Michela Tamburrino, La Stampa 27/9/2014, 27 settembre 2014
“ECCO LA NOSTRA NAPOLI SIGNORA TERRA DI PENSIERO”
Una carezza al cuore di chi ama Napoli ma una Napoli gentile, sottotono per scelta, la Napoli borghese dei versi che si cantano, dei ricordi a tutto sguardo, dei grandi personaggi, dei palazzi storici. Una Napoli assordata dalla Napoli delle pistolettate, una Napoli col sangue che scorre nelle vene e non sull’asfalto. È la Napoli di Raffaele La Capria e di Renzo Arbore che si incontrano a Roma, lo scrittore, un napoletano verace che vive nella capitale da tempo immemore, lo showman, un foggiano che ha fatto di Napoli la sua casa artistica. Ne è nata Napoli Signora, un documentario ideato e diretto da Fabrizio Corallo che si è visto in anteprima ieri nel giorno conclusivo del Prix Italia e che andrà in onda domani alle 22 su Raistoria a cura di RaiCultura per i Magazzini Einstein. «Napoli Signora di cui abbiamo chiacchierato - dice Arbore - è quella nobilissima dei grandi poeti, degli intellettuali, di cui non si parla».
«La Napoli dimenticata - dice Raffaele La Capria - l’altra faccia di una città che ha dato i natali a Benedetto Croce, Salvatore Di Giacomo, Sebastiano Maffettone. Dei De Luca, dei Rosi. Amata persino da Donizetti che, bergamasco, le dedicò «Canzone marenara». Quella città che non si è saputa raccontare nei romanzi così come ha saputo fare quella siciliana descritta da De Roberto e Tomasi di Lampedusa. Invece ha eccelso nel pensiero e nella speculazione filosofica». Una città che lo scrittore di Ferito a morte e di Capri e non più Capri, ora guarda da lontano, con senso critico, unica condizione per poter capire le sue due facce. Ma lei che ha sempre rifuggito dagli stereotipi e dal folklore, è in sintonia con Arbore accusato di portare a spasso la Napoli da cartolina? «La coreografia Arbore la sa fare con simpatia per la città e questo lo riscatta da tutto». Ma è proprio Arbore che ricaccia con furia questa accusa: «La Napoli da cartolina, certo ed è una delle immagini più belle che si possono vedere. Un po’ come la New York dello skyline. È la mia Napoli quella lontana dai cliché. La retorica è portare in giro Le Vele, Secondigliano, Scampia. Il mio è anticonformismo, perché canto quello che a Napoli non si vorrebbe più cantare».
La Napoli che riempie i teatri per Era di maggio che apre il documentario, forse la più bella canzone mai scritta in vernacolo. E per le sue sorelle. «Giuste le denunce, sacrosante - precisa Arbore - ma ricordare la città di quelli perbene è doveroso È una Napoli silente, questo sì, colpevole del troppo tacere, che scuote la testa e manda avanti il lavoro. Il mio è un amore fuori ordinanza, è ammirazione per la positività. Io e Dudù (così affettuosamente gli amici chiamano La Capria) l’abbiamo raccontata come un’operina timida». L’autore che con Rosi scrisse il film-atto d’accusa Le mani sulla città, ricorda la civiltà dell’accoglienza e dei modi gentili a contrastare quella dei camorristi. «L’ho fatto volentieri questo omaggio, Voglio bene ad Arbore, è intelligente, raffinato, creativo». Ma se dovesse scegliere una canzone, qual è la sua più amata? «A Firenze il 2 ottobre ci sarà una riunione di scrittori napoletani che hanno il dovere di indicare una canzone e, potendo, anche di cantarla. Io me ne vergogno ma vorrei intonare, con voce sommessa, perché così si cantano le canzoni napoletane, Palomma ’e notte con versi di Di Giacomo. Parla di una farfalla che si avvicina troppo a una candela e rischia di bruciarsi le ali. La fiamma è la passione, l’amore».
Michela Tamburrino, La Stampa 27/9/2014