Giulia Zonca, La Stampa 2/10/2014, 2 ottobre 2014
NON PIÙ SOLO RE DI ROMA TOTTI, UN GOL CHE ALLUNGA LA VITA E CAMBIA LO STATUS
A 38 anni deve essere esaltante scoprire che puoi stupire ancora e non si tratta solo di un gol leggendario all’età della pensione calcistica ma di una vera e propria apoteosi. Il mondo ha scoperto Totti e sembra pazzesco che sia successo solo ora. Eppure per certi versi è così.
Fino a martedì per gli inglesi lo stile italiano era Pirlo, «The Maestro». L’uomo che accarezza il pallone, che non parla, che posa nella vigna di famiglia e che, con barba lunga e occhiali scuri, si trasforma in icona «cool» tanto da rivaleggiare con David Beckham. Francesco Totti era più o meno considerato «quello che si ostina a giocare per la Roma», il fenomeno che non ha mai voluto cambiare maglia e dimensione, uno che è stato bravo e ha persino vinto un Mondiale per poi rimanere semplicemente in circolazione, a Roma, in casa sua.
Insomma il Pupone valutato come una gloria in campo, così poco temuto da ispirare tweet irriverenti. «Benvenuti a Manchester, Totti non ha mai segnato in Inghilterra, vero?». Lui si è fatto caricare dalla frecciata, il City si è fatto travolgere dalla sua classe e lo scambio è continuato. Il City augura un buon rientro, la Roma ringrazia e fa il verso: «Vi aspettiamo a dicembre, non avete mai segnato in Italia, vero?». E dall’altra parte cercano di uscirne al meglio: «No, ma come ben sapete c’è sempre una prima volta». Fine dell’umorismo diplomatico e inizio di un nuovo mito per la Gran Bretagna: l’eterno Totti.
Alla sua età Henry, Raul e Shevchenko sono lontani dalla Champions e lui resta l’uomo da battere. «Vintage», come lo definisce il «Telegraph» e si sa che il vintage autentico è raro e costa carissimo. Per la prima volta la logora domanda: cosa sarebbe diventato Totti lontano da Roma non ha più senso. Magari avrebbe vinto di più se avesse accettato a suo tempo le offerte del Real Madrid, ma non ci sono certezze e l’unico dato sicuro è cosa è diventato Totti restando a Roma: un dio del pallone. Un nome, un marchio, un punto di riferimento, un esempio, un calciatore che riceve la telefonata del presidente del consiglio con i complimenti. E l’omaggio di Renzi non è certo l’unico.
Totti ha retto gli urti delle stagioni in cui il sospetto che fosse diventato ingombrante per la sua squadra era piuttosto fastidioso. Come tutti i giocatori speciali condiziona il sistema che gli gira intorno. Alla Roma non si può prescindere da Totti, però a un niente dal corto circuito il totem ha smesso di essere un problema: la fase dei dubbi è passata e a Garcia resta da gestire un talento smisurato a cui (quasi incredibilmente) non si abbina un ego senza confini. Totti è riverito, in campo e fuori, ma sa dosare ambizioni e presenze. Merito anche dell’allenatore che ha mescolato l’ultima generazione all’esperienza di chi altrove era già considerato ex. La Roma ha rivitalizzato Maicon, sa prendere il meglio da Ashley Cole. Altrove i ripescati sembrano bolliti, tra i giallorossi rinascono. E il fatto che Totti sia proprio lì non è una coincidenza.
È diventato un modello perché ha iniziato a 16 anni e non è logoro, ha debuttato quando Destro e Florenzi avevano 2 anni scarsi eppure coabita con loro, ha cambiato ruolo e ha preso il meglio da ogni spostamento. Ala con Zeman, falso 9 con Spalletti, playmaker con Capello e genio con Garcia. Se fosse andato via da Roma si sarebbe fermato prima. Magari con qualche trofeo in più ma senza il gol che ha segnato a 38 anni, 3 giorni e un nuovo status: King Totti. Non solo re di Roma.
Giulia Zonca, La Stampa 2/10/2014