Varie 26/9/2014, 26 settembre 2014
APPUNTI PER GAZZETTA - DE MAGISTRIS FA IL PAZZO
1 - WHY NOT: ANM, DICHIARAZIONI DE MAGISTRIS INACCETTABILI
(ANSA) - - L’Associazione nazionale magistrati "giudica gravi e offensive le dichiarazioni rese dal sindaco di Napoli Luigi De Magistris nei confronti dei giudici del Tribunale di Roma in relazione alla sentenza emessa nei suoi confronti". Parole "tanto più inaccettabili - sottolinea l’Anm - poiché provenienti da un uomo delle istituzioni".
In una nota l’Anm "pur non entrando nel merito della vicenda giudiziaria, osserva che le espressioni usate vanno ben oltre i limiti di una legittima critica a una sentenza, perché esprimono disprezzo verso la giurisdizione. Si tratta di parole - conclude l’Anm - tanto più inaccettabili poiché provenienti da un uomo delle istituzioni che ha per anni anche svolto la funzione giudiziaria".
2 - WHY NOT: DE MAGISTRIS, RISPETTARE SENTENZE,MA QUESTA FA ACQUA
(ANSA) - "Le sentenze devono essere rispettate, anche criticate e raccontate, ma questa è una sentenza che giuridicamente fa acqua da tutte le parti". Lo ha detto il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, commentando la sentenza di condanna nei suoi confronti, in primo grado, per l’inchiesta Why not.
"Una sentenza intrisa di violazione di legge - ha affermato - un procedimento penale portato avanti da Achille Toro, un magistrato oggi coinvolto nei fatti del G8 che ha patteggiato". "Non si comprende perché questa sentenza sia stata emessa dal tribunale di Roma - ha aggiunto - visto che sui magistrati di Catanzaro avrebbe dovuto procedere il tribunale di Salerno, dove guarda caso è in corso un processo in cui io sono parte civile".
"Ho subito 90 procedimenti penali, sono questioni archiviate tranne questo che si è svolto a Roma - ha sottolineato - e non si sa perché a Roma". "Addirittura - ha concluso - vengo condannato per la vicenda Mastella quando il tribunale di Salerno aveva già archiviato la faccenda".
3 - WHY NOT: DE MAGISTRIS, POTERI FORTI? NO, CRIMINALI: "NON CI FAREMO PIEGARE DA QUESTA MELASSA PUTRIDA"
(ANSA) - "Non li chiamerò più poteri forti, ma li chiamerò poteri criminali, sistema criminale". Lo ha detto il sindaco di Napoli, Luigi de Magistris, parlando - durante il Consiglio comunale riunito per la sessione di bilancio - della sentenza di condanna in primo grado che lo ha colpito.
"Non ci faremo piegare da questa melassa putrida che mette insieme pezzi di Stato che non hanno il coraggio di dirti in faccia che ti vogliono abbattere - ha aggiunto de Magistris - ma cercano sempre dietro le quinte di fregarti con procedimenti giuridici". "Ho trovato più coraggio in alcuni criminali che quando ti avvicinavi alla gabbia ti dicevano che tu eri lo Stato e loro i criminali e te lo dicevano in faccia - ha aggiunto - Qui ci sono persone che si nascondono dietro le vesti dello Stato, ma sono più criminali di quelli che stanno nelle gabbie".
ANCORA DAGOSPIA (ANSA)
1 - DE MAGISTRIS,VADO AVANTI,SI DIMETTANO GIUDICI WHY NOT
(ANSA) - "Mi chiedono di dimettermi per questa condanna, ma guardandosi allo specchio e provando vergogna devono dimettersi quei giudici (della sentenza ndr)": Così in consiglio comunale il sindaco Luigi De Magistris. "Sono fiducioso che questa esperienza di governo possa andare avanti fino al 2016".
2 - DE MAGISTRIS, C’È UNO STATO PROFONDAMENTE CORROTTO
(ANSA) - "Siamo di fronte a uno Stato profondamente corrotto", dice in Consiglio comunale il sindaco Luigi De Magistris, ribadendo di essere "uomo delle istituzioni" e di non volersi "far trascinare" a perdere tale fiducia. "Le istituzioni sapranno riparare a queste violazioni di legge", ripete riferendosi alla sua condanna nel processo Why Not.
