s.c., La Stampa 3/10/2014, 3 ottobre 2014
“SMANTELLANO IL TEATRO MA L’ARTICOLO 18 C’È ANCORA”
Una mazzata, piombata improvvisa. Che lascia senza parole i musicisti del Teatro dell’Opera. Fino ad ora non era mai successo che i componenti di un’orchestra e un coro venissero licenziati in tronco, e senza preavviso. In molti prevale la rabbia, la disperazione: «Cominciano con noi e poi continuano con gli altri. Ecco l’antipasto della riforma dell’articolo 18!». «Muti aveva già capito tutto e ha fatto un passo indietro prima che il sipario calasse per sempre».
Nei più giovani, abituati alla precarietà, prevale la voglia di reagire. E per dimostrare l’attaccamento al posto di lavoro, gran parte si ritrova nella propria «casa», la buca d’orchestra. Non vogliono che i nomi siano riportati, temono ritorsioni. «Ho appena ricevuto un provvedimento disciplinare per aver osato esprimere il mio punto di vista» dice uno. «C’è un progetto di smantellamento del Teatro. E forse Muti l’aveva capito e per questo se n’è andato. Ma siamo pronti a impugnare la decisione», aggiunge un altro. Altri si trincerano dietro un secco «sono autorizzati a parlare solo i rappresentanti sindacali». Che parlano. Paolo Terrinoni, segretario generale della Fistel Cisl: «È un colpo mortale all’Opera, ma anche alla cultura a Roma e in Italia. L’unica strada sembra riunirsi in cooperative, di fatto smembrando l’orchestra e il coro, e permettendo al Teatro di scegliersi i lavoratori. Non si possono esternalizzare i servizi artistici». «Che ci fanno oltre 280 tecnici e amministrativi al Teatro? In tutto ci sono circa 470 assunti a tempo indeterminato e solo 180 formano l’orchestra e il coro», dice Marco Piazzai, primo trombone dell’orchestra e sindacalista Fials-Cisal. «Parliamo di persone che guadagnano 1800-1900 euro al mese per il coro e 2000-2100 euro per gli orchestrali. Ho dato arte e amore al Teatro dell’Opera, sento un macigno sulle spalle». Ma il commento più duro viene da Massimo Cestaro, Cgil: «Da tempo è in corso una strategia di smantellamento delle istituzioni culturali. Oggi è la fine del valore della produzione, della ricerca, della sperimentazione. Reagiremo contro questa scelta sciagurata con l’auspicio che tutti abbiano compreso la posta in gioco».
s.c., La Stampa 3/10/2014