Alessio Lana, Corriere della Sera 3/10/2014, 3 ottobre 2014
GLI ARTIGIANI DEI ROBOT
È bizzarro vedere Roma come il centro dell’innovazione europea. O almeno lo era fino al 2013, quando la Maker Faire era arrivata per la prima volta nella Capitale portando con sé centinaia di maker. In pochi sapevano chi fossero questi curiosi artigiani che uniscono il fare vecchia maniera con quella dell’elettronica avanzata, la parola stessa era un neologismo nella nostra lingua, eppure il Palazzo dei Congressi dell’Eur era stato preso d’assalto da 35 mila persone. Nessuno se l’aspettava, neanche gli organizzatori. Forti della vittoria, i maker tornano anche quest’anno dal 3 al 5 ottobre. Il sottotitolo «The European Edition», edizione europea, sottolinea il carattere sovranazionale dell’evento, la location, l’Auditorium di Renzo Piano, le ambizioni degli organizzatori. Il Palazzo dei Congressi dell’Eur è diventato troppo piccolo per accogliere più di 500 artigiani da 33 nazioni, 600 innovazioni e centomila persone. Tante ma non troppe visto che i tempi ormai sono cambiati. Oggi sappiamo bene chi sono i maker: non dei geni inarrivabili ma persone che condividono sapere, tecniche e strumenti come nelle vecchie botteghe aggiungendovi un po’ di sana tecnologia. Gli dai un seggiolino e loro lo connettono alla Rete per non dimenticarti mai il bimbo in macchina («Ricordati di me»), prendono dei rottami e ci fanno un robottino, stampano la plastica in 3D e creano «The Brain Arm», un braccio robotico che si muove con la «forza del pensiero». Ma non solo: sono anche quei migliaia di giovani, anziani e bambini che nel loro garage sperimentano a più non posso cercando di migliorare oggetti consueti dandogli un po’ di sani bit.
E a Roma quest’anno ne vedremo parecchie di idee del genere. Il bello poi è che la fiera accoglie tutti, esperti e curiosi, appassionati di tecnologia e chi non ha mai toccato neppure un mouse. Anche chi non ne sa nulla potrebbe essere colpito da un’idea folgorante e a dargli una mano ci pensano decine di workshop che lo metteranno di fronte a strumenti mai visti e gli insegneranno a usarli. Dietro a un banale saldatore e a una misteriosa scheda elettronica dopotutto si possono nascondere risorse capaci di trasformare il solito nell’insolito.
È così che un banale pezzo di legno e metallo è diventato «My Way», un bastone per non vedenti che emette vibrazioni quando si incontra un ostacolo. Non è stato ideato da un colosso dell’informatica ma dagli studenti del quarto anno di un istituto tecnico di Catanzaro. Nonostante il suo ampio respiro, è chiaro e giusto che la Maker Faire privilegi i giovani grazie a eventi come «20 under 20», in cui venti innovatori sotto i vent’anni espongono le proprie idee a un pubblico di coetanei. Per i più piccoli (e i loro genitori) c’è l’area «Kids&Young», un baby parking diverso dal solito: 120 workshop didattici, passeggiate a tema guidate da animatori scientifici e spettacoli che mettono in scena robotica e programmazione, razzi e macchine ad aria. Per i più grandi ci sono stand colmi di libri e kit di montaggio, idee geniali come «M.E.S.S.I.», il CT automatico che monitora le prestazioni dei calciatori e ne analizza le tecniche di gioco, la cuffia per guidare con il pensiero («Printer Drones») e decine di stampanti 3D pronte a realizzare ogni nostro desiderio. Visto che siamo pur sempre in Italia, nella tre giorni romana non mancano certo le invenzioni dedicate al cibo. La nostra migliore tradizione culinaria e i bit si incontrano a metà strada grazie all’Antica Dolceria Bonajuto di Modica e alla sua stampante che al posto della plastica stampa il celebre cioccolato siciliano in 3D. Basta un’ordine del computer ed ecco uscire fuori cioccolatini dalle forme più assurde. Il forno solare «Solar Machine» ci insegna che si possono cucinare ottime pietanze senza usare un briciolo di energia elettrica mentre la pasta incontra i maker con Mondopasta e il suo laboratorio di Pasta-Hacking: tre workshop aperti al pubblico per trasformare strumenti e macchinari della tradizione e andare oltre i soliti spaghetti. Oltre al divertimento la Maker Faire ha un chiaro intento politico. La rivoluzione digitale significa posti di lavoro e punti di PIL e la fiera è il momento giusto per dimostrare a noi italiani che non ne siamo estranei. Chissà che il prossimo Leonardo non sia nostro figlio, fratello o nipote.... Per scoprirlo non c’è niente di meglio che portarlo alla Maker Faire. Come minimo si divertirà.