Utri a Gaetano Cinà sono indicative della ferma volontà di Berlusconi di dare attuazione all’accordo al di là dei mutamenti degli assetti di vertice di Cosa nostra». Ed è legata a questa motivazione l’apertura delle indagini sulle misure di prevenzione, perché i giudici mettono in rilievo come «il perdurante rapporto di Dell’Utri con l’associazione mafiosa anche nel periodo in cui lavorava per Filippo Rapisarda e la sua costante proiezione verso gli interessi dell’amico imprenditore Berlusconi veniva logicamente desunto dai giudici territoriali anche dall’incontro, avvenuto nei primi mesi del 1980, a Parigi, tra l’imputato, Bontate e Teresi, incontro nel corso del quale Dell’Utri chiedeva ai due esponenti mafiosi venti miliardi di lire per l’acquisto di film per Canale 5».