Michele Smargiassi, la Repubblica 28/9/2014, 28 settembre 2014
Quella striscia d’asfalto che attraversa la storia d’Italia non fu pensata per accontentare gli automobilisti, ma per produrli E oggi è lo specchio dei nostri conflitti Mezzo secolo da casello acasello L’AFFIDARONO a san Francesco, promosso a protettore dell’Italia motorizzata
Quella striscia d’asfalto che attraversa la storia d’Italia non fu pensata per accontentare gli automobilisti, ma per produrli E oggi è lo specchio dei nostri conflitti Mezzo secolo da casello acasello L’AFFIDARONO a san Francesco, promosso a protettore dell’Italia motorizzata. Nel giorno del patrono, il 4 ottobre del 1964, un’Italia incredula del proprio benessere esorcizzò l’Autostrada del Sole con benedizioni e orazioni (si cantò un Te Deum ) in diretta Rai. A Firenze Nord, nel primo chiesa-grill del mondo, firmato Michelucci, si levò una prece contro i rischi della “smania di velocità”. I benzinai vendevano le targhette con san Cristoforo, finestrina per la foto dei figli e scritta dorata “papà non correre”. Un soporifero Aldo Moro, premier in carica, tagliò il nastro ammonendo in gergo moroteo «le rivoluzioni tecnologiche possono creare squilibri se non sono integrate e dirette dall’azione compensatrice dei pubblici poteri». SEGUE NELLE PAGINE SUCCESSIVE MICHELE SMARGIASSI INSOMMA la biscia d’asfalto lunga 775 chilometri incuteva orgoglio e apprensione insieme, come una figlia che si laurea, ma dopo chissà come si comporterà. Mezzo secolo fa, un’autostrada era un oggetto sconosciuto. Avevano cominciato a costruirla otto anni prima senza neanche sapere cosa fosse uno svincolo, e l’ingegner Cova, mister Autosole, era andato in America a copiarli. Né sapevano bene a cosa sarebbe servita. Nel ’64 gli italiani avevano cinque milioni di auto, una ogni dieci abitanti. Dopo la Millecento a cui l’esattore Pasetti staccò il biglietto numero 1, nel primo anno si presentarono ai caselli appena seimila vetture al giorno: quattro al minuto. Lunghe pause di silenzio sulle carreggiate. L’autostrada non nacque per accontentare gli automobilisti, ma per produrli. La vollero industriali affamati di mercato: Fiat, Pirelli, Italcementi, Eni, regalarono il progetto a una Repubblica esitante, a un’Anas che non lo voleva e infatti lo lasciò fare all’Iri. Più che un’opera, si inaugurò quel giorno «un aspetto della vitalità del popolo italiano», così lo stentoreo speaker della Incom. Sul tratto Magliano-Orte, ultimo diaframma fra Milano e Roma, si scoprirono due grandi frecce che dicevano solo “Nord” e “Sud”. Nuovo Risorgimento, la spina verticale dello Stivale voleva unificare, saldare. Pasolini lo capì: per lui l’Autosole era un «momento nuovo dell’unificazione linguistica», cioè dell’omologazione anti-popolare che lo disgustava. Celebrata a San Donato Milanese da un cippo marmoreo intriso di mito imperial-romano, la retorica primatista dell’A1 (prima lettera, primo numero) non era più quella mussoliniana della «costruttiva potenza italica» che s’era poi risolta in autostradine da gita domenicale. No, l’Autosole era una metafora nazionale. Doveva portare al Sud le fabbriche del Nord. Finì per portare al Nord gli operai del Sud. Poi, quando la Fiat ad agosto chiudeva, famiglie operaie in Seicento con plaid e i cuscini all’uncinetto nel lunotto consumavano incolonnate sull’asfalto quel che avevano appena finito di produrre. Fu un’epopea cantieristica. Veloce, efficace come mai più sarebbero state le opere pubbliche di questo paese. Spartiacque epocale tra due Italie, inumazione del dopoguerra, certificazione del boom. Olimpiadi di Roma, lira moneta forte. Togliatti stava per spegnersi a Yalta. Concepita postbellica e centrista, l’autostrada democristiana nacque di centro-sinistra e consumista. Riuscì ad essere la nostra convincente versione della modernità. Il MoMa la espose come “opera d’arte italiana”. Ben prima che Marc Augé iscrivesse l’autostrada fra i suoi non-luoghi, gli intellettuali avevano capito che era «un luogo astratto fra i palpiti dei fanalini di coda » (Zavattini), un mondo inquietante vegliato dalle divinità maligne dell’Incidente e