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 2014  ottobre 02 Giovedì calendario

ALFANO PIÙ VELOCE DELLA LUCE GIGGINO SOSPESO SUBITO

[2 articoli] –
Tutte le carte sono arrivate a tempo di record e il ministro Angelino Alfano lo ha annunciato con tono solenne a Montecitorio: Luigi De Magistris è sospeso dalla carica. “È arrivata la sentenza? Salutatemela”, la risposta del sindaco di Napoli. Gli atti sono nelle mani del prefetto Francesco Musolino che alle 19,45 di ieri ha firmato il provvedimento e lo ha trasmesso al presidente del Consiglio comunale, Raimondo Pasquino, Udc, che questa mattina lo notificherà al primo cittadino.
“Arriva Giorgio e parte Giggino”, a Napoli, città che da sempre produce ironie e sberleffi contro il potere, fanno notare la straordinaria coincidenza dell’arrivo di Giorgio Napolitano e della partenza da Palazzo San Giacomo del primo cittadino. I due non si sono mai piaciuti, soprattutto quando Luigi De Magistris indossava la toga e mai si sarebbe sognato di fasciarsi la testa con una bandana arancione. Erano i tempi delle inchieste Why not e Poseidone, del terremoto che partiva da Catanzaro e piombava nei palazzi romani, erano gli anni di quella che chiamarono “guerra fra procure”, erano i giorni del Consiglio superiore della magistratura che metteva sotto torchio De Magistris. “Napolitano – ha sempre detto l’ex magistrato – da presidente del Csm non mi ha difeso”. Oggi il presidente è in città per il vertice della Bce e delle piccole e medie industrie europee, Napoli è blindata per le manifestazioni organizzate dall’area antagonista, e non sarà il sindaco De Magistris a portare i saluti alle delegazioni. “Poco male – ha commentato ieri l’ex pm – non sono un grande ammiratore delle banche internazionali, forse temevano che avrei fatto un discorso sull’economia liberista, che avrei parlato di economia partecipata e attenta ai bisogni dei più deboli, invece mi sarei limitato a portare il benvenuto di Napoli, città che accoglie tutti. Pazienza, sospendendomi mi tolgono anche da questo imbarazzo”. Sospeso per diciotto mesi, come prevede l’articolo 11 della legge Severino, De Magistris deve affidare la gestione del Comune a un sindaco facente funzione.
Una scelta delicatissima che ieri ha impegnato la giunta arancione fino a tarda sera. Alla fine la decisione: per i diciotto mesi di sospensione a sostituire De Magistris sarà il vicesindaco in carica Tommaso Sodano. Un fedelissimo. Ex senatore di Rifondazione comunista, notissimo per le sue battaglie contro il sistema di affari che nel ventennio scorso ha dominato sul business della monnezza, Sodano è stato uno degli artefici della vittoria arancione. E sarà lui, in assenza di De Magistris, a diventare il supersindaco della Città metropolitana. Si vota il 12 ottobre, lo ha confermato ieri il ministro Alfano, respingendo la richiesta di uno slittamento avanzata da centrosinistra e centrodestra.
Il facente funzioni può essere il sindaco della nuova istituzione. E De Magistris? “La prima cosa che farò appena mi sospenderanno sarà quella di bere un caffè sospeso”, ha risposto ai giornalisti. Quella dell’ex pm è stata una giornata tra la folla, prima una stretta di mano con l’artista libanese Mazen Kerbaj, poi nella sala della giunta a Palazzo San Giacomo un incontro con la squadra di basket Ginova. “Non mi dimetto, starò tra la gente e andrò avanti fino al 2016”, questo è il leit-motiv politico che da giorni va ripetendo.
La strategia è chiara e si affianca a quella dei suoi legali (la condanna sarà appellata e per la sospensione ci sarà un ricorso al Tar), andare fino in fondo e recuperare il consenso in città. De Magistris ha tutti contro, da un arco di partiti che va da Forza Italia al Pd ai sindacati che ieri hanno firmato un durissimo documento nel quale si chiedono dimissioni del sindaco ed elezioni anticipate, ma nei giorni scorsi ha cominciato a tastare il polso dei napoletani. “La gente comincia a capire qual è la posta in gioco – dicono i fedelissimi del sindaco arancione –. Sanno che il vecchio sistema di potere è pronto a riprendersi Napoli”. Insomma, sospeso o meno, De Magistris è in campo, e la partita è tutta da giocare.
Enrico Fierro, il Fatto Quotidiano 2/10/2014


