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 2014  ottobre 02 Giovedì calendario

DRAGHI TENTA IL KO ALLA BUNDESBANK


Il d Day degli Abs, la nuova arma di Mario Draghi per combattere la deflazione, è arrivato. Oggi, in quel di Napoli, la Bce deciderà le modalità degli acquisti in Asset Backed Securities. Ma con quale impatto sull’economia italiana? E quale sulle banche di casa nostra? «L’impatto diretto sui prestiti sarà nullo. Ma l’operazione potrà migliorare lo stato di salute delle banche che sapranno usare lo strumento nel modo più efficace. È una buona mossa di Draghi». Risponde così Donato Masciandaro, direttore del dipartimento di Economia Politica in Bocconi e grande esperto di regole dei mercati finanziari. Insomma, la bacchetta magica di Draghi, sempre più sotto il fuoco dei falchi tedeschi, non farà miracoli. Anche se, conti alla mano Giampio Bracchi, ordinario di ingegneria, presidente della Fondazione Politecnico e grande esperto di tecnologia applicata al mondo bancario, fa notare che l’emergenza del credit crunch, per ora, è rientrata, soprattutto per l’impegno della Bce. Ma su di noi incombe un problema non meno grave: «Quel che manca oggi in Italia è la domanda di buon credito». Insomma, il cavallo non beve, perché l’economia non tira. Il caso ha voluto che la vigilia del direttorio della Bce coincidesse con la presentazione ieri del rapporto della Fondazione Rosselli sul sistema bancario, dedicato (non a caso) al tema della redditività, tallone d’Achille delle banche sotto i cieli di una pessima congiuntura: tassi bassi e pil stagnante, circostanze che incidono sula profittabilità del credito di casa nostra. Anche se Gregorio De Felice, chief economist di Intesa San Paolo, non vede solo il bicchiere mezzo vuoto. «È evidente - dice - che la congiuntura ci impone una continua azione sui costi. Ma le grandi banche italiane non escono male dal confronto internazionale sul cost/income, il parametro più efficace per misurare l’incidenza del costo del lavoro. Anzi gli istituti italiani sono al 50%, contro percentuali tra il 60 ed il 70% di altri». Ma ora le banche, sottolinea Masciandaro, devono rafforzare la propria governance con un orizzonte a lungo termine che non si esaurisce con l’Asset Quality Review o gli stress test («un’americanata che serve solo a deresponsabilizzare le autorità» è la stroncatura dello studioso). Solo così, del resto, la razionalizzazione del sistema e gli eventuali merger futuri porteranno benefici. Intanto herr Draghi si appresta a combattere oggi l’ennesima battaglia contro la Bundesbank ed i suoi scudieri del Nord. Facile prevedere che l’atmosfera sarà calda: nelle ultime settimane Wolfgang Schaeuble ha avviato una campagna contro il banchiere che, acquistando titoli spazzatura, «rischia di trasformare la Bce in una bad bank». Draghi, di fronte alla caduta dell’attività economica in tutta l’Eurozona (Germania compresa) resta però convinto che «il rischio di non far niente è più alto di quello di agre». E, di fronte al rifiuto tedesco di offrire garanzie ai “mezzanini”, la componente più rischiosa degli Abs, ha fatto trapelare via Financial Times che a Bce potrebbe acquistare titoli greci e ciprioti, suscitando così le ire di Jens Weidmann. Eppure il presidente della Bundesbank dovrebbe sapere che i primi Abs della storia moderna sono nati nella Prussia di Federico II che, per rimpolpare le casse dello Stato stremate dalla guerra dei sette anni, pensò di offrire titoli garantiti dalle terre dei nobili che così poterono pagare le tasse.