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 2014  settembre 28 Domenica calendario

«Il Jobs act è la più grande operazione di sinistra immaginata sul mercato del lavoro in Italia da molti anni… Altro che Thatcher!»

«Il Jobs act è la più grande operazione di sinistra immaginata sul mercato del lavoro in Italia da molti anni… Altro che Thatcher!». Quindi, onorevole Gentiloni, Renzi non deve trattare con la minoranza per cambiare alcuni punti? «Come tutte le leggi, anche la legge delega può essere migliorata, ma nei suoi punti essenziali è un’operazione di estensione delle tutele a chi non ne ha. Ed è una gigantesca mistificazione presentarla come qualcosa che limita i diritti: se Renzi avallasse questa mistificazione, anche in piccola misura, il risultato tragico sarebbe o di lasciare le cose come stanno o di fare un ennesimo pasticcio». Chi fa questa mistificazione, la minoranza del Pd? «La minoranza, alcune posizioni sindacali… C’è la tendenza a presentare questa legge che estende le tutele come un’operazione che invece limita i diritti: a questa logica Renzi non può prestarsi». Dalla minoranza fanno notare che Renzi non aveva detto nel suo programma di voler superare l’art. 18… «Stiamo parlando di una riforma che si pone il problema di chi perde il lavoro e non ha diritto alla cassa integrazione, di quelle lavoratrici che decidono di avere un figlio e non hanno il diritto alla maternità, di dare la garanzia di una retribuzione minima a livello orario…». Ma nel programma non diceva di superare l’art. 18… «Io per quattro anni sono stato in minoranza e tante decisioni non so se fossero nel documento con cui Bersani aveva vinto il congresso nel 2009. Chi guida il partito ha il diritto di fare le sue proposte. E chi non le condivide ha il diritto di votare contro in Direzione». Ha il diritto di votare contro anche in Parlamento? «Io in quei quattro anni non ricordo di aver mai votato in maniera diversa dal gruppo. Non si può teorizzare che il principio di attenersi alle decisioni della maggioranza vale se sei tu maggioranza e se sei in minoranza non vale più. Improvvisamente la ditta non segue più le regole basilari di una ditta…». E se qualcuno votasse comunque contro? «Farebbe un grave errore. Non credo che si riunirebbe il Comintern per decretare l’espulsione del dissidente, ma non riduciamo il discorso a una questione disciplinare… La convivenza in una comunità politica si basa su poche regole essenziali: dibattito libero e poi comportamenti parlamentari corretti. Non siamo un club di liberi pensatori». C’è il rischio che vengano a mancare voti al Senato e magari arrivi il soccorso di Fi? «E’ difficile fare previsioni sul comportamento di singoli senatori, ma questa legge è così importante per il governo che fatico a pensare che ci possano essere dissensi rilevanti». Così importante da mettere la fiducia? «Dello strumento della fiducia si è spesso abusato per ragioni di urgenza e di calendario. In qualche caso se ne potrebbe riscoprire la vera natura verificando su un punto fondamentale il sostegno al governo». Su questa riforma sembra essere in atto una resa dei conti dentro al Pd. E’ così? «Non credo ci siano interessi più o meno strumentali o la volontà di mettere il bastone tra le ruote al segretario. Penso una cosa non meno rilevante, però: penso che ci sia in alcune componenti del Pd in maggioranza fino a un anno fa un’idea molto difensiva, e a tratti perfino conservatrice, della nostra politica. Ma un Pd baluardo della difesa dei diritti conquistati dalla sinistra negli Anni 70 non parla oggi alla maggioranza degli italiani».