Stefano Ciavatta, pagina99 27/9/2014, 27 settembre 2014
QUANDO GLI SMS ERANO UNA COSA DA SMANETTONI
Vincenzo Novari è stato uno degli Omnitel boys di Carlo De Benedetti, ora è amministratore delegato di H3G Italia (Tre). Ha vissuto in prima fila la fase pionieristica della telefonia mobile italiana subito accelerata in golden age, perché questo sono stati gli anni Novanta nella comunicazione: un decennio di salti bruschi, di versioni beta tutte da testare in prima persona, di intuizioni diventate status symbol e poi consolidate in abitudini, di consumi non preventivati esplosi sul mercato.
Tra banda larga, iperconnettività e smartphone, oggi sembra tutto già assodato, senza neanche bisogno di un’origine. Forse per questo gli anni Novanta sono un decennio dove in pochi a ritroso hanno piantato le bandierine per rifarsi un’identità, a differenza dei Settanta e degli Ottanta. È come un big bang che non viene reclamato da nessuno, mentre in realtà siamo ancora collegati a quel decennio.
Ogni volta che oggi, su basi solidissime che nei Novanta erano appena tracciate, qualcuno prova a cimentarsi nei panni del guru, battezzando fenomeni destinati a cambiare il mondo, ignora che l’avventurosa e gloriosa storia della telefonia di quegli anni insegna che si può sbagliare previsione, un po’ come per l’alba di Ecce Bombo che sorge da un’altra parte: «Una delle più grandi società di consulenza del mondo», racconta Novari, «ipotizzava per l’Italia un mercato potenziale massimo di 3 milioni di linee perché si analizzavano i flussi degli spostamenti casa-lavoro. In Italia per andare da casa al lavoro mediamente ci si impiega 40 minuti. Quindi il ragionamento era: qual è la telefonata che non può aspettare mezz’ora?». Un calcolo completamente sbagliato, non l’unico.
Anche gli sms all’inizio furono snobbati dai produttori. Le tastiere dei telefonini non erano ancora qwerty e scrivere era scomodo. «La capacità di scrivere sms sui primi telefoni Gsm», ricorda Novari, «era di una difficoltà enorme, accessibile solo per gli smanettoni ante litteram del ’95, non si poteva quindi creare un effetto di massa» ma soprattutto la telefonia mobile aveva solo un contenuto, la voce: «Gli sms nascevano come sottoprodotto, nessuno aveva capito pienamente all’inizio che sarebbero stati poi un elemento di rivoluzione nella interazione tra individui. Tutti pensavano che la voce e anzi forme un po’ più sofisticate di voce, come la segreteria telefonica, trasferimenti di chiamata, la deviazione, tutte queste funzionalità, avrebbero avuto un peso maggiore degli sms». Altro che killer application studiata a tavolino: è il momento in cui si iniziano ad abbreviare le parole e allo stesso ci si riabitua a scrivere, ma niente è preventivato.
Negli anni Novanta mentre l’Europa raddoppia lo spazio con Schengen iniziano così i viaggi al centro di una stanza con il boom della mobilità telefonica. La virtualità del web è ancora lontana. Si riducono le distanze, diventa tutto più raggiungibile, anche se spesso non c’è campo. Prima costosi e ingombranti, poi alla portata di tutti arrivano i cellulari. Il mondo diventa tascabile, anzi in palmo di mano, ma pure fuori controllo. Si è rintracciabili ovunque, addio centralino e cabine telefoniche, addio secondo telefono di casa, ma nel dizionario italiano si fa strada una nuova parola: privacy. L’accelerazione è spaventosa racconta Novari; «Passiamo da meno di 1 milione di telefoni all’inizio del 1991 ai 6 milioni di telefoni del 1996, una crescita enorme, totalmente inaspettata. L’Italia diventa uno dei paesi leader del mondo, Nokia era la Finlandia. Ericsson era la Svezia, noi non avevamo colossi dell’hardware ma dei grandi ingegneri che sapevano lavorare molto bene le reti. La nostra rete diventa la prima che riesce a far lavorare in maniera interfunzionante il protocollo Gsm. Prima del 1996 ogni Paese aveva il suo standard. Con la definizione di nuovi codici digitali non viene più trasportata la voce, catturata e riportata sul terminale finale, ma viene catturata la voce trasformata in bit, e questi bit vengono poi riassemblati nel terminale di arrivo. La rivoluzione della tecnologia digitale consente proprio di dare uno standard. E i bit sono esattamente quello che il mondo dell’informatica stava elaborando sempre di più». Insomma insieme alla voce si possono trasportare anche informazioni.
In Italia nasce la concorrenza tra gli operatori Tim e Omnitel, spuntano ovunque negozi di telefonia, la nascita della grande distribuzione fa da volano: «Succede soprattutto in Italia perché da noi c’è questa grande passione per il simbolo, le immagini, l’ostentazione. Il successo del costoso Star Tac significa poter mostrare e rivendicare uno status non solo economico, ma sociale, uno stato simbolico di connessione, di modernità. C’è chi costruisce finti telefoni di plastica pur di far vedere che si possiede un telefono. Ricordo un Giro d’Italia in cui Mario Cipollini venne fotografato a parlare con un cellulare, è una foto che fece il giro di tutte le redazioni».
La stampa internazionale ironizza molto su queste passione degli italiani: «Quando alla Gsm Congress di Cannes nel ’96, venne presentata la prima tessera ricaricabile tutti i grandi manager e gli addetti ai lavori delle altre nazioni ci guardarono con un po’ di fastidio». Il sistema di tariffazione in tempo reale fu un primato a livello mondiale, una trovata con cui la telefonia italiana mobile fece saltare il banco. Poi quando intorno al 1996/97 si palesa una rincorsa alla miniaturizzazione dei telefonini, con un Motorola che si nasconde nel palmo di una mano, arriva un nuovo cambio di strategia, bisogna portare dei dati, dei contenuti all’interno dei telefoni «e quindi c’è bisogno di tre componenti: uno schermo, del colore, e un sistema che faccia viaggiare questi contenuti all’interno dei vari telefoni e li faccia connettere a delle piattaforme di contenuto. È sempre in Italia che dal 1998 si iniziano a costruire le prime unità di business per capire come portare in maniera massiccia e distribuita i contenuti, poi tutte queste cose sono nate 10 anni dopo... Per noi oggi è tutto scontato, la rete è quella che è oggi, ma all’epoca la rete era un insieme di punti interconnessi, ma con una capacità contenutistica assolutamente limitata. Non esisteva ancora tutto il mondo dei contenuti generati dagli utenti. C’erano solo pochi fornitori che andavano a caricare in rete le loro informazioni. Non esistevano aziende che avessero la partecipazione in rete, non esisteva nulla di tutto questo».
Quando arrivano gli smanettoni degli anni duemila, quelli che caricano contenuti in rete, la richiesta di aumentare gli schermi è reale, non teorica: «Montare una camera e archiviare foto è stata la killer application che ancora una volta nessuno si aspettava, come gli sms. Tutti pensavano arrivasse il boom della videochiamata invece così non è stato, hanno prevalso altri bisogni. Continuiamo a chiamarla telefonia ma telefonia non è più, il telefono è solo un piccolo pezzettino di quello che oggi è uno smartphone. La generazione di oggi dei quindicenni, dei ventenni, la nuova generazione non ha più gli sms ma WhatsApp, ha solo Internet come comunicazione».
Intervista realizzata per il programma Ama 90, in onda su National Geographic Channel