R.Fa., Il Sole 24 Ore 1/10/2014, 1 ottobre 2014
A HONG KONG È MURO CONTRO MURO
PECHINO.
Oggi è Festa nazionale, ma non in tutta la Cina. A Hong Kong le strade sono ancora invase, occupate letteralmente da studenti e da normali cittadini che si sono accodati alla protesta e che non andranno via, dicono, finché non avranno ottenuto un incontro con le autorità per ottenere un ripensamento sul suffragio universale negato da Pechino.
In "Mainland China" filtra poco o nulla della situazione di Hong Kong, il meccanismo è noto, i server che iniziano a cigolare, i motori di ricerca, anche quelli cinesi, che vanno in palla. Hong Kong che, improvvisamente, sparisce dal web.
Anche il Governo di Pechino resta in attesa degli sviluppi, ma non cede di un’unghia rispetto a quanto proclamato con enfasi il mese scorso. I manifestanti hanno chiesto le dimissioni del governatore Leung che ha dichiarato di non volersi dimettere, ma di essere conscio del fatto che «l’occupazione potrà durare a lungo». La polizia di Hong Kong ha dimostrato di non essere in grado di gestire la situazione e ha i nervi sempre più tesi, ma Pechino non gioca in casa fino in fondo e non può intervenire come farebbe in Mainland China. Mandare le truppe a Hong Kong sarebbe la soluzione peggiore.
È stallo, dunque, a Hong Kong. Per la portavoce del ministero degli Esteri l’occupazione è illegale. In una lettera il governo cinese ha chiesto ai diplomatici di stanza a Hong Kong di non prendere posizione in favore dei manifestanti.
Di fatto ieri si è creata una situazione molto bloccata. Leung non ha margini di manovra rispetto a Pechino, Pechino non ha intenzione di rimangiarsi quanto dichiarato il 30 agosto nella Great Hall of People.
Niente da fare. Se il peso economico di Hong Kong è decisamente ridotto dal momento in cui è tornata alla Cina, è anche vero che per Pechino e il presidente Xi Jinping la faccia è la cosa più importante da difendere. Si può perdere l’hub finanziario ma non il rispetto del mondo intero, il presidente della Repubblica popolare cinese che oggi compie 65 anni non può scendere a patti con un manipolo di studenti rimangiandosi una decisione irrevocabile.
A proposito di faccia, non sarà semplice spiegare cosa succede alle orde di cinesi in visita a Hong Kong, il paradiso dello shopping duty free, proprio per la Festa nazionale. Come spiegare loro che il centro è occupato da gente che protesta per la democrazia, termine oscuro per i cinesi? Questa sì è una situazione difficile da giustificare.
Si profilano cinque terribili giorni in cui su tutta la Cina cala di norma la cortina del silenzio legata ai festeggiamenti e ai riti della politica cinese. Servirà a far scemare la resistenza a Hong Kong oppure la Golden Week farà da paravento per una soluzione finale alla quale nemmeno Xi Jinping sembra aver voglia di far ricorso? Nessuno può saperlo con certezza. Hong Kong è sola. Il premier britannico Cameron ha esortato la Cina a garantire i diritti di Hong Kong ma c’è chi inveisce proprio contro la Gran Bretagna, rea di aver abbandonato Hong Kong al proprio destino spedendola diritto nelle braccia di Pechino.
R.Fa., Il Sole 24 Ore 1/10/2014