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 2014  ottobre 03 Venerdì calendario

L’ARGENTINA IN UN VICOLO CIECO

Fuori Juan Carlos Fabrega, dentro Alejandro Vanoli, che diventa così il quarto governatore della Banca centrale argentina in meno di cinque anni. Segno della volubilità della presidentessa Cristina Kirchner. Un tourbillon che non piace ai mercati: due giorni fa le dimissioni di Fabrega sono state accolte da un ribasso dell’8,2% della borsa di Buenos Aires, che non ha nemmeno gradito la nomina di Vanoli, ex presidente dell’equivalente argentino della Consob, visto che ieri perdeva l’8,5% a poco più di un’ora dalla chiusura. La Kirchner è stata durissima con Fabrega: in un lungo discorso trasmesso dalla televisione ha accusato i funzionari della banca centrale di essere in combutta con imprenditori, agricoltori e banchieri per rovesciare il suo governo, cercando di provocare la svalutazione del peso, e di avere passato informazioni riservate alle banche. Incapace di raccogliere denaro all’estero a causa della lunga contesa con gli hedge fund sul rimborso dei Tango bond, che lo scorso 30 luglio ha portato l’Argentina a dichiarare un default selettivo per 539 milioni di dollari, il governo di Buenos Aires ha imposto alla banca centrale di stampare moneta in misura massiccia per coprire il deficit della spesa pubblica. Fabrega ha cercato di contrastare queste politiche, ma alla fine ha dovuto rassegnare le dimissioni. La sua uscita è il segnale che ormai il vero uomo forte del governo è il ministro dell’Economia Axel Kicillof. Vanoli è invece considerato molto vicino al governo e il capo di Gabinetto, Jorge Capitanich, ha dichiarato che avrà il compito di perseguire la stabilità del tasso di cambio. Ieri il peso aveva una quotazione ufficiale di 8,44 per dollaro, ma sul mercato nero veniva scambiato a 15,60. Quotazione, quest’ultima che viene pubblicata da alcuni dei giornali più importanti, cosa che per Vanoli equivale a pubblicare il prezzo della cocaina. Daniel Kerner, analista di Eurasia Group, ritiene che «le dimissioni di Fabrega riducono il sostegno al governo e potrebbero contribuire a un ulteriore peggioramento della dinamica del peso, oltre a un profondo calo della fiducia delle imprese». L’economia argentina naviga in cattive acque e, secondo Focus Economics, quest’anno il pil dovrebbe contrarsi del 2,1% a causa della debolezza del peso, dell’alta inflazione (secondo le rilevazioni dei centri di ricerca privati è al 40%) e del crollo degli scambi commerciali con il Brasile. Secondo Deutsche Bank, l’uscita di Fabrega e l’arrivo di Vanoli comporteranno «politiche più espansioniste, più controlli per reagire agli effetti dell’allentamento monetario, un aumento delle attese di inflazione e un ulteriore diminuzione della domanda di peso. Tutto questo porterà a una recessione più profonda». La strada per la politica economica dell’Argentina sembra ormai tracciata: controlli più stretti sugli scambi commerciali, più restrizioni all’ammontare di dollari disponibili per gli importatori e un uso più ampio delle riserve in valuta estera della banca centrale per pagare il debito pubblico. Se a questo si aggiunge che le prospettive del Brasile, il maggiore partner commerciale dell’Argentina, stanno peggiorando a vista d’occhio, per Buenos Aires si annunciano tempi difficili.
Marcello Bussi, MilanoFinanza 3/10/2014