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 2014  settembre 28 Domenica calendario

LUCINI, LA “SIGNORA UBER” «COMPETERE FA BENE A TUTTI»


[Benedetta Arese Lucini]

DIECI giorni dopo, di cose ne sono successe. «Abbiamo messo in moto qualcosa. Questo è certo. Migliaia di persone si sono iscritte, centinaia hanno viaggiato: quello di Genova è stato uno dei lanci più di successo dell’intera Europa. Questo è cambiamento. E di cambiamento c’è bisogno, non c’è dubbio». L’ostilità piovuta su di lei pare non scomporla. O meglio, sembra non influire sull’inclinazione in apparenza naive della brillante bocconiana che, fra decine di aspiranti, ha avuto l’incarico di sfidare in Italia, il Paese del diritto, un mercato chiuso e ultra-regolamentato. Per rivoluzionarlo, partendo dalla domanda permutarne le regole.
La sfida è appena iniziata. E mentre la mera esistenza di una app che terremota il concetto stesso di mobilità – mettendo in contatto diretto l’offerta di un viaggio e la richiesta – infiamma il dibattito, il timone del fattore che ha rotto gli equilibri è nelle mani di una ragazza poco più che trentenne. Benedetta Arese Lucini, la signora Uber, un decennio passato tra gli Stati Uniti e la Malesia. Pescata quasi per caso, dai selezionatori della società californiana e tornata a casa. Un alieno almeno per alcuni standard locali, che pensa in inglese e dall’inglese mutua – letteralmente – espressioni e parole. Americana fino al midollo quando parla della sua creatura e di come «cambierà le cose».
Milano e, da dieci giorni, Genova. Le polemiche non sono mancate, ma come e stata accolta UberPop dagli utenti?
«Siamo molto soddisfatti. Migliaia di persone (il numero preciso Uber non lo fornisce ma sfiorerebbe le 5 mila ndr) hanno usato il servizio. Per noi è importante perché possiamo andare a parlare con le istituzioni dimostrando che c’è un bisogno reale».
Ha notato differenze rispetto ad altri contesti?
«Abbiamo scelto Genova non a caso. E forse più di quanto ci aspettassimo si è dimostrata una città aperta alla tecnologia e alle novità. Abbiamo perfino ricevuto una e-mail da un uomo di 85 anni che ci chiedeva informazioni perché gli avevano appena regalato uno smartphone ed era interessato».
I taxisti ribadiscono l’illegittimità del servizio. E il Comune e la polizia municipale sono partiti con le sanzioni.
«Noi siamo convinti di poter ribattere punto su punto. La legge del ’92 la conosco a memoria. È nata in tutta un’altra epoca, si utilizzavano ancora i fax ed è palese che sia da superare. Ma la nostra posizione non è di contrapposizione, lo ripeto. Non vogliamo essere di ostacolo ma complementari ai servizi pubblici, perché la gente cerca di lasciare l’auto a casa e condividerla con altre persone è un ottimo modo per poterlo fare».
I taxisti, a Genova, intendono lanciare una propria app per telefonini. Cosa ne pensa?
«Sono molto felice. La competizione fa bene a tutti ed è una ulteriore dimostrazione che il nostro arrivo ha portato a qualcosa. Noi gli abbiamo proposto dal primo giorno di entrare in Uber, perché è diventato un brand riconosciuto e potrebbe fare da catalizzatore, ma se ritengono di dare vita a una loro app, perché no? Tutti hanno bisogno di rinnovarsi».
Si è parlato della possibilità di un incontro con il Comune. Siete tuttora disponibili?
«Certo, ci farebbe piacere spiegare quali possono essere i benefici di un servizio come il nostro, anche in un’ottica metropolitana. Los Angeles e San Diego, per fare un esempio, ormai sono una cosa sola, dal punto di vista dei servizi».
Gli Stati Uniti non sono l’Italia.
«La mentalità è molto diversa, è vero. Ma io sto vedendo in questi giorni i curriculum di chi vorrebbe lavorare con noi. Ci sono i giovani, come i quarantenni che vogliono rimettersi in gioco. Il modello dell’unico posto di lavoro per tutta la vita sta cambiando, per fortuna. Se ci si apre al cambiamento, se si accetta la competitività, le nuove opportunità arrivano. Cito il caso di Chicago e di uno studio non fatto da noi: da quando c’è Uber 25 mila persone che non avrebbero mai utilizzato il taxi si spostano di più. Per un indotto stimato di 25 milioni l’anno».
sculli@ilsecoloxix.it