Simona Antonucci, Il Messaggero 3/10/2014, 3 ottobre 2014
«COSÌ ABBIAMO MESSO FINE ALL’ERA DEI MUSICISTI IMPIEGATI»
[Intervista a Carlo Fuortes] –
ROMA «Il contratto integrativo dell’Opera di Roma, così come si era sviluppato negli ultimi decenni, rappresentava sicuramente un freno alla produttività e allo sviluppo. E il superamento di questo modello sarà un modo per far ripartire la lirica in Italia». Carlo Fuortes ha appena annunciato, insieme con il sindaco Marino, presidente della Fondazione lirica romana, il licenziamento collettivo dell’orchestra e del coro: 182 dipendenti a contratto indeterminato sui 460 complessivi. Restano il corpo di ballo, i tecnici, gli amministrativi. «Una scelta dura, difficile, ma l’unica possibile per sventare la chiusura e allo stesso tempo puntare alla qualità». Ora si avvia un processo che porterà a un contratto di servizio con un’orchestra esterna che potrà essere formata dai musicisti che hanno appena perso il posto di lavoro. In Italia, una rivoluzione.
Che cosa intende per freno allo sviluppo e alla qualità?
«Nel contratto integrativo sono presenti delle vere aberrazioni, ostacoli alla produttività e indennità assurde».
Ne può elencare alcune?
«Se un musicista suona quattro ore un’opera di Wagner percepisce uno stipendio, se suona per un’ora una sinfonia di Beethoven, guadagna il doppio. Esistono indennità legate al tipo di strumento: una tromba in sol è un conto e una tromba in sibemolle, tutto un altro. Ma esistono anche indennità legate al numero di musicisti: lo stipendio aumenta se si è in dieci, nonostante sia previsto dalla partitura».
Per un aumento totale di quanto?
«Il valore dell’integrativo dell’Opera di Roma è del 42 per cento in più rispetto al contratto nazionale. Ma non vorrei farne soltanto una questione economica. Mi piacerebbe sottolineare che l’esternalizzazione dell’orchestra, la creazione di un nuovo soggetto autogestito dai musicisti, un’associazione, sarà uno stimolo al miglioramento».
In qualche modo finisce l’era del musicista impiegato?
«Io credo che le orchestre liriche italiane debbano essere tra le migliori al mondo. Quindi devono ospitare i migliori musicisti italiani e stranieri. E questo va provato costantemente. Va creata un’alternanza, bisogna creare spazi anche a nuovi interpreti. Del resto succede ovunque. Pensi al calcio. Non si è mai visto un calciatore che resta a vita nella Nazionale».
Perché in una formazione esterna, con un contratto di servizio, la qualità dovrebbe migliorare?
«Ogni singolo musicista sviluppa un maggiore senso di responsabilità. E di sana competizione. La qualità di ciascuno diventa la qualità di tutti».
In questi 75 giorni di trattative si parlerà del nuovo contratto? «È la prima volta che succede in Italia, anche se all’estero è un modello molto utilizzato. In questi giorni sia nelle riunioni del cda, sia sul tavolo sindacale, si definirà il contratto da stipulare con il nuovo soggetto».
Che potrà essere formato dai musicisti del Costanzi.
«Se tutto procede con senso di responsabilità, io credo che dall’inizio di gennaio potremo cominciare a lavorare con la nuova orchestra».
Ci sarà un bando?
«Data la specificità del servizio, non è obbligatorio applicare la legge sugli appalti. Ma queste sono decisioni ancora da prendere».
Come è andato l’incontro in teatro con l’orchestra?
«Ho sentito una grande responsabilità e un’apertura al nuovo. Alle 8 erano tutti in buca a suonare Cenerentola».