SINDACO E COLLE, INDAGINI E INGIUSTIZIE –
Il presidente Napolitano – è la tesi di Luigi De Magistris (anche) in questi giorni – è stato protagonista di ingiustizie profonde nei miei confronti”. Di certo c’è che il presidente Napolitano, sulle inchieste che hanno visto protagonista De Magistris (e Gioacchino Genchi), ha sempre avuto un occhio molto attento e delle convinzioni ben precise che, per esempio, rivela a Barbara Spinelli il 9 gennaio 2009: “Il presidente – racconta Spinelli nel libro Viva il Re di Marco Travaglio – mi dice che l’affare Genchi è gravissimo... aggiunge che il Pd avrebbe dovuto attaccare Genchi per primo, senza aspettare che si scatenasse Berlusconi”. E ancora: “Se vuol fare politica, De Magistris si spogli della toga”. Dieci giorni dopo, il Csm da lui presieduto, trasferisce d’ufficio i pm salernitani che stavano indagando sulle ingiustizie subìte da De Magistris, al quale, la Procura di Catanzaro aveva sottratto ben due inchieste. S’era innescata la cosiddetta “guerra tra procure”. De Magistris è stato già punito dal Csm con la seguente motivazione: nelle sue indagini ha nascosto, al suo ex procuratore capo, l’iscrizione del senatore forzista Giancarlo Pittelli, secretandone l’iscrizione. Interrogato dai pm di Roma, anni dopo, De Magistris racconta: “L’avevo secretato” perché “avevo elementi per ritenere collegamenti strettissimi tra... Pittelli con il procuratore della Repubblica...”. Eppure, la modalità usata da De Magistris, che gli costa la punizione del Csm, era stata utilizzata nel 1994, da due pm napoletani, proprio nei confronti di Napolitano.
Racconta il pm: “Il dottore Cantelmo... e un altro magistrato... Quatrano, mi dissero che, durante l’inchiesta di Tangentopoli, procedettero a secretare l’iscrizione... dell’allora presidente della Camera, Napolitano, e secretarono per evitare che ci potesse stare una fuga di notizie”. Insomma, nel caso dell’iscrizione di Napolitano, poi archiviato, non furono contestate irregolarità. Nel caso di De Magistris, il Csm – per ironia della sorte, presieduto dallo stesso Napolitano – arriva una punizione esemplare. E una punizione esemplare colpisce anche i pm salernitani – Luigi Apicella, Gabriella Nuzzi e Dionigio Verasani – che indagano sul caso De Magistris. Per mesi i pm salernitani chiedono, inutilmente, alcuni atti ai colleghi di Catanzaro, sui quali indagano. Per mesi chiedono al Csm presieduto da Napolitano di intervenire. Ma il Csm tace. E così, il 4 dicembre 2008, la procura di Salerno, decide di perquisire gli uffici di Catanzaro. La procura calabrese reagisce: contro-sequestra gli atti e iscrive nel registro degli indagati, senza averne alcun titolo, i pm salernitani. Napolitano interviene immediatamente e in una modalità singolare: in qualità di presidente del Csm, chiede ai procuratori generali di Salerno e Catanzaro, gli atti dell’indagine condotta dalla procura campana. Nelle stesse ore si fa largo la definizione – errata – di “guerra tra procure”. Una definizione che Barbara Spinelli, su La Stampa, critica aspramente indicando, tra i responsabili della situazione, lo stesso Csm: “Quando si parla di guerra tra procure, o tra magistratura e politica – scrive – si confondono e oscurano i fatti. (...) Si ignora che tra procure non c’è stata (...) guerra (...) c’è stata azione legale di una procura chiamata a indagare sia su De Magistris sia su chi a Catanzaro ostacolava De Magistris (i magistrati di Catanzaro , per legge, possono esser indagati solo da quelli di Salerno da cui dipendono). Il Consiglio superiore della magistratura e lo stesso Quirinale avrebbero potuto ascoltare quel che la procura di Salerno riferì due volte al Csm, invece di chiudersi per un anno nella passività”. Napolitano le risponde privatamente, accusandola di aver scritto “senza nulla sapere della vicenda” ed essendo “stata tendenziosamente informata e sollecitata”.
Il Quirinale, sul caso De Magistris, non tollera critiche, ma la giornalista risponde al presidente: “Perché... lasciare che lo slogan ‘guerra tra le procure’... confonda il cittadino, discreditando la magistratura? Non sarebbe utile agli italiani una parola chiara di chi, oltre che loro presidente, è presidente del Csm e garante della Costituzione?”. Una domanda che resta valida ancora oggi.
Antonio Massari, il Fatto Quotidiano 2/10/2014