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 2014  ottobre 01 Mercoledì calendario

ACHTUNG! GRANATA! IL DERBY SOTTO LE BOMBE

Il primo aprile del 1945 è una domenica ed è l’ultima Pasqua di guerra. A Torino, nel primo pomeriggio si gioca il derby tra le squadre del Toro e della Juve; allo stadio Mussolini poiché il campo del Filadelfia è stato distrutto dai bombardamenti. Possibile che tra le macerie e i lutti, a meno di un mese dalla fine della guerra, con la città affamata, piena di tedeschi rabbiosi per l’imminente sconfitta e tutto intorno i partigiani pronti a liberare la città, qualcuno pensasse di organizzare un incontro di calcio? È così possibile che è successo veramente e Giuseppe Culicchia lo rievoca in un breve romanzo che ricava il titolo dalla cronaca sulla Stampa del 2 aprile: Ma in seguito a rudi scontri (Rizzoli, pp. 144, € 14).
La frase sul giornale prosegue: «... s’accendeva una mischia fra elementi delle due unità». Il campionato era sospeso e quella stracittadina era solo un’amichevole organizzata per onorare con una coppa ai vincitori Pio Marchi, un ex giocatore juventino e poi dirigente, morto in un bombardamento. Ma definire un derby un incontro amichevole è un ossimoro. In undici brevi capitoli Giuseppe Culicchia ricostruisce quella feroce partita collocando sugli spalti della curva Maratona due camerati, il sottotenente paracadutista Ermanno Zazzi, tifoso granata, e il suo parigrado tedesco delle SS, l’Obersturmführer Franz Hrubesch, indifferente al calcio.
Culicchia ha molte frecce al suo arco di scrittore, ma sarebbe un filino esagerato prenderlo come un modello di equidistanza; non bastasse il fatto che lui non è mai riuscito a pronunciare la parola Juventus, citata come «l’altra squadra», leggete le tre epigrafi in apertura di libro. La terza è di Rummenigge e proclama: «La Juve è mafia». Il racconto di quella giornata s’inizia alle 11, quando Ermanno Zazzi va, in sella alla sua moto sidecar Bmw R75, a trovare l’amico Franz presso il comando tedesco, in corso Oporto (ora Matteotti) 33. I due hanno fraternizzato presso il reparto Ortopedia dell’ospedale militare di Marina di Massa; Ermanno aveva la rotula fratturata e Franz aveva perso un piede. Nel frattempo anche il braccio sinistro è volato via. È fin troppo facile leggere in questo tedesco una metafora del Grande Reich che sta perdendo i pezzi. Domani volerà a Berlino come guardia del corpo del Fűhrer ma oggi accetta l’invito dell’amico di andare con lui alla partita. Non prima però di aver fatto una sosta al bordello di via Barbaroux.
Culicchia ama disseminare la prosa dei suoi romanzi di allusioni a saperi e ad avvenimenti postumi. Per esempio la maîtresse del postribolo esalta le qualità della prostituta Aida definendola «la donna della domenica». Su Franz soffia un vento di morte; sceglie di portarsi in camera una prostituta bruna perché gli ricorda la moglie Margarethe, morta con i due bambini nei bombardamenti di Dresda. Invece il nostro Zazzi, come sempre all’avvicinarsi di un derby, sente un surplus di energia che sfoga su Aida, arrivando a prometterle di sposarla una volta finita la guerra.
Prima di andare allo stadio i due ufficiali sostano al Caffè Vineria Ranzini, covo di juventini, per rifocillarsi. Vediamo se indovinate il nome dei tre tifosi che Zazzi si diverte a terrorizzare spianando l’MP40. È facile: Antonio Moggi, Roberto Giraudo e il giovanissimo Luciano Bettega; vedete voi se è il caso di rimettere a posto i nomi di battesimo. Man mano che si avvicina l’ora d’inizio del derby cresce la temperatura della prosa culicchiana (si dice così?) fino a diventare incandescente. Nel settimo capitolo Ermanno Zazzi si domanda: «Cos’è un derby per me?», e la risposta è una litania in crescendo, un sunto della storia del Torino, con l’elenco di tutti i torti subiti fino ad allora: «Arbitro e guardalinee hanno un occhio di riguardo per la squadra dei padroni e dall’altro sono orbi». Senza nascondersi il paradosso per cui i giocatori del Torino risultavano dipendenti della Fiat per non dover partire per il fronte.
I due compari arrivano allo stadio ed entrano scavalcando la fila e senza pagare, la sola vista di un ufficiale delle SS scioglie ogni esitazione. Comincia una partita che non raccontiamo per rispetto al lettore. Ermanno Zazzi ha delle premonizioni («Prima o poi, voi juventini, lo sento, finirete in serie B»); Valentino Mazzola segna il primo gol, e Franz, che fino a qual momento osservava i tifosi come Ernst Jünger gli insetti, travolto dall’entusiasmo diventa di colpo tifoso del Torino, come San Paolo sulla via di Damasco. I tifosi pregano: «Nostro Signore Iddio, Tu che in quanto tale devi per forza essere anti-juventino...». Quando Sentimenti III, in palese fuorigioco, pareggia per la Juve, Ermanno Zazzi si sfoga dando tre testate nel pilastro di cemento delle tribune e ha delle visioni che gli consentono di vedere nel futuro tutte le occasioni in cui la Juventus è stata favorita, insieme alla storia del Torino. Un vero fuoco d’artificio. Godetevelo, anche se siete juventini. E godetevi il finale, dove si dimostra che il tifo sportivo può salvare una vita.
Bruno Gambarotta, La Stampa 1/10/2014