dell’Ingorgo, spesso in combutta fra loro. Luogo perfino poco “italiano”, tant’è che nel ’62 Dino Risi il suo Sorpasso lo girò sulla statale Aurelia. Ben prima di Robert Venturi, i nostri industriali dei biscotti e dei panettoni avevano “imparato da Las Vegas” inventando l’autogrill, architettura neo-eclettica che creò nuovi toponimi popolari (Roncobilaccio, Cantagallo...); quello di Fiorenzuola fu il primo “a ponte” in tutta Europa, ci pranzavi (con menù studiati per “non dare sonnolenza”) guardando le macchine sfrecciarti sotto i piedi: la civiltà dell’auto dava spettacolo di se stessa. Cinquant’anni dopo, la rottura antropologica è consumata. L’autostrada nostra quotidiana è fra noi. Ma è diversa da come la immaginavano i padri fondatori. Meno paurosa, intanto. Forse è merito di Tutor o dell’asfalto drenante, ma è quasi andata in pensione la “paurosa carambola sull’autosole”, scioglilingua del tigì durante gli “esodi” e i “controesodi” estivi: la mortalità autostradale è scesa del 70% dal ’93 a oggi, ben sotto quella della viabilità ordinaria. Ma lo scontro fisico è diventato sociale. L’autostrada non ha unito l’Italia ma s’è fatta specchio dei suoi conflitti, delle sue diseguaglianze e nevrosi e furberie. Arroganza delle cilindrate, lampeggiamento di fari al pezzente che non si leva di mezzo per far passare il potente che va ai centottanta, il cronometraggio “da casello a casello” misura della virilità. La gerarchia delle corsie come metafora della competizione sociale, chi viaggia su quella di destra è un perdente. La stazione di servizio unica occasione di incontro interclassista, pronto a esplodere nel “ceroprimaio” delle file alla cassa del caffè. La usiamo, oggi, l’autostrada, in modo diverso. Più spesso, ma anche meno a lungo: la percorrenza media è scesa ad appena 67 chilometri, 13 in meno in vent’anni. Da risorsa per il viaggio lungo (ora ci pensano i voli low-cost e i treni alta velocità) sempre più spostamento breve e quotidiano. La più lunga strada d’Italia si spezzetta in percorsi da mezz’ora. Piacerebbe alla Società Autostrade che fosse l’effetto del suo marketing territoriale (negli autogrill il programma Sei in un paese meraviglioso invita a prendere la prima uscita e visitare i dintorni). A guardare le tratte più congestionate, tutte a ridosso delle metropoli, sembra invece una conseguenza dell’ urban sprawl , del decentramento abitativo, della proliferazione di quei “quartieri residenziali immersi nel verde” che producono centinaia di migliaia di pendolari obbligati a incolonnarsi mattina e sera negli imbuti dei caselli, uno per vettura, unica compagnia i bollettini di Isoradio. Nata per affratellare il popolo italiano, l’Autostrada del Sole, due volte al giorno, diventa l’autostrada dei soli. © RIPRODUZIONE RISERVATA MILANO-NAPOLI LA MAPPA DEL PERCORSO DELLA A1. PER COSTRUIRLA SERVIRONO 15 MILIONI DI GIORNATE LAVORATIVE, 16 MILIONI DI METRI QUADRI DI PAVIMENTAZIONE, 53,8 MILIONI DI METRI CUBI DI TERRA SCAVATA E 5 MILIONI DI METRI CUBI DI MURATURE E CALCESTRUZZO LE IMMAGINI LE FOTOGRAFIE PUBBLICATE PROVENGONO DALL’ARCHIVIO DI AUTOSTRADE PER L’ITALIA E FANNO PARTE DELLA MOSTRA CELEBRATIVA IN PROGRAMMA SABATO PROSSIMO ALLA CHIESA DI SAN GIOVANNI BATTISTA (CAMPI BISENZIO, FIRENZE) SULLA A1 ••• GABRIELE ROMAGNOLI NAZIONALE - 28 settembre 2014 CERCA 28/29 di 64 R2 Copertina GABRIELE ROMAGNOLI I N CINQUANT’ANNI a casello”. Il record di percorrenza contromano venne stabilito una notte di giugno del 2010 da una trentenne di Peschiera Borromeo, in evidente stato di ebbrezza. Al volante di una Fiat Panda rossa, occupava nel senso vietato la corsia di sorpasso, inducendo dozzine di vetture a schivarla e provocando incidenti minori. Eludeva per due volte la cattura, in una circostanza addirittura fermandosi, scendendo e mettendosi a ballare. Invece di arrestarla, agenti e camionisti la osservavano, consentendole di repentinamente ripartire. Infine bloccata, verso Reggio Emilia, aveva percorso 50 km controcorrente. GABRIELE ROMAGNOLI QUALCHE CENTINAIO , invece, i metri percorsi da uno yorkshire nella corsia di marcia regolare. Tra tanti cani abbandonati, questo