3 - DE MAGISTRIS, NON ABBIAMO ARMI MA RESISTEREMO FINO ALLA FINE
(ANSA) - "Quando si alza il tiro e non ci si piega, l’artiglieria pesante diventa più pericolosa. Noi non abbiamo armi ma sappiamo resistere e resisteremo. Sono assolutamente fiducioso che questa esperienza arriverà fino alla fine, al 2016. La nostra esperienza non è solo Napoli ma va ben oltre e la porteremo fino alla fine": così il sindaco di Napoli Luigi De Magistris parlando in Consiglio comunale.
4 - DE MAGISTRIS, SI STA LAVORANDO PER METTERE MANI SULLA CITTÀ
(ANSA) - "Avverto intatta la mia forza, ma anche un’energia più forte" ha detto in Consiglio comunale il sindaco di Napoli, Luigi De Magistris, due giorni dopo la sua condanna nel processo Why Not. "Chiedo a chi ha la forza di andare avanti, a chi vuole giustizia e non legalità formale di mettercela tutta. Quando il quadro appare così confuso appare anche più chiaro chi sta lavorando per mettere le mani sulla città. Quello che dobbiamo fare è far capire ai nostri cittadini che la posta in gioco è alta, al di là di ogni distinguo". "Non credo che si possa cancellare questa esperienza a colpi di formalismi giuridici di norme", ha concluso.
5 - GRASSO, DE MAGISTRIS? LEGGE SEVERINO VA APPLICATA
PIERO GRASSO IN AULA AL SENATO PIERO GRASSO IN AULA AL SENATO
(ANSA) - "La legge Severino è una legge che va applicata, è stata già applicata anche ad altri sindaci. Penso sia inevitabile che sia applicata". Così il presidente del Senato, Pietro Grasso sul caso De Magistris. "Poi naturalmente ci sarà il seguito dell’appello, dell’impugnazione che potrà eventualmente dare un contorno definitivo alla vicenda".
6 - DE MAGISTRIS, LEGGE SEVERINO?LEI DIFENSORE CONTROPARTE
(ANSA) - "Vorrebbero applicare per me la sospensione breve, in base alla legge Severino, un ex ministro della Giustizia che guarda caso è difensore della mia controparte nel processo a Roma. E la norma è stata approvata mentre il processo era in corso". Così il sindaco Luigi De Magistris parlando in Consiglio comunale.
1. DE MAGISTRIS, IL GIUSTIZIALISTA CHE NON ACCETTA LE SENTENZE
Cesare Martinetti per “la Stampa”
È stato eletto sulla spinta di una popolarità ottenuta su inchieste costruite su abusi che sono stati accertati dal tribunale. È stato condannato a un anno e tre mesi. Le richieste di dimissioni sono più che legittime.
Si potrà discutere all’infinito sull’effettiva decadenza legale della sua carica. Egli ha naturalmente diritto al giudizio di appello e alla sospensione della pena. Potrà fare tutti i ricorsi che vuole. Ma questo riguarda il suo destino personale. Dal punto di vista dell’interesse generale questa vicenda richiede invece una soluzione immediata. Per buon gusto, per estetica, per coerenza.
Basta con capziosità e furbizie giuridiche. Abbiamo trascorso anni - non i migliori - in balia di leggi ad personam e conflitti di interesse che hanno cambiato il discorso pubblico del Paese. In Italia è ora in corso un tentativo di riforma importante, difficile, contraddittorio e naturalmente discutibile. Ma che il cambio di stagione sia completo, anche nel rapporto tra politica e giustizia.
Luigi De Magistris è uno di quei personaggi la cui popolarità si deve a una distorsione tutta italiana che nasce dalla sensazione diffusa di vivere in un Paese con un tasso di ingiustizia insanabile dalla naturale fisiologia istituzionale e che richiede l’intervento di attori eccezionali che rompano la crosta dell’impunità. De Magistris questo ha fatto da pm a Catanzaro mettendo sotto inchiesta mezzo mondo politico grazie ad intercettazioni illegali ottenute con la consulenza dell’informatico Gioacchino Genchi.
luigi de magistris attore in una mini fiction 5 luigi de magistris attore in una mini fiction 5
Una vicenda scoperta e denunciata da Guido Ruotolo su La Stampa nell’ottobre del 2007. Milioni di tabulati telefonici acquisiti illegalmente. Tra questi quelli di politici di primo piano come Prodi, Rutelli, Gozi, Pittella, Mastella. Indagini poi finite in calderoni ingestibili e inconcludenti, che però hanno lasciato tracce pesanti nelle vite e nei destini delle persone ed hanno cambiato il corso della politica.
