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 2014  settembre 28 Domenica calendario

Il romanzo. Il misterioso personaggio creato da Claude Houghton che per alcuni avrebbe ispirato Orson Welles per “Citizen Kane” Il nuovo Bartleby che da scrivano diventa burattinaio IRENE BIGNARDI LONDRA , anni Venti, tra le due guerre

Il romanzo. Il misterioso personaggio creato da Claude Houghton che per alcuni avrebbe ispirato Orson Welles per “Citizen Kane” Il nuovo Bartleby che da scrivano diventa burattinaio IRENE BIGNARDI LONDRA , anni Venti, tra le due guerre. Un misterioso signore assume come segretario, senza incontrarlo, sulla pura base di una lettera di autopresentazione, un personaggio grigio e triste, un Bartleby senza futuro, un disoccupato in cerca di mezzi di sussistenza, affidandogli, mentre lui è assente, all’estero, la sua bella e cupa casa di Londra con annessa governante, la sua bizzarra e incoerente biblioteca, un notevole stipendio, e una serie di amici e conoscenti che si materializzano improvvisamente alla sua porta, spesso muniti di chiavi a loro fornite in precedenza dall’assente padrone di casa. E come spesso accade, in un gioco che potremmo chiamare, in omaggio alla commedia di John Guare, “due gradi di separazione”, la sua assenza, la sua persona, la sua leggenda diventano il collante di una serie di rapporti intricati e complessi tra attrazione e repulsione (del gruppo fanno parte anche due bellissime donne, la virginale, bionda, aristocratica Pauline, di alta casta britannica, e la fascinosa avventuriera e miliardaria e bruna e maquillata Francesca), di passioni e gelosie, di intrighi e di segreti: una trama che viene manovrata da lontano attraverso gli effetti della palpabile assenza e dei piccoli aggiustamenti che il misterioso Mr Scrivener (sì, come Bartleby the Scrivener di Melville), gran burattinaio, impone alla sceneggiatura vivente che va costruendo. Io sono Jonathan Scrivener è il libro più noto di Claude Houghton, nato Claude Houghton Oldfield nella profonda Inghilterra di Sevenoaks, nel Kent, poeta, vicino al circolo letterario di Chesterton, autore di romanzi nutriti di curiosi momenti fantastici, filosofici o filosofeggianti, di massime memorabili e urticanti («Noi tutti ci uccidiamo. Ma il suicidio viene riconosciuto solo quando ci facciamo saltare le cervella»). Un autore abbastanza eccentrico e originale da aver catturato, pur con un testo alquanto casto, l’attenzione di Henry Miller, che per anni è stato in corrispondenza con Houghton, e che firma la prefazione del libro togliendosi alcuni sassoloni dalle scarpe contro le «anime raminghe e dannate» che sono gli inglesi, la loro solitudine «abietta e disperata », da fossili umani, la loro «atmosfera di irrealtà senza una via di uscita». Insomma «contro un popolo che è riuscito a rendere la vita così poco interessante». È Miller a introdurci al romanzo con una sua personalissima lettura della storia di Houghton, del suo filosofico distacco, del «quotidiano saturnale del genere umano» che questo singolare testo propone. E, affascinato dal suo potenziale cinematografico (e teatrale), suggerendo due nomi, Buñuel (sì, c’è un profumo da Angelo Sterminatore nel romanzo di Houghton), e Painlevé, il documentarista francese (e se invece alludesse all’omonimo matematico?). Ma del romanzo si è occupata solo la televisione. Non c’è dubbio, Io sono Jonathan Scrivener è un noir anomalo e affascinante, una meditazione sui valori della vita messa in scena con l’abilità narrativa di uno scrittore e che sa costruire la suspense, e con un diabolico finale ironicamente a sorpresa. Ma non esageriamo, verrebbe da raccomandare a chi sostiene che è il modello narrativo a cui si è ispirato Orson Welles nel comporre il ritratto del cittadino Kane, un puzzle visto dai diversi punti di vista di chi lo ha conosciuto. Le date funzionerebbero. È ragionevole l’idea che il grande Herman Mankiewicz, secondo la polemica e maliziosa Pauline Kael il solo vero autore della sceneggiatura di Quarto potere, possa aver letto il libro (del 1930). L’atmosfera di grandioso mistero del romanzo c’è. Ma l’ipotesi spinge le cose troppo in là. E a proposito di realtà ricomposta secondo i punti di vista, allora, perché non tirare in ballo Rashomon? Kane c’è, ha la poderosa presenza di Orson Welles. Scrivener non c’è. O meglio c’è in spirito, presenza assenza pesante e imbarazzante, lungo tutto i libro, fino pagg. 277 — ma su questo punto non diremo una parola di più. Per evitare pericolosi “spoiler” di un libro che è e resta soprattutto un curioso, irrituale mystery. © RIPRODUZIONE RISERVATA È Henry Miller a introdurci al volume con una sua personalissima lettura della storia dell’autore suggerendo i nomi di Buñuel e di Painlevé ILLUSTRAZIONE DI GABRIELLA GIANDELLI IO SONO JONATHAN SCRIVENER di Claude Houghton CASTELVECCHI TRAD. DI A. RICCI PAGG . 277 EURO 18,50