Luca Rocca, Il Tempo 30/9/2014, 30 settembre 2014
TRAVAGLIO: «CI SONO ANCHE MAGISTRATI PER MALE. MA LUIGI DEVE ACCETTARE LA SENTENZA»
Marco Travaglio, condirettore del Fatto Quotidiano, è stato chiaro: Luigi De Magistris è innocente ma si deve dimettere. Il sindaco di Napoli, dopo la condanna, a mollare la seggiola non ci pensa affatto. Anzi, «resiste» e contrattacca. Una reazione che, seppur con motivi diversi, non sorprende nessuno. Nemmeno lo stesso Travaglio.
Nessuno stupore per un de Magistris che parla di magistrati “corrotti e collusi”?
«Nessuno. Certe idee le ha sempre manifestate quando da pm indagava su magistrati, appunto, collusi, corrotti o insabbiatori. A Catanzaro, poi, gli remavano tutti contro. Gli hanno tolto le inchieste o gli hanno impedite di finirle perché il ministro Mastella e il presidente Napolitano avevano deciso di schiacciarlo. Perciò no, la sua reazione non mi meraviglia. Il problema è che, anche se lo pensa, non lo può dire, si deve mordere la lingua e attendere l’appello ed eventualmente la Cassazione. De Magistris ha ragione, ci sono magistrati “per male”, ma non può pensare che lo siano tutti quelli che si occupano del suo caso. E poi, deve per forza affidarsi alla giustizia, non può mica prendere le armi.
De Magistris come Berlusconi?
«Un paragone improponibile. Non solo perché Berlusconi era accusato di rubare e de Magistris non si è mai messo in tasca un centesimo, ma anche perché il primo attaccava i giudici da premier, avendo il controllo del ministero della Giustizia, dei servizi segreti, ecc, il secondo parla nel vuoto assoluto e nessuno di autorevole gli dà ragione. Tutti quelli che dicevano che Berlusconi, seppure condannato definitivamente, non doveva decadere perché condannato per un’attività precedente a quella di parlamentare, ora, su De Magistris, dicono solo che la legge è legge».
Lei gli ha chiesto di dimettersi ma è convinto della sua innocenza.
«Perché quel processo fa ridere. Uno può pensare quello che vuole dell’inchiesta Why Not: che era sovradimensionata, che si sarebbe dovuta limitare alle posizioni per le quali c’erano gli elementi più solidi, ma non può dire che era una bolla di sapone, viste le molte condanne e i dibattimenti ancora aperti. Ma soprattutto è ridicolo pensare che chi ha in mano un tabulato telefonico, sappia a chi appartiene quel numero. Tra l’altro, se anche lo desumi, non sai se lo sta usando il proprietario o un amico, e se pure è riferibile alla Camera, può darsi sia di un funzionario o un portaborse. E poi, se anche avesse acquisito un tabulato di un parlamentare senza autorizzazione, non sarebbe così infamante».
Il fatto che lui, da pm, non si fidasse dei suoi capi, può averlo indotto a violare le regole?
«Una volta ha iscritto nel registro degli indagati alcuni amici del suo capo, nascondendoglielo, ma questo è lecito se hai buoni motivi per farlo. Quanto ai deputati il cui numero di telefono è finito nei tabulati in mano a de Magistris e Genchi, è accaduto perché quei politici erano in contatto con Saladino, principale imputato di Why Not. Se avessero selezionato meglio le loro frequentazioni, non sarebbe successo nulla. Tra l’altro la notizia su Prodi indagato fu fatta filtrare da qualcuno della procura per andare in c… a De Magistris. Io da lui, infatti, non ho mai avuto una sola soffiata».
Certo de Magistris non deve aver preso bene l’abbandono di molti “amici”.
«Faccio il giornalista, non mi occupo di amici o nemici. La legge Severino prevede la sospensione per i sindaci in caso di condanna in primo grado. È impossibile avere un’altra posizione. Che poi sia una legge schifosa, non ci sono dubbi. Non solo perché fatta per salvare Berlusconi e Penati, ma anche perché blanda. I parlamentari, infatti, dovrebbero decadere in caso di condanna anche inferiore a due anni e in primo grado, così com’è previsto per gli amministratori locali. E invece loro si levano dalle palle solo se la condanna è definitiva e superiore ai due anni».
Pensa che alla fine De Magistris si dimetterà?
«Non lo so, ma sarebbe stata una grande prova di forza se si fosse dimesso immediatamente spiegando all’opinione pubblica l’assurdità del suo processo, che si rivelerà per quello che è, ridicolo. Ora invece verrà ricordato come colui che strillava per conservare la poltrona. So che non lo fa per questo, ma per affermare che è una persona perbene, ma quello che comunichi, e soprattutto quello che, non essendo Berlusconi o Renzi, gli fanno comunicare i mass media, è molto diverso. E non è una bella immagine».
Luca Rocca