LUIGI DE MAGISTRIS CON GLI ORECCHINI ROSSI PER IL GAY PRIDE DI GIUGNO
Qual è il punto? Che chi - come De Magistris - si è legittimato come giustiziere grazie alla toga di magistrato ed è poi transitato in politica beneficiando di un consenso fondato su quell’immagine, nel momento in cui un tribunale lo condanna non può proclamare la sua «resistenza» in nome della «giustizia» perché così facendo genera altra ingiustizia. Quando il procuratore di Milano Francesco Saverio Borrelli fece il suo appello alla «resistenza» intendeva difendere la stagione di Mani Pulite, non il suo ruolo o disconoscere una sentenza del tribunale.
Apriva un conflitto con la politica, ma questa è un’altra cosa. Le sentenze dei tribunali non valgono a comando. Alla politica oggi è chiesto un vero cambio: se in Emilia anche la semplice attesa di un’inchiesta cambia i connotati delle primarie, a Napoli un condannato per abuso d’ufficio non può fare il sindaco.
2. DE MAGISTRIS: SE MI TOLGONO L’UFFICIO FARÒ IL SINDACO PER STRADA, TRA LA GENTE
Dario Del Porto per “la Repubblica”
Gioacchino Genchi Gioacchino Genchi
«Se mi sospenderanno farò il sindaco in mezzo alla gente. Se decideranno che non devo più stare a Palazzo San Giacomo, vorrà dire che scenderò in strada e starò con i cittadini. Ma non credo che andrà così, perché penso che questa sia una sentenza politica», dice Luigi de Magistris ai suoi collaboratori al crepuscolo di una giornata complicata, la prima dopo la condanna per abuso d’ufficio nel caso Why Not.
Nella sua stanza, al secondo piano del Municipio, il sindaco di Napoli rilegge per l’ennesima volta il testo della legge Severino, la norma che potrebbe interrompere il cammino della giunta arancione dopo tre anni e mezzo di governo. Non ha alcuna intenzione di mollare, de Magistris, ma con il suo staff non nasconde che il rischio della sospensione dalla carica di sindaco è molto concreto.
«Il tema esiste, non è campato in aria. Naturalmente, bisogna studiare bene la procedura. Ma l’ipotesi c’è, inutile nasconderlo. Ora cerchiamo di capire bene la vicenda», spiega a chi va a trovarlo in ufficio o gli parla al telefono.
Il ritmo di lavoro è frenetico come al solito. A Palazzo San Giacomo, il sindaco vede continuamente il capo di gabinetto Attilio Auricchio, a metà mattina saluta brevemente una delegazione di cittadini, in serata incontra gli staffisti e gli assessori. «Non mi dimetto, faremo fronte anche a questo passaggio difficile», ribadisce, mentre i suoi legali e gli avvocati del Comune approfondiscono gli aspetti giuridici della vicenda.
«Gli elementi da valutare sono diversi - ragiona l’ex pm assieme ai fedelissimi - Il dispositivo della sentenza, ad esempio, sospende non solo l’applicazione della pena principale, ma anche della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici. Questo elemento può incidere sulla legge Severino? Il reato, poi. Mi condannano per un abuso d’ufficio che io non ho commesso, per il quale mi sento assolutamente innocente e sono sicuro di poterlo dimostrare già in appello.
Ma al di là di questo, la condotta che mi viene contestata non riguarda il mio mandato di sindaco, bensì un’attività svolta quando ero in magistratura. Vicende sulle quali sono stato anche già sottoposto a un procedimento disciplinare da parte del Csm. Su tutti questi punti, l’interpretazione della legge Severino è quanto meno dubbia».
L’altro nodo sono i tempi. Oggi il consiglio comunale di Napoli vota il bilancio, alle porte ci sono le elezioni per la Città metropolitana. «La norma dice che la prefettura può muoversi se riceve la segnalazione dal Tribunale. Nel dispositivo però non è scritto nulla. Mai come in questo caso, dobbiamo aspettare le motivazioni della sentenza per capire qualcosa in più».
