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 2014  settembre 27 Sabato calendario

VITA DA JIHADISTA STIPENDIO, VITTO E ALLOGGIO ASSICURATO

Che bel mestiere fare il combattente jihadista. Nella Siria dilaniata dalla guerra tra il regime di Assad e i ribelli, dove se si sopravvive ai bombardamenti e ai cecchini si rischia di morire di fame i combattenti delle khatiba, le brigate, islamiche hanno vitto e alloggio (sicuro) garantito. Armi e vettovagliamenti fanno parte delle forniture dei miliziani che si arruolano con l’Isis - o con Al Nusra - ma con i primi che sono visibilmente meglio equipaggiati e meglio nutriti.
Ma tra le fila dei guerriglieri islamici un solco netto divide i siriani dagli “stranieri” le migliaia di giovani che hanno ingrossato il nucleo iniziale dei ribelli che combattono sotto la bandiera nera del Califfato.
Nata ad Aleppo ed espansasi verso l’Iraq, la strategia delle truppe di Al Baghdadi, è frutto proprio del braccio di ferro tra i due gruppi: per gli autoctoni la difesa di Aleppo e la guerra contro il raìs alauita di Damasco era la priorità che dettava la loro jihad. Per gli “stranieri”, soprattutto gli occidentali (contati ormai attorno alle 3.000 unità e spesso non così osservanti dei dettami religiosi), la città-martire siriana era solo un trampolino di lancio per la loro Guerra santa totale, che ha nel mirino l’Occidente dal quale provengono.
La linea di frattura tra le anime dell’Isis distingue anche i caratteri: i siriani sono più attenti al lato assistenziale, all’aiuto della popolazione civile, ridotta allo stremo dal conflitto: e l’impegno umanitario è stato fondamentale nella popolarità, nell’impennata di consensi, dei nuclei iniziali dello Stato islamico. Utile anche nella campagna di reclutamento che ha attirato in pochi anni migliaia di combattenti dai paesi musulmani impegnati nelle loro lotte regionali. Dai ceceni anti-russi ai tunisi (insieme ai sauditi il gruppo più nutrito che innerva l’esercito islamico, composto di circa 50mila unità) nella capitale del Califfato - Raqqa, bombardata in questi giorni dall’alleanza arabo-occidentale e da dove rare voci e immagini raccontano di una città asservita alle truppe jihadiste - sono loro le autorità militari e politiche. Impegnati nel mantenimento dell’ordine pubblico - come la brigata Umm Layth composta di sole donne, rigorosamente single, che guadagnano circa 150 dollari al mese - i miliziani (maschi) dell’Isis si sarebbero visti alzare la paga mensile a 400 dollari dopo la conquista dei pozzi petroliferi siriani di Deir ez-Zor (il greggio viene venduto sottobanco attorno ai 40 dollari al barile in Turchia, Iran, Giordania). Gli introiti del Califfato si basano sulle tasse cittadine, sui sequestri (almeno 10 gli stranieri liberati dopo pagamento di riscatto negli ultimi mesi), ma soprattutto sui finanziamenti indiretti dai paesi del Golfo Persico e anche dall’Europa.
Il denaro ha aiutato l’ascesa dell’Isis, la cui mitica capacità militare è in realtà l’abilità di occupare lo spazio lasciato da altri, come accaduto a Raqqa, dove i capi tribali hanno cambiato alleanze favorendo il Califfo. A proposito di al Baghdadi, è ormai dato per certo che la conversione dell’ex brigante-trafficante (e non solo educatore islamico, secondo la vulgata dell’Isis) nato a Samarra (Iraq) nel ‘71 sia avvenuta nel carcere ‘americano’ di Camp Bucca una decina di anni fa, dopo essersi fatto togliere i tatuaggi che poco piacciono agli islamici radicali.
Stefano Citati, il Fatto Quotidiano 27/9/2014