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 2014  settembre 28 Domenica calendario

Matteo Renzi, aprendo domani la direzione del Pd, inserirà il superamento dell’articolo 18 in un disegno complessivo di riforma che punta a offrire più occasioni di lavoro ai giovani e meno precarietà

Matteo Renzi, aprendo domani la direzione del Pd, inserirà il superamento dell’articolo 18 in un disegno complessivo di riforma che punta a offrire più occasioni di lavoro ai giovani e meno precarietà. Obiettivi da raggiungere attraverso il contratto a tempo indeterminato «a tutele crescenti» (in caso di licenziamento il lavoratore ottiene un indennizzo economico proporzionato all’anzianità di servizio), la soppressione di alcune forme contrattuali precarie, come le collaborazioni a progetto, e un potenziamento di ammortizzatori sociali e politiche di ricollocamento per chi perde il lavoro. In questo quadro, l’abolizione del diritto al reintegro nel posto di lavoro (tranne che per i licenziamenti discriminatori) sarebbe funzionale a un mercato del lavoro più dinamico, con gli stessi diritti e le stesse tutele per tutti i lavoratori dipendenti, superando la distinzione tra quelli delle imprese con più di 15 dipendenti (godono del diritto al reintegro) e quelli nelle aziende fino a 15 (non hanno l’articolo 18). Basterà alla sinistra interna dei Cuperlo, Fassina, Epifani, Chiti, Damiano e altri? La minoranza ha già presentato emendamenti in commissione lavoro del Senato, dove il disegno di legge delega (Jobs act, lo chiama Renzi) che introduce il nuovo contratto a tutele crescenti è in discussione, per ottenere che, dopo una prima fase di 3-4 anni dall’assunzione, dove il licenziamento verrebbe indennizzato, scatti il diritto al reintegro per chi viene licenziato senza giusta causa. «Altrimenti — dice Damiano — avremmo il licenziamento libero per i giovani (l’articolo 18 verrebbe infatti cancellato solo per le nuove assunzioni, ndr ), che sono quelli ai quali dovremmo invece garantire una prospettiva di stabilità». Inoltre, la sinistra reclama l’abolizione dei contratti flessibili e forti stanziamenti per gli ammortizzatori sociali, come sottolinea Stefano Fassina. Anche ieri gli esponenti della minoranza hanno mandato messaggi che suonano come appelli a Renzi a trovare un compromesso, ma senza ottenere risposta. La risposta arriverà domani nella Direzione, convocata per le 17, che verrà trasmessa in streaming. Il presidente del Consiglio e segretario del Pd, Matteo Renzi, potrebbe annunciare la cancellazione dei contratti a progetto e nuovi stanziamenti per gli ammortizzatori sociali con la legge di Stabilità (si parla di un miliardo e mezzo per il 2015). Potrebbe anche dire che vanno dettagliati meglio tutti i casi di discriminazione nel quale il diritto al reintegro non verrebbe messo in discussione, magari estendendoli rispetto alle fattispecie attuali, e proporre un’estensione delle procedure di conciliazione e arbitrato al posto del ricorso alla magistratura, come ha proposto Sergio Chiamparino in un tentativo di mediazione. Ma niente di più. Difficile che alla sinistra basti. Ma Renzi otterrà il voto della maggioranza sulla sua linea e andrà avanti in Parlamento, se necessario anche con il voto di fiducia, anche se Pippo Civati avverte che esiste un rischio scissione perché ha «l’impressione che il premier voglia rompere». Oppure ricorrerà al decreto perché la riforma del lavoro è diventata una priorità del suo governo. La Cgil ha già messo in conto l’eventualità del decreto, tanto che ieri Susanna Camusso, ha avvertito: «In questo caso, risponderemo con lo sciopero generale». Possibilista invece il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco: l’articolo 18 «non è un dogma di fede» ma qualsiasi decisione serve solo «se mira a creare posti di lavoro». Il Nuovo centrodestra, dall’interno della maggioranza, incoraggia invece Renzi a non cedere alle pressioni della sinistra. E con Maurizio Sacconi, presidente della commissione Lavoro del Senato e relatore del Jobs act, avverte: «Non sono accettabili pastrocchi frutto di contorsionismi che scontentano tutti. L’imprenditore chiede di conoscere con certezza cosa succederà nel caso di rottura del rapporto di fiducia con il collaboratore». Insomma no al diritto al reintegro sui licenziamenti senza giusta causa, basta l’indennizzo. Una volta che la delega sarà approvata dal Parlamento il governo avrà 6 mesi per varare i decreti attuativi. Enrico Marro