Ma la scelta di “resistere” alle disposizioni di una legge dello Stato, gli chiede qualcuno, non rischia di essere interpretata come una contraddizione, da parte di chi ha fatto della legalità una bandiera?» Il sindaco non si scompone. E replica: «Per molti versi la legge Severino è condivisibile, per altri invece a mio avviso è discutibile, ad esempio dove non contempla, fra i reati, anche i falsi.
Ma io non intendo piegarmi dinanzi a una sentenza che trovo profondamente ingiusta. Sento dire che dovrei dimettermi. Ma non ci penso proprio, semmai dovrebbero farlo gli altri. Per quanto mi riguarda, sono sereno e aspetto. Vedremo quale sarà l’interpretazione della legge Severino e farò le mie valutazioni. Se mi sospenderanno, farò il sindaco sospeso. In strada, con i miei concittadini».
L’amarezza delle prime ore ha lasciato il posto alla voglia di reagire. Ma con la condanna nel caso Why Not, è come se il vento delle inchieste condotte a Catanzaro, che aveva allontanato de Magistris dalla magistratura accompagnandolo nell’agone politico e infine sulla poltrona di sindaco di Napoli, avesse iniziato a soffiare in senso contrario.
ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI ANTONIO DI PIETRO - ITALIA DEI VALORI
«Proprio perché ho fatto il magistrato con impegno, sacrificio, dedizione assoluta, senza rifugiarmi nel quieto vivere ma scavando in casi complessi e rischiosi, mi sento scandalizzato. Non riesco ad accettare che sotto processo sia finito un magistrato e non la politica che ha commesso reati. Per me questo è un controsenso. Ma ci sarà un tempo per tutto. Leggeremo la sentenza, vedremo come è stata scritta. Sono sicuro che ogni aspetto sarà chiarito. Adesso però è il momento di lavorare. La città non può aspettare».
3. LEGGE SEVERINO E CRISI POLITICA - DOPPIO INCUBO PER DE MAGISTRIS “NON MOLLO”. MA DOPO LA CONDANNA IL SINDACO DI NAPOLI PUÒ ESSERE SOSPESO
Giuseppe Salvaggiulo per “la Stampa”
LUIGI DE MAGISTRIS LUIGI DE MAGISTRIS
Dopo la condanna in primo grado per abuso d’ufficio, il sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha due problemi. Il primo è giuridico: la legge Severino, varata nel 2013, prevede in questi casi la sospensione dalla carica. Il secondo è politico: la condanna, ancorché riferita alla sua carriera di magistrato, chiusa per entrare in politica - lo indebolisce ulteriormente in un quadro di instabilità amministrativa.
La questione giuridica è nella mani del prefetto, cui la legge attribuisce il potere di accertare l’esistenza della «causa di sospensione». L’interpretazione prevalente tra i giuristi, confermata dai primi casi di applicazione (Latina, Fasano), è sfavorevole a De Magistris: sospensione senza se e senza ma.
luigi de magistris luigi de magistris
Gli avvocati del sindaco stanno ragionando e potrebbero opporsi al prefetto con un ricorso al Tar. La sospensione «congelerebbe» De Magistris, ma non farebbe cadere la giunta, che resterebbe in vita «decapitata» e con il fiato corto.
La legge Severino è la stessa che ha fatto decadere Berlusconi dopo la condanna definitiva per frode fiscale. Un anno fa, per salvare il leader, il centrodestra sosteneva un’interpretazione restrittiva della legge. Oggi, per chiedere la testa di De Magistris, ne invoca un’applicazione draconiana.
Al contrario lo stesso De Magistris, un tempo irremovibile nel chiedere dimissioni di politici indagati, ora annuncia via twitter: «Non mollo, resisto». L’Italia dei Valori, il partito con cui l’ex pm si diede alla politica, tace. No comment da Antonio Di Pietro, pure lui ex pm che teorizzò (e praticò) le dimissioni in attesa di chiarimento giudiziario.
luigi de magistris luigi de magistris
Un sindaco popolare e politicamente solido avrebbe buoni argomenti per approntare uno scudo efficace: la vicenda giudiziaria non c’entra con il ruolo di sindaco né con la città; la sentenza è tutt’altro che granitica, sia a livello di prove che di configurazione del reato, tanto che la Procura aveva chiesto l’assoluzione, quindi non è escluso un esito favorevole in appello. Ma De Magistris da tempo ha smarrito popolarità (un anno fa, la lista Rivoluzione Civile da lui sostenuta prese a Napoli un misero 3,7%) e solidità politica. In tre anni, ha perso dieci assessori sui dodici della prima «giunta arancione» e otto consiglieri comunali di una maggioranza ormai risicatissima (25 voti su 49).
