Marco Belpoliti, l’Espresso 26/9/2014, 26 settembre 2014
PILLOLE DI GASTRONOMIA
Federico ha nell’iPhone un’app che punta sull’etichetta della bottiglia di vino che sta bevendo: provenienza, prezzo, giudizi. Francesca non si perde una puntata di MasterChef, mentre sua sorella Giulia è una fedelissima della Parodi e compra tutti i suoi libri. Poi ci sono i gemelli Rossi, ideologi del chilometro zero, mentre Filippo e Rosella si professano vegani e vanno tutti gli anni in un campeggio in Toscana dove si radunano altri come loro. Non c’è dubbio, ha ragione il semiologo Gianfranco Marrone: dalla gastronomia siamo passati alla gastromania. Ce lo confermano libri, televisioni, giornali, blog, eventi, packaging e chiacchiere quotidiane, il cibo è la nuova star avendo eclissato la vecchia: l’astrologia. Le attese sul futuro, e sul presente, si sono riversate su questo nuovo totem sociale, che non si può dire sia il cibo in quanto tale, quanto piuttosto il discorso sul cibo.
Il sospetto che avanza Marrone nel suo libro, "Gastromania" (Bompiani) appunto, è che, se ci sono tantissimi programmi televisivi sulla cucina, tante riviste, innumerevoli blog culinari, è perché la gente nella quotidianità mangia per lo più cibi pronti, panini nelle tavole calde e nei fast food, e non sapendo cucinare cerca di porvi un rimedio. E utilizza un aforisma ficcante: laddove la cucina muore, la gastromania si espande. Il libro, degno dei "Miti d’oggi" di Roland Barthes, scritto con intelligenza, stile e acutezza, analizza la smania attuale per gli chef star, il mito dell’infanzia, i fantasmi culinari della nonna, l’ideologia naturista e biologica, le contraddizioni delle diete, arrivando a una conclusione davvero persuasiva: i media parlano tanto di gastronomia invadendoci per perseguire la cosa che più li soddisfa, ovvero se stessi. Parlano di gastronomia parlando dei media che parlano di gastronomia. MasterChef è un brand felice di esserlo. In tv non si mangia quasi mai, si assaggia piuttosto. Prevale la guerra gastronomica tra concorrenti. Siamo sospesi tra il reality show (MasterChef) e il talent show (Parodi), tra i rituali della degradazione e la mistica dell’assaggio. Tutti spadellano, friggono, rosolano, infornano, ma dove vanno a finire le cose che cucinano in tv? Non certo in tavola. Manca totalmente la commensalità.
Tra le tante cose che Marrone racconta - un po’ storytelling e un po’ teoria - c’è anche quella dei blog culinari che impazzano tra consigli di ristoranti ed enoteche, bar e street food. Sono la nuova frontiera della comunicazione "falso-orizzontale" di Facebook e Twitter. Il loro modello originario è Julia Child, protagonista della nuova fiaba della casalinga annoiata. Un giorno Julia decide di cucinare in 365 giorni i 524 piatti del ricettario "Mastering the Art of French Cooking", Bibbia gastro-famigliare degli americani. Lo racconta nel blog Julia&Julia Project, giorno per giorno. Alla fine anche il "New York Times" ne parlerà e Julia scriverà il romanzo con la storia. La gastromania è il campo in cui oggi si realizza la scalata mediatica, non l’unico, ma certo quello che possiede più appeal. Marrone avanza anche un’altra ipotesi interessante: il binomio cucina e sesso, fornelli e camera da letto, non funziona più. In un racconto anni Ottanta di Italo Calvino, "Sotto il sole giaguaro", una coppia pregustava i piaceri del talamo anticipandoli mangiando voluttuosamente al tavolo di un ristorante messicano. Ora il binomio sarebbe invece creme e coccole. La trasformazione indica anche uno spostamento del desiderio che aleggia intorno al mondo del cibo, ma indica qualcosa d’altro circa sentimenti, costumi e comportamenti. Qualcuno sostiene che il cibo in tv è "pornografia culinaria", allora cosa lega corpo e cibo ora? Marrone lo racconta con intelligenza. Il suo è un libro da leggere per capire cosa ci sta accadendo, e non solo a tavola.