Renato Franco, Corriere della Sera 27/9/2014, 27 settembre 2014
TALK, CROLLA ANCHE SANTORO
La crisi di inizio stagione dei talk show è nei numeri e la caduta del maestro del genere, l’ultimo ad apparire in video, non fa che aggiungere la firma sul quadro. L’altra sera Michele Santoro con il suo 5,7% di share (1.203.000 spettatori) ha ottenuto un risultato che forse gli potrebbe far pensare che sarebbe stata questa la stagione giusta per dire basta al suo Servizio Pubblico e non la prossima come ha annunciato l’altro giorno. Il dato è basso non solo rispetto all’esordio (dimezzato) della stagione scorsa (11,4% con 2.462.000 spettatori), ma in assoluto è il suo secondo peggior risultato Auditel di sempre (l’ultima puntata della scorso anno si fermò al 5,6% di share).
I marchi forti faticano. Dopo la buona partenza (11,8% alla prima puntata), dopata anche dalla presenza di Benigni, il nuovo Ballarò firmato da Giannini ha avuto un tracollo nella seconda, scendendo al 6,5%. La striscia giornaliera di Floris per ora è sospesa, ma galleggiava nelle paludi del 2%, il suo diMartedì ora è salito al 4,2%. Chi è in controtendenza è Luca Telese, che fa meglio dell’anno scorso: «Non penso a una crisi del talk — spiega il conduttore di Matrix —, ma alla crisi del modello bipolare che automaticamente veniva applicata al talk. Il vecchio format destra/sinistra più il fatto del giorno è ormai obsoleto, il trombone autorevole che parla con il voltaggio da vecchio circolo di partito ora fulminerebbe qualunque lampadina. Però il talk è uno spazio metafisico immortale, la strada è quella di trovare una nuova polarità che sia in grado di animarlo. Io credo nella tv che racconta il meglio e il peggio di quello che ci circonda: la fotografia di quello che succede. La scontro tra berlusconismo e antiberlusconismo non c’è più, bisogna cercare una nuova formula che colga lo spirito del tempo».
Urbano Cairo, editore di La7, ha puntato tutto sul genere costruendo un palinsesto di prima serata dedicato all’approfondimento: «Avere un genere che totalizza il 10/11% di share non è affatto da buttar via». Il risultato — analizza — è la somma di Giannini e Floris, di Porro e Santoro. «Non sono scontento dei dati, si tratta di vedere chi vince i duelli: Santoro l’anno scorso non aveva competitor, mentre ora ha Porro; Formigli sfida Del Debbio; Paragone se la deve vedere con le inchieste di Iacona. Quanto a Floris ci vuole tempo perché diventi un volto della rete. Intanto nella seconda puntata diMartedì è cresciuto del 30% rispetto alla prima, mentre Ballarò ha perso il 40%: i numeri dei due programmi ora sono vicini e io comunque ho raddoppiato lo share del martedì rispetto a un anno fa. Concordo con quello che ha detto Giuliano Ferrara: la parola non va mai in crisi, la parola è il sale della comunicazione».
Carlo Freccero, osservatore acuto e mai banale della tv di oggi, spiega così il calo di Santoro: «Non fa più evento. Lui è sempre stato in qualche modo visione, partito mediatico. In Rai il suo era l’unico programma di opposizione, era differenza e rottura. Ora si è omologato alla rete in cui si trova e il contesto determina anche il testo». Ragiona per immagini: «Il talk è un game travestito: o bianco o nero. Ma se manca il duello, non c’è gioco e il pubblico si astiene, come alle elezioni politiche. L’astensionismo dà la misura della crisi del talk. E poi la vita sociale non conta più, conta molto di più la vita privata: l’unico talk che vince sarà quello di Maria De Filippi».
Renato Franco