Sandro Cappelletto, La Stampa 3/10/2014, 3 ottobre 2014
“DOPO LA RINUNCIA DI MUTI FUGA DI SPONSOR E ABBONATI”
[Intervista a Carlo Fuortes] –
«No, a questo punto non c’era scelta», racconta Carlo Fuortes. Alla fine di una giornata drammatica, il sovrintendente si ostina, tuttavia, a vedere la luce al di là del tunnel. «La rinuncia del maestro Muti ha provocato una caduta di abbonamenti e una vera e propria fuga degli sponsor. La situazione è precipitata. Il danno di immagine è diventato un danno economico insostenibile».
Ci sarà una stagione?
«Sì, la stagione sarà rispettata e con l’orchestra in buca. Ne sono certo. Oggi nasce un modello nuovo per il sistema musicale italiano, bloccato per troppi anni. Saremo tutti più responsabili e orchestra e coro potranno formare una società di servizi che abbia come principale ragione sociale la conquista della più alta qualità. Come nella Nazionale di calcio, dove giocano i migliori».
Perché licenziare orchestrali e coristi e non gli altri?
«Perché costano molto. Indispensabili certo, ma insostenibili. Parlando in queste ore con tanti musicisti, ho trovato un senso direi nuovo di responsabilità, e perfino di orgoglio professionale. Un musicista è prima di tutto un artista, non un impiegato, non un travet».
Tutti d‘accordo nel Cda?
«La decisione è stata condivisa. Sofferta, ma unanime. L’auspicio è che gli artisti formino un nuovo soggetto che lavori per il teatro, dando spazio anche ai migliori tra i nostri giovani».
Che ne sarà dei diritti acquisiti, del contratto collettivo di lavoro, dei contratti integrativi?
«Si supereranno finalmente le distorsioni corporative dei contratti integrativi, che impedivano ai teatri di raggiungere una produttività significativa ed erano causa di continui ostacoli al lavoro. Punivano anche la professionalità dei migliori».
Il primo, in Italia, a volere orchestre stabili fu Toscanini. Ora si torna ai precari?
«E’ già così per molte delle migliori orchestre europee: i Filarmonici di Vienna sono una cooperativa e i giudici più severi sono gli stessi musicisti. Vengono pagati molto bene e conosciamo tutti la loro qualità. Perché questo non dovrebbe accadere anche in Italia? Non mi pare un peggioramento, neppure dal punto di vista sindacale e dei diritti, non dei privilegi».
Sandro Cappelletto, La Stampa 3/10/2014