era accudito con benevolenza e fatto scendere per una sosta refrigerante nel caldo agosto del 2009, all’altezza di Parma. Ripartendo, il proprietario non si avvedeva che il guinzaglio era rimasto incastrato nella portiera. Lo strombazzare degli automobilisti dietro di lui evitava il peggio. Un mese: questo è il record di “residenza” sull’Autosole. Agosto 1995. Un camion partì da Zagarolo diretto a Targoviste, in Romania. Trasportava macchine per fare la pasta. A bordo c’erano due guidatori pronti a darsi il cambio per arrivare a destinazione senza soste, tanta era la fretta. Poco dopo Flaminia est il veicolo ebbe un guasto. La riparazione si rivelò né facile né immediata: occorreva un pezzo di ricambio che andava ordinato. Non possedevano telefoni cellulari. Utilizzarono tutti i gettoni per avvisare il datore di lavoro. Al giorno 16 di permanenza nella stazione di servizio Liviu Auxina e Virgil Chicescu dichiararono: «Speriamo che il proprietario del camion abbia avvertito le nostre famiglie: non vorremmo che si preoccupassero». Il più circostanziato avvistamento di Ufo sull’Autosole avvenne alle 18 dell’8 dicembre 1976 nei pressi del fonte sul fiume Panaro. Oltre a decine di automobilisti, lo segnalarono due attendibili agenti della Polstrada, distaccamento Modena Nord: Adolfo Di Lauro e Stefano Cristiani. L’oggetto era a un’altezza di cinquecento metri e si presentava come un grande cerchio bianco fosforescente che mandava una luce abbagliante e, sopra di questa, un’altra luce circolare rossa meno intensa. Apparizione ancor più insolita ebbe un casellante alla barriera di Parma, alle quattro di una notte di agosto del 1995. Assopitosi, fu risvegliato da un concitato battere al vetro. Aperti gli occhi si trovò davanti un uomo nudo e terrorizzato. Alle sue spalle una Golf grigia sgommava via. L’impiegato dell’Autosole staccava dal proprio abitacolo una tendina parasole per consentire all’insolito passante di coprirsi le parti intime. L’uomo, sposato e padre di due figli, aveva caricato una prostituta a Milano, zona San Siro. Lei gli aveva proposto di fare sesso in presenza del suo uomo, offerta inspiegabilmente accettata. Nel momento cruciale il terzo incomodo, fin lì immobile e silente, aveva estratto una lama. Il pater familias, era stato svestito del poco che gli restava, infilato nel bagagliaio e trasportato verso ignota destinazione. Al casello, rivelando un’astuzia fin lì insospettata, si era liberato. Nel più rocambolesco incidente mai avvenuto sull’Autosole, nel novembre del 2011 un’auto in prossimità di Orvieto sbandò, travolta da un’improvvisa marea di rotoli di carta igienica. Gli occupanti, feriti, proruppero all’unisono in cambronniane esclamazioni. È un fatto noto quello che accadde nell’estate del 1973. L’allora segretario del Msi, Giorgio Almirante, in compagnia della moglie (donna Assunta), pranzò nell’area di servizio Cantagallo. Accortisi della sua presenza, i dipendenti rifiutarono di servirgli frutta e caffè. Meno noto è che, negli anni a venire, mentre il Msi diveniva An, quell’autogrill alzava l’insegna Fini. Tra tanti venditori di “pacchi” sull’Autosole, fa tenerezza il truffatore Alberto Bartolini, anni 49, arrestato nel 1995 in un’area di servizio prossima a Melegnano. Si procurava tagliandi del vicino casello passandoci e ripassandoci a marcia indietro. Quindi, appostato nel parcheggio, li rivendeva a camionisti venuti dal Sud il cui pedaggio sarebbe stato ben più alto. Lieto fine, anzi inizio per il piccolo Sebastian. Venne alla luce il 18 giugno 2004 pochi metri oltre il casello di Magliano Sabina, sull’autostrada incautamente imboccata dai genitori, islandesi in trasferta. La madre iniziò a partorire sulla corsia di emergenza. Il padre accese le quattro frecce e pregò. Il cielo inviò una pattuglia composta dagli agenti Tiziano Capuani e Carlo Ciabacchini. Quando si avvicinarono alla vettura la testa di Sebastian già faceva capolino. Il resto fu senza ingorghi né incidenti. © RIPRODUZIONE RISERVATA sulle carreggiate dell’Autosole è inevitabilmente successo di tutto. Questo è un repertorio di mirabolanti fatti di cronaca accaduti “da casello