Luca Castelli, La Stampa 27/9/2014, 27 settembre 2014
L’INATTESO RITORNO
DEL DISCO IN VINILE
NELL’ERA DIGITALE
Luca Castelli
È una strana bestia, la musica. Ed è ancora più strano il modo in cui decidiamo di ascoltarla e acquistarla. Prendiamo il vinile, il glorioso 33 giri. All’inizio degli Anni 90 il trionfo del cd sembrava averlo mandato in pensione, allo svoltare negli Anni Zero l’arrivo dell’iPod suonò come un requiem: il mondo guardava avanti e dal disco nero si passava alla rotella bianca con cui comandare gli Mp3 sul lettore portatile. E invece nel bel mezzo dei nostri Anni Dieci il vinile è tornato a sorridere.
I suoi indicatori sono positivi un po’ ovunque: negli Usa si è passati dai 300 mila lp venduti nel 1993 ai sei milioni del 2013 (con volumi sestuplicati negli ultimi sei anni), a Londra hanno ricominciato ad aprire nuovi negozi di dischi e anche in Italia, lo scorso anno, si è registrato un notevole +26% nelle vendite.
Tutto ciò, mentre il resto del mercato musicale soffre, a cominciare dai sostituti designati: il cd è in caduta libera più o meno dal giorno in cui la musica ha iniziato a circolare su Internet; l’iPod - quello classico - è appena stato tolto dal mercato da Apple dopo un ciclo vitale di appena 13 anni, soppiantato da altre abitudini moderne chiamate smartphone e streaming.
Non bisogna pensare che quella del Vinyl Revival (come lo definisce Wikipedia, che al fenomeno dedica una voce) sia una favola: arriva accompagnata da tante interpretazioni e altrettante contraddizioni. C’è chi spiega che le performance commerciali sono legate a dimensioni ridotte: rispetto ai sei milioni di vinili negli Usa si vendono ancora 165 milioni di cd l’anno; chi continua a ripetere che si tratta di una moda, legata più all’estetica vintage dell’oggetto che all’ascolto della musica che contiene; e chi non manca di sottolineare i lati meno simpatici del rimbalzo, vedi i battibecchi tra le etichette discografiche attorno alla capacità di produzione delle poche fabbriche rimaste in grado di stampare 33 giri.
Tutti aspetti che non preoccupano più di tanto il pubblico che affolla le fiere specializzate o i negozi che aderiscono al Record Store Day, e che ora gode di visioni più incoraggianti: per esempio quella di un universo in cui un giorno gli U2 lanciano a sorpresa un nuovo album solo in versione digitale e il giorno dopo il cantante dei Radiohead stuzzica i fan mostrando su Twitter l’immagine di un misterioso vinile bianco. Come se anche gli artisti volessero confermare la convivenza possibile - addirittura necessaria - tra vecchio e nuovo.
La stessa che si insegue con alterni risultati in altri settori (a cominciare da quello dell’informazione) e che risplende in un anno simbolico, il 2007. Quello in cui da un lato il lancio dell’iPhone ha aperto l’ennesima frontiera e dall’altro è partito il boom nell’acquisto di vinili. Forse solo una coincidenza, ma niente male.