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 2014  settembre 27 Sabato calendario

PRIMA DI SPOSARSI, SIA CIVILMENTE CHE IN CHIESA, GLI EREDI DI STALIN, DOSSETTI E CIRIACO DE MITA AVEVANO CONVISSUTO A LUNGO NEL PECCATO

Non è un partito solo. Non è mai stato, anzi, un partito solo (neanche quando era un partito unico, dai tempi di Togliatti a quelli del Pds-Diesse). Sono stati sempre due partiti, fin dalla fondazione, quando il Pd era ciò che restava del compromesso storico berlingueriano: postcomunisti ed ex democristiani di sinistra infine convolati a giuste nozze. Benché a lungo, prima di sposarsi sia civilmente che in chiesa, gli eredi di Stalin e quelli di Giuseppe Dossetti e Ciriaco De Mita avessero convissuto nel peccato, quello era l’incontro tra due tradizioni diverse.
Adesso i partiti sono sempre due, anche se la tradizione è già da tempo una sola: quella della sinistra filantropa, solidale e keynesiana. Spaccata in due, come la testa di Newton se a cadere dall’albero sotto il quale meditava la natura dei «gravi» non fosse stata una mela ma una noce di cocco, la tradizione della sinistra italiana ha generato i due partiti che da qualche tempo s’affrontano a cornate su Twitter e in parlamento: la sinistra-sinistra, fedele agl’ideali di gioventù di Pier Luigi Bersani, e la sinistra rosé del premier che si dà del «ragazzo» da solo e che, quando viene ricevuto dai Clinton, parla a macchinetta nel suo inglese da fastfood e l’ex presidente Usa, che chiaramente non capisce una parola, gli lancia uno sguardo insieme severo e perplesso, persino un po’ offeso (Hillary non si sforza nemmeno d’annuire per compiacere l’ospite, come si fa in questi casi, ma se ne sta in un angolo con espressione afflitta). Anche Renzi e Bersani o D’Alema — quando s’incontrano, e non deve succedere spesso — non si capiscono, neanche sforzandosi al massimo. Ciascuno parla il politichese da ristorante dell’altro e non ci sono interpreti, a parte il presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, che conosce entrambe le lingue, e che potrebbe contribuire alla comprensione reciproca, ma che non si presta a fare da paciere.
Forse, a pensarci, sono più di due partiti. Forse, all’interno della sinistra-sinistra, i partiti sono legione, come i demoni che avevano invasato il tizio della parabola. C’è stato un tempo in cui alcuni sapevano distinguere un’anima della sinistra-sinistra dall’altra. C’erano i kabulisti d’Armando Cossutta, i movimentisti blasé alla Bertinotti e i blasé e basta di Walter Veltroni; c’erano i baciapile radicals dell’ala dura e pura della Margherita, gli extraparlamentari d’antan che invece di restar fedeli (come Bersani) agl’ideali di gioventù s’erano convertiti al verbo revisionista. Ora sono tutta una zuppa. Impossibile capire da quale fazione e storia politica provengano o che cosa si propongano precisamente di fare. Vogliono il nome in cartellone: tutto qui, non sanno altro. Sono stati banditi dal palcoscenico e ora, al centro della scena, con tutti i riflettori puntati su di lui, c’è il loro peggior nemico: il ragazzo meraviglia, che si prende tutti gli applausi qualunque cosa faccia (anche niente).
C’è una ragione, del resto, se le cose si sono messe così male. Cacciati dalla scena lo scorso anno, dopo le ultime elezioni politiche, quando gli elettori hanno votato «per allegria» Beppe Grillo e i suoi cospirazionisti, per un anno s’erano sentiti di rado. Non ci ricordavamo più bene che cosa dicessero e come lo dicessero. Ora che il «bacio», se si può dire così, dell’annunciata riforma del lavoro l’ha destata dal suo sonno stregato, la «vecchia guardia» è tornata a parlare. Aritanga «i diritti del lavoro», «la dignità del lavoro», «la rara bellezza del lavoro», «l’haute couture del lavoro». Aritanga persino, auspice Roberto Benigni, «la futura società».
Popolo «dal braccio d’oro», come Frank Sinatra nei panni del tossico in un celebre film, ci siamo disintossicati da questa retorica insulsa e pisquana che per settant’anni ha inchiodato la sinistra italiana a sognare utopie socialisteggianti sul pagliericcio da fumatori d’oppio dell’anticapitalismo pop, e nessuno vuol ricadere nel vizio. Svanito il centrodestra, con le sue pillolette magiche, per lo più blu Viagra, tra la sinistra italiana e il partito dell’ideologia pesante, non c’è che il partito dell’ideologia leggera di Matteo Renzi. Ringraziamo che a sinistra non ci sia più il partito unico.
Diego Gabutti, ItaliaOggi 27/9/2014