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 2014  settembre 26 Venerdì calendario

INNAMORARSI DELLA SCUOLA E DELLA PROF

MILANO. Come in un articolo giornalistico scritto male, nell’ultimo libro dello psicanalista milanese Massimo Recalcati la notizia si trova alla fine. È il travolgente innamoramento intellettuale di un Recalcati allora diciottenne per Giulia, insengante di letterein un nebbioso Istituto Agrario Quarto Oggiaro. Scrive Recalcati (che vanta nel suo cursus studiorum il notevole record di una bocciatura secca in seconda elementare): «Una vita non si gioca tutta nella contingenza di un incontro?». Eccola lì, la contingenza. La professoressa un po’ madre e un po’ desiderata amante che dischiude finalmente al giovane Recalcati i percorsi della conoscenza.
Verrebbe da dire che il resto del libro (L’ora di Lezione - Per un’erotica dell’insegnamento, Einaudi) altro non è se non la sistemazione teorica di questa giovanile passione. Se Kant suggeriva di comportarsi nel mondo come se ogni propria azione dovesse diventare legge universale, Recalcati gli fa un po’ il verso. L’esperienza che ha vissuto lui, il viatico erotico verso il sapere, dovrebbe accompagnare la vita di ciascuno e essere condizione dell’insegnamento nella scuola.
«E che male c’è se in un libro si ritrova una radice biografica?», replica Recalcati.
Assolutamente niente. Anzi.
«È vero. Nella mia esperienza con Giulia ritrovo tutto ciò che scrivo nella parte più teorica del libro».
Solo un incontro, in fin dei conti.
«No. Un incontro specialissimo, che è sfuggito al controllo dell’istituzione scuola, alla sua disciplina, ai programmi alle valutazioni, ai calendari eccetera».
L’incontro supremo ed eversivo, allora.
«Un evento in grado non solo di accendere un rapporto erotico con il sapere, ma di aprire lo sguardo su nuovi mondi. Non c’è riforma della scuola possibile se non mettiamo questo punto al centro della discussione».
Ma lei è sicuro che non sia già così? Tutti gli insegnanti in tondo vorrebbero essere Robin Williams nell’’Attimo fuggente, non crede?
«Forse. E certamente per migliaia di studenti l’incontro magico si verifica. Ma la nostra scuola non va affatto in questa direziono. Tutti i governi dell’ultimo quarto di secolo hanno saccheggiato la scuola e gli insegnanti di oggi tutto sono costretti a fare meno che la cosa più importante, e cioè preparare la loro ora di lezione, curare la relazione didattica con gli studenti».
E cosa fanno?
«Si perdono in incombenze burocratiche, programmi, valutazioni, amministrazioni, partecipano a riunioni inutili, roba così. L’insegnante vive una condizione di umiliazione, di frustrazione sociale e economica, di solitudine, aggravata ulteriormente dallo sfaldamento del patto generazionale». Sarebbe a dire?
«Sarebbe a dire che gli insegnanti, che sono poi spesso chiamati anche a compensare i deficit educativi di famiglie sfasciate, devono fronteggiare un’alleanza, fino a vent’anni fa impensabile, tra alunni e genitori
Ti do un brutto voto e tua madre fa ricorso al Tar?
«Esatto. E tutto iscritto in un altro grande tema che riguarda, per dirla con un’espressione di Jacques Lacan, l’evaporazione dei padri. Il collasso della dimensione simbolica dell’autorità».
Questa non è particolarmente nuova.
«Rimane il problema di ricostruire una autorevolezza simbolica della parola dell’insegnante, in un tempo in cui essere insegnante non basta più a garantirla».
E come si fa?
«Dobbiamo scongiurare due grandi rischi Oggi il narcisismo dei genitori tende a far diventare la vita dei giovani una continua prestazione. Un qualsiasi inciampo, per esempio una bocciatura, è vissuto dalla famiaglia come un peccato imperdonabile, un’umiliazione. e come un sopruso da parte degli insegnanti».
E il secondo rischio?
«Che la scuola si trasformi in un parco giochi, dove la richiesta di disciplina, di impegno e rigore, fattori che sono parte integrante della formazione, sono visti con sospetto, come un arretramento autoritario. Per esempio, una volta per comportamenti censurabili c’era la sospensione dell’alunno».
Perché, non c’è più?
«Oggi c’è la sospensione con obbligo di frequenza».
Meraviglioso. L’avrà inventata la Gelmini.
«E invece bisogna dimostrare che la via del sapere è una via necessaria. In questo senso la scuola è certamente un punto di resistenza nei confronti dell’iper edonismo contemporaneo».
Lei si ribella al postmoderno. Non sarà un po’ tardino?
« Mi ribello a un tempo che non promuove la via lunga della formazione, ma la via corta, la via della corruzione e della menzogna , della scaltrezza e dell’aggiramento delle difficoltà. C’è una grande battaglia da tare e la scuola è la prima linea».
Nostalgia della scuola dei bei tempi andati? Quella dei nostri genitori?
«No. Nessuna nostalgia di quando gli studenti erano tutti viti storte che il prudore doveva raddrizzare. Però mi rifiuto di seguire l’onda della scuola delle tre "i", impresa, informatica, inglese, della filosofia delle competenze, di un accesso facile all’informazione, che la rete mette sotto gli occhi ».
Dica la verità, C’è un po’ di tecnofobia in lei. Questa storia che uno va su Wikipedia e impara qualcosa la innervosisce.
«Bè, in fondo sono un uomo del Novecento e guardo questo nuovo mondo social con un po’ di distanza. Io appartengo ai libri e non alla rete. Rivendico il diritto a essere permanentemente connesso».
Lei ce l’ha una tariffa flat per internet?
«Certo che ce l’ho».
Ce l’ha uno smartphone?
«No, quello no. Cerco di preservare l’assenza dalla connessione. Anche se viviamo un tempo in cui la connessione e la presenza sono tutto, anche se dobbiamo riempire continuamente ogni spazio. E poi la società della connessione permanente è meno erotica».
Sicuro? Guardi che nei social esiste una grande virtualità erotica. Cioè, si rimorchia un sacco.
«Non ne dubito. Ma l’erotismo è fatto di intensità e di esclusività, non di diffusione».
Dopo la sua insegnante Giulia si è più innamorato del sapere attraverso qualcun altro?
«Come no. Penso al mio professore all’università, Franco Fergnani, o al mio analista Jacques-Alain Miller, per esempio».
Però colpi di fulmine così non capitano spesso. Anzi, se questa è la via del sapere, è una via per pochi fortunati.
«Non credo. Tutti hanno un maestro, o anche più di uno, che non hanno mai dimenticato». Lei dice?
«Sicuro. C’è sempre una voce, un volto, un nome che ci è rimasto addosso. Il maestro che conta. La scintilla che accende l’erotismo del sapere. Prima o poi arriva».
Luigi Irdi