Nino Sunseri, Libero 2/10/2014, 2 ottobre 2014
ORA HOLLANDE HA 30 MILIARDI IN PIÙ NOI CI POTREMMO TAGLIARE L’IRAP
Il ribaltone è maturato dopo il voto di domenica: il Fronte Nationale ha portato due rappresentanti in Senato. Un fatto senza precedenti nella storia della Quinta Repubblica. Una sorpresa addirittura superiore alle aspettative che parlavano di un solo seggio. Ma anche la certezza che, senza un cambiamento radicale di rotta, il piano di austerità varato un mese fa dal governo Valls si sarebbe trasformato nel passaporto per portare Marine Le Pen nel 2017 all’Eliseo. Un traguardo già sfiorato da papà Jean Marie nel 2002. Al ballottaggio il «patto repubblicano» tra socialisti e gollisti aveva consentito la vittoria di Jacques Chirac. Difficile, però, ripetere ancora quel miracolo politico e, comunque, Hollande, pur in caduta di consenso, punta alla conferma. Così ha buttato sul piatto una trentina di miliardi. Tanto vale all’incirca quell’1,4% del Pil che Parigi lascerà correre portando dal 3% al 4,4% il rapporto fra deficit e Pil per il 2014. Circa altrettanto per il 2015. Nel frattempo il debito è arrivato a 2.023 miliardi (95% del Pil) continuerà a salire. Con questa operazione Parigi ha dato un bel calcio all’austerità e, forse, all’euro stesso. Con buona pace della signora Merkel che poche settimane fa aveva definito «impressionanti» le misure di austerità annunciate dal governo di Parigi. Dopo quanto è successo ieri la cancelliera farebbe meglio a non usare più quell’aggettivo. Porta indiscutibilmente sfortuna: l’aveva utilizzato con Monti e il «preside» è scomparso nel naufragio elettorale di Scelta Civica. Lo ha ripetuto con Hollande e, in men che non si dica, i francesi hanno cambiato rotta. Il ribaltone annunciato ieri azzera tutte le novità arrivate con il governo di Manuel Valls. Sei mesi fa, dopo il disastro alle amministrative del Partito socialista, aveva preso il posto di di Jean Marc Ayrault. Il 25 agosto, con una crisi lampo, aveva mandato a casa tutta l’ala movimentista del governo. Primo fra tutti Arnaud Montebourg, ministro dell’Industria colpevole di aver criticato le politica di austerità imposta dalla Germania. Fatto fuori il ministro interventista aveva varato un piano di austerità molto rigoroso. Neanche un mese dopo Hollande e Valls hanno cambiato nuovamente idea rivolgendosi alla Germania con le stesse parole che erano costate il posto a Montenbourg. La conferma di quanto sia fragile la leadership francese. Del piano che avevano presentato appena due settimane fa non è rimasto nulla. Solo per il 2014 era stata prevista una manovra da 21 miliardi, di cui diciotto attraverso tagli di spesa e tre con aumenti delle tasse. La falce sugli sprechi non risparmiava niente e nessuno: venivano colpiti ministeri centrali per l’economia francese come Agricoltura ( bilancio ridotto del 7%), Ambiente (-6,5%) e la Cultura (-2%). Inoltre sarebbe stato rivoltato in profondità anche il ricco sistema di welfare. L’operazione più dolorosa a carico deolle famiglie togliendo detrazioni e deduzioni. La soglia di reddito per avere le agevolazione sarebbe stata alzata lasciando fuori qualche milione di francesi. Il voto di domenica per il Senato ha suonato la fine prematura di questo programma. Gli interventi che dovevano essere concentrati in pochi mesi saranno diluiti e rinviati. Se ne riparlerà nel 2017, dopo l’appuntamento per l’Eliseo. Facile immaginare che l’esempio francese troverà rapidamente solerti imitatori. Se anche Renzi potesse portare il deficit italiano dal 3 al 4,4% si troverebbe di colpo a disposizione la bellezza di venti miliardi. Una cifra che gli permetterebbe di rispettare tutte le sue promesse senza patemi. Non avrebbe difficoltà sulla conferma del bonus di ottanta euro (dieci miliardi) e con il resto potrebbe accontentare la Confindustria riducendo l’Irap. Certo i mercati potrebbero non gradie e reagire male. Ma questo è un altro discorso.