Luigi De Magistris Luigi De Magistris
Inoltre De Magistris è politicamente «apolide»: lasciata l’Idv, s’è imbarcato nella fallimentare avventura della lista Ingroia, quindi ha ammiccato a Renzi ma senza stabilire un rapporto con il Pd.
Oggi il Consiglio si riunisce per votare il bilancio. Mercoledì era mancato il numero legale, un bis sarebbe un altro colpo per il sindaco, che per puntellare la maggioranza sta offrendo un accordo a Sel. Un solo voto in più, ma prezioso.
LA SENTENZA (DA IL FATTO)
Why Not, condannati de Magistris e Genchi. Il sindaco: “Errore giudiziario”
Il pm di Roma Roberto Felici - il 23 maggio 2014 - aveva chiesto l’assoluzione per l’ex magistrato e la condanna per il consulente. Cuore del processo l’acquisizione di utenze di alcuni parlamentari. Una vicenda che risale al 2006 quando l’attuale primo cittadino era pubblico ministero a Potenza, titolare dell’inchiesta Why Not. È stato anche disposto il risarcimento danni materiali e morali dei parlamentari che si videro sequestrare i tabulati telefonici
Più informazioni su: Catanzaro, Clemente Mastella, Francesco Rutelli, Gioacchino Genchi, Luigi De Magistris, Romano Prodi, Why Not.
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Il rinvio a giudizio per l’affaire Why not e l’acquisizione di tabulati telefonici di politici e parlamentari, tra il 2006 e il 2007, era arrivato il 21 gennaio 2012. L’ex pm, oggi sindaco di Napoli Luigi de Magistris è stato condannato, a Roma, ad un anno e tre mesi di reclusione a conclusione del processo. Stessa condanna per il consulente informatico Gioacchino Genchi. Tra i numeri analizzati da quest’ultimo finirono l’allora ministro di Giustizia Clemente Mastella (indagato in Why Not e prosciolto dopo la sottrazione del fascicolo a de Magistris), il deputato Francesco Rutelli, il senatore Giancarlo Pittella, i deputati Beppe Pisanu (ex ministro dell’Interno di un governo Berlusconi), Marco Minniti, Antonio Gentile, Sandro Gozi. Per un breve periodo fu indagato, come atto dovuto, anche l’ex premier Romano Prodi, poi archiviato.
Il pm aveva chiesto l’assoluzione per l’ex magistrato. Il pm di Roma Roberto Felici – il 23 maggio 2014 – aveva chiesto l’assoluzione per l’ex magistrato: ”Chiedo l‘assoluzione per Luigi de Magistris perché il processo ha dimostrato che non era a conoscenza che stesse compiendo atti illeciti”. Per Genchi invece era stata sollecitata una condanna ad un anno e sei mesi di reclusione. Cuore del processo l‘acquisizione di utenze di alcuni parlamentari. Una vicenda che risale al 2006 quando l’attuale primo cittadino era pubblico ministero a Catanzaro, titolare dell’inchiesta Why Not.
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I due imputati sono accusati di abuso d’ufficio per aver acquisito le utenze senza le necessarie autorizzazioni parlamentari, di Prodi, Rutelli, Mastella, Minniti e Gentile. Nel corso della requisitoria, il pm Roberto Felici aveva spiegato come pur essendo stato de Magistris a dare “carta bianca ” al suo consulente tecnico, indagando sui contatti trovati nell’agenda di Antonio Saladino (un imprenditore indagato) fu Genchi a trasformarsi in “dominus” dell’inchiesta e a disporre non solo i decreti di acquisizione degli atti, poi firmati dal magistrato. Per l’accusa Genchi arrivò a scegliere i nominativi, con le utenze telefoniche, di chi doveva entrare a far parte dell’inchiesta. La difesa, invece, sosteneva che i tabulati erano stati acquisiti ignorando chi utilizzasse quei telefoni visto che le utenze, in molti casi, erano intestate a società e terze persone. Di fatto si indagava su utenze delle quali non potevano sapere a priori le intestazioni. Scoperte, per l’appunto, soltanto dopo l’acquisizione dei tabulati e delle notizie richieste alle compagnie telefoniche.
Disposto il risarcimento per gli onorevoli di cui erano stati acquisiti i tabulati. Un modus operandi che, secondo il pubblico ministero, rappresentava “una violazione e una indebita intrusione nella vita privata” dei parlamentari. Per il pm capitolino, in sostanza, il sindaco di Napoli ebbe un ruolo secondario nella gestione dell’indagine e dagli esiti processuali emerge che non fosse a conoscenze che quelle utenze si riferivano a parlamentari in carica. Nel chiedere l’assoluzione il pm, riferendosi a de Magistris, ha affermato di “non apprezzare quelli che erano i suoi metodi, la sua ansia ed euforia investigativa e l’uso eccessivo di strumenti come le perquisizioni. Non ho trovato elementi, però, – aveva detto Felici – per dire che lui fosse a conoscenza che si stava commettendo un illecito acquisendo quei tabulati”. Il Tribunale, presieduto da Rosanna Ianniello, però non ha accolto la richiesta della Procura e ha emesso un verdetto di condanna per entrambi gli imputati. Il giudice, pur concedendo le attenuanti generiche ha inflitto anche l’interdizione per un anno dai pubblici uffici. La pena comunque è stata sospesa ed è stata disposta la non menzione nel casellario giudiziario. È stato anche disposto il risarcimento danni materiali e morali dei parlamentari che si videro sequestrare i tabulati telefonici. Si tratta degli onorevoli Sandro Gozi, Romano Prodi, Marco Minniti, Clemente Mastella e Giancarlo Pittelli, dei senatori Francesco Rutelli e Antonio Gentile. In via provvisionale il Tribunale ha stabilito un risarcimento danni di 20mila euro ciascuno per questi personaggi presenti nel processo come parte civile.
Luigi de Magistris: “Ho subito la peggiore delle ingiustizie”. “La mia vita è sconvolta, ho subito la peggiore delle ingiustizie. Sono profondamente addolorato per aver ricevuto una condanna per fatti insussistenti. Ma rifarei tutto, e non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato” dice Luigi de Magistris dopo la condanna. ”In Italia, credo, non esistano condanne per abuso di ufficio non patrimoniale. Sono stato condannato per avere acquisito tabulati di alcuni parlamentari, pur non essendoci alcuna prova che potessi sapere che si trattasse di utenze a loro riconducibili. Prima mi hanno strappato la toga, con un processo disciplinare assurdo e clamoroso, perché ho fatto esclusivamente il mio dovere, dedicando la mia vita alla magistratura, ed ora mi condannano, a distanza di anni, per aver svolto indagini doverose su fatti gravissimi riconducibili anche ad esponenti politici. Non avendo commesso alcun reato, ho la speranza che si possa riformare, in appello, questo gravissimo e inaccettabile errore giudiziario“, sottolinea ancora de Magistris.
“La mia vita è sconvolta e sento di aver subito la peggiore delle ingiustizie, ma non cederò alla tentazione di perdere completamente la fiducia nello Stato. Rifarei tutto, ho giurato sulla Costituzione ed ho sempre pensato che un magistrato abbia il dovere di indagare ad ogni livello, anche quello che riguarda la politica. Oggi, con questa sentenza, di fatto, mi viene detto che non avrei dovuto indagare su alcuni pezzi di Stato, che avrei dovuto fermarmi. Rifarei tutto, perché ho agito con coscienza e rispettando solo la Costituzione. Vado avanti con onestà e rettitudine, principi che hanno sempre animato la mia vita e che una sentenza così ingiusta non può minimamente minare. La Giustizia è più forte della legalità formale intrisa di ingiustizia profonda”, conclude il sindaco di Napoli.
“La sentenza emessa oggi dal tribunale di Roma rende piena giustizia agli uomini politici tra i quali Francesco Rutelli e Clemente Mastella” dicono i legali dei due esponenti politici, gli avvocati Titta e Nicola Madia oltre a Cristina Calamari. “La grave violazione delle prerogative dei parlamentari in questione determinò una violentissima campagna di stampa contro il governo all’epoca in carica”.
Per il sindaco di Terzigno, Domenico Auricchio, tra la condanna e la sospensione furono sufficienti una decina di giorni. In altri casi, per un consigliere comunale di un comune del vesuviano, ci vollero quasi due mesi. Nel Lazio, la sospensione del sindaco di Sperlonga è arrivata circa sette mesi dopo la condanna.
LA SENTENZA WHY NOT (IL FATTO)