Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 28/9/2014, 28 settembre 2014
IL NOBEL CHE CI INSEGNÒ A PREVEDERE IL FUTURO
Riprendiamo il filone dei premi Nobel dell’economia. Abbiamo cominciato col primo assegnato nel 1969 e, lenti ma inesorabili, siamo arrivati al 1980, quando il premio fu dato a Lawrence Klein. Cosa aveva fatto per meritarlo? Detto in breve, aveva previsto. No, non aveva previsto che un giorno gli avrebbero dato il Nobel. Aveva affermato che se l’economia serve a qualcosa, deve servire a prevedere. A prevedere come andranno produzione e consumi, investimenti e inflazione... A prevedere, insomma - l’anno prossimo e quelli a venire - dove andrà a parare l’attività economica.
"Que será será" - la famosa canzone, immortalata da Doris Day (chi la voglia riascoltare la può trovare su Youtube: http://www.youtube.com/watch?v=xZbKHDPPrrc) dà in fondo un saggio consiglio: quel che sarà sarà, non arrovelliamoci su quel che può succedere... Una conclusione sulla quale concordano sia la vecchia nonna che, in un grande film messicano (Amores Perros) dice alla nipote: «Se vuoi far ridere il buon Dio, digli i tuoi piani», sia John Maynard Keynes, il maggior economista del Novecento, che vede l’incertezza sul futuro - una incognita a cui nessuno può scampare - alla base di ogni agire economico. Ma il Que será será non è una scusa per non far niente. E Klein fece qualcosa: sviluppò modelli econometrici per prevedere il futuro, proseguendo il lavoro da pioniere di Jan Tinbergen (abbiamo già parlato, il 17-6-2012, di questo primo vincitore del Nobel dell’economia nel 1969). Ma cosa è esattamente un modello econometrico?
Supponiamo che quest’estate, invece di ammollarvi sulla spiaggia o cercar stelle alpine su per i monti, abbiate deciso di guadagnare qualche soldo lavorando in un supermercato. Lo scopo finale è quello di comperare un motorino. Il motorino è un bene di consumo. Lo si paga con i soldi del vostro reddito. Ergo: il consumo dipende dal reddito. Ecco già un primo mattone del modello. Ma il reddito da cosa dipende? Se e quando voi acquistiate il motorino, la fabbrica di motorini riceve i soldi e con quei soldi può pagare il reddito degli operai: il vostro "atto di consumo" crea a sua volta reddito. Quindi il consumo dipende dal reddito e il reddito dipende dal consumo. Il processo economico è circolare.
E non ci sono solo i consumi, ci sono anche gli investimenti. La fabbrica di motorini ha capannoni e macchinari. Perché ha speso quel che ha speso per metter su capannoni e macchinari? Ha speso perché si aspettava di vendere un certo numero di motorini e di venderli a un prezzo tale che permettesse di ricevere un profitto. E da cosa dipende il profitto? Dipende dalla differenza fra costi e ricavi. Fra i costi ci sono i costi del lavoro, quelli delle materie prime e i costi del capitale. E i costi del capitale da cosa dipendono? Dipendono dal tasso di interesse che fa pagare la banca per prestare i fondi necessari. Oppure, se i soldi si vanno a cercare in Borsa, dal compenso (dividendi e guadagni di capitale) che i risparmiatori si aspettano di avere quando forniscono i fondi sottoscrivendo le azioni emesse dalla fabbrica di motorini. E non è finita: da cosa dipendono i tassi di interesse? E se la fabbrica di motorini vuole vendere in America deve fare i prezzi in dollari e per fare i prezzi in dollari deve prevedere quale sarà il cambio del dollaro...
Come vedete, le cose si complicano. Quando cominciamo a riflettere su come funziona un sistema economico, vediamo un intrico di azioni e reazioni e retroazioni. Tutto dipende da tutto, tutto - come diceva Marco Aurelio - fa parte della "grande ragnatela". Bisogna mettere ordine, bisogna "fare un modello". Un modello non è la realtà, è una rappresentazione schematica della realtà che tuttavia, pur semplificando, permette di cogliere i legami essenziali. Si comincia con una serie di equazioni. Per esempio, C=0,8*Y: vuol dire "la gente consuma (C) l’80% del proprio reddito (Y)". Ci sono equazioni per i consumi, per gli investimenti, per i tassi di interesse, per le tasse, per le spese pubbliche...
Tutto dipende da tutto, abbiamo detto. Quindi le equazioni bisogna risolverle tutte assieme, per tener conto di azioni e reazioni (si dice: un sistema di equazioni simultaneo). Ma pur in questa simultaneità bisogna distinguere fra variabili dipendenti (per esempio, il consumo, che dipende dal reddito) e indipendenti (per esempio, le aliquote dell’Iva, che possono essere variate dal governo). Anche le variabili dipendenti, tuttavia, possono agire di testa loro: per esempio, i consumi dipendono dal reddito ma la propensione al consumo (quell’80% di cui sopra) può diventare 70 o 90 a seconda degli "spiriti animali" dei consumatori, della loro maggiore o minore fiducia nel futuro.
Un modello diventa econometrico quando si passa dalla teoria alla pratica, quando si mettono dei numeri accanto ai concetti: i dati calcolati dagli statistici vengono usati come materia prima per calare le equazioni nella realtà. Abbiamo un’equazione che ci dice da cosa dipendono gli investimenti? Mettiamo dei numeri nelle variabili indipendenti e vediamo il risultato per la variabile dipendente (l’investimento). Poi andiamo a confrontare il numero che produce il modello col numero vero, l’investimento rilevato dalla contabilità nazionale. Se i due numeri sono simili, il modello è buono. Se no, torniamo al lavoro, cambiamo l’equazione...
Klein sviluppò le tecniche statistiche e matematiche che permettono la soluzione di grandi sistemi di equazioni, e fu un instancabile assertore dell’utilità di questo approccio alla comprensione dell’economia. Non contento di sviluppare modelli ’nazionali’ - per l’economia americana, per quella inglese, per quella messicana... - si fece promotore di un ’Progetto Link’ per collegare i modelli nazionali così da sviluppare un ’supermodello’ per l’economia del mondo intero. Certamente, la realtà fece di tutto per frustrare l’ambizione di ridurre il pulsare dell’economia a un sistema di equazioni. Guerre, crisi petrolifere, crollo di interi regimi (dissoluzione dell’impero sovietico, ingresso della Cina nell’economia di mercato) sono tutte variabili indipendenti che mandano all’aria le più scientifiche previsioni. E la Grande recessione del 2008-2009 non era stata prevista da nessun modello. Ma niente paura, avrebbe detto il Nostro (che morì un anno fa). Perfezioneremo il modello, affineremo le equazioni, inseguiremo la realtà...
Forse l’ideale di Klein era il fantastico sistema previsivo descritto dal grande scrittore di fantascienza, Isaac Asimov, nella serie di libri della Fondazione. Non solo economia: i maestri della ’Second Foundation’ prevedevano addirittura il corso della storia lungo eoni e galassie. Ma anche loro dovettero combattere con l’emergere di un mutante, il Mulo, e altre riottose variabili indipendenti...
Fabrizio Galimberti, Il Sole 24 Ore 28/9/2014