Fabio Dorigo, L’Espresso 26/9/2014, 26 settembre 2014
SALVATE LA LIBRERIA DI SABA
L’acquistai con l’intenzione di buttare nell’Adriatico tutti quei vecchi libri che conteneva e rivenderla vuota ad un prezzo maggiore». Era il 1919 e Umberto Saba pensò di investire un piccolo capitale derivante dall’eredità di un parente rilevando la Libreria Antica e Moderna di Giuseppe Maylaender. La speculazione immobiliare del poeta non andò in porto e quei vecchi libri riposano ancora tra gli scaffali della Libreria antiquaria “Umberto Saba” di via San Nicolò 30, a Trieste. Nel 2012 la “bottega dei miracoli” è stata dichiarata “studio d’artista” dal Ministero dei Beni culturali (Mibact). «Quei vecchi libri - nessuno dei quali mi interessava per il contenuto - mi avevano incantato. Cercavo anche una sistemazione per la mia vita». E così fu: «È stato così che ho passato in quell’antro oscuro la metà circa della mia vita. La passai in parte male e in parte bene, come l’avrei passata in qualunque altro ambiente», ricordava Saba.
L’edificio della libreria è proprietà della Comunità ebraica di Trieste. «Si tratta del luogo, tuttora di grande fascino e assolutamente da tutelare, in cui Saba lavorava (ha sempre fatto il libraio antiquario) e in cui ha composto la gran parte della sua opera poetica. La libreria ha continuato stentatamente un’attività commerciale con il figlio del ragazzo di bottega di Saba, Mario Cerne, ormai anziano», racconta Maurizio Messina, direttore della Biblioteca nazionale Marciana di Venezia e della Biblioteca statale Stelio Crise di Trieste. Mario Cerne è figlio di Carlo, “Carletto” per il poeta, all’inizio garzone di bottega, poi socio alla pari durante la guerra e infine unico erede della libreria alla morte di Saba nel 1957.
Quei vecchi libri, sopravvissuti al bagno nell’Adriatico, sono stati recentemente spolverati. Per la prima volta, probabilmente. L’intervento di pulizia, finanziato dal ministero con 36 mila euro, è stato eseguito dai tecnici della Biblioteca. «All’inizio delle attività la situazione era gravemente degradata, con pavimenti sconnessi e scaffali pericolanti. Si è quindi proceduto a mettere tutto in sicurezza, per quanto possibile con quel finanziamento, e poi riordinato e spolverato i libri», spiega Messina. Ma non basta. Il problema della Libreria Saba è la catalogazione. Sotto la polvere è emerso un patrimonio librario unico. «I risultati sembrano incoraggianti, è stato individuato un nucleo librario con contrassegni autografi riconducibile direttamente al poeta. Un fondo, quindi, di grandissimo interesse» rivela il direttore della Marciana.
Che fare allora? «Il Mibact non ha competenza su quei libri in quanto non sono di proprietà statale (secondo la normativa vigente la competenza è della Regione). Al momento non ci sono strumenti per impedire la dispersione del fondo, che potrebbe essere venduto, ma che dovrebbe assolutamente rimanere integro e in mano pubblica. Questa è una condizione imprescindibile. Riterrei quindi che si dovrebbe puntare a un acquisto da parte di Regione o Comune», consiglia Messina.
Mario Cerne combatte da anni una battaglia solitaria contro l’indifferenza delle istituzioni. A Trieste ci sono percorsi letterari e musei dedicati a Italo Svevo e James Joyce. «Arrivano i turisti nella libreria e mi chiedono cosa c’è da vedere di Saba. Nulla. Alla città non interessa. Non c’è nulla a Trieste». A parte la libreria, ci sono i versi sul calcio allo Stadio Rocc, e in via Dante la statua di bronzo di Nino Spagnoli (accanto a quelle di Svevo e Joyce), che però è presa di mira dai vandali: la pipa manca da dieci anni, e da sei mesi anche il bastone. «Non credo più a niente. Sono diventato scorbutico come Saba», ripete il figlio di Carletto. «Sono il proprietario e l’unico erede. Una mattina mi alzo e mi metto in pensione. Chiudo la libreria e festa finita». Ma il muro di indifferenza, dopo la pulitura dei libri, si è incrinato. Per la catalogazione basterebbero 20mila euro. E la Regione, tramite la governatrice Debora Serracchiani, ha riconosciuto che «la libreria “Umberto Saba” è un tesoro che merita di essere preservato e valorizzato, a beneficio di Trieste e di tutta la cultura italiana», confermando la volontà di intervenire. «La bottega di San Nicolò ebbe un gran merito: