Anna Bandettini, la Repubblica 3/10/2014, 3 ottobre 2014
“COSÌ SON BUONI TUTTI MA I TEATRI NON SONO CENTRI COMMERCIALI”
[Intervista a Silvano Conti] –
ROMA
«Questi sono matti, usano l’Opera di Roma come prototipo, per poi estendere provvedimenti simili agli altri teatri. È un passo indietro per la cultura del paese». Silvano Conti è coordinatore nazionale della Slc-Cgil, il sindacato che non ha accettato il piano di rientro di Fuortes, il quale li accusa di essere la causa dell’addio di Muti. «Basta con queste baggianate — sbotta — La verità è che le fondazioni liriche vengono distrutte da un certo Salvo Nastasi, direttore generale dello Spettacolo: cambiano i governi e lui è sempre lì. E da Carlo Fuortes. Altro che manager: chiudiamo e riassumiamo con cooperative esternalizzate... Son buoni tutti ».
Voi che parte avete in questa situazione?
«Se uno, come Fuortes arriva col preciso compito di avvelenare i pozzi, che mediazione vuoi fare? Chiedere un organico dimensionato a un teatro d’opera serio è uno scandalo? Chiedere che il piano industriale arrivi entro il 30 settembre come dice la legge e non alla fine dell’anno quando si rischia la liquidazione coatta è uno scandalo?».
Sì, se lo fate con scioperi e assalti nel camerino di Muti «Questa è la propaganda di Fuortes. Lui è arrivato a Roma con questo piano già pronto».
Come si salvano l’Opera e le fondazioni in crisi per voi?
«Con la stabilità occupazionale e la produttività».
Ma chi paga? Soldi non ce ne sono più.
«Lo Stato deve garantire con denaro pubblico la cultura. Sono anni che tagliano, ma mai una legge di sistema per lo spettacolo dal vivo. Solo leggi mirate alla ristrutturazione. Franceschini e Nastasi credono che i teatri siano centri commerciali e, al posto dei sovrintendenti, ragionieri come Bianchi e commercialisti come Fuortes».
Fuortes non vi va giù.
«A Bari ha già fatto quello che sta facendo qui e sono tutti incazzati: concorsi per orchestrali a tempo determinato che non si possono fare, consulenze, 2 milioni di buco e una programmazione che sforava di 3, tanto che hanno dovuto tagliare. Qui a Roma ha promosso anche chi non aveva titoli scolastici. Noi gli abbiamo chiesto un piano industriale: a Bologna hanno redatto un dossier, a Firenze una cosa articolata, qui una mezza paginetta dove si parla solo di pensionamenti. Ma via...».
Ancora scioperi?
«La risposta sarà forte. Il 6 c’è un coordinamento unitario, decideremo. Daremo tutela anche giuridica ai lavoratori. La legge Bray 112 parla di riduzione di organico fino al 50 per cento nei reparti tecnici e amministrativi non di masse artistiche. E invece sono partiti da lì. Lo faranno anche con altri teatri è chiaro, ma noi non ci stiamo. La partita è lunga non finisce qui».
Anna Bandettini, la Repubblica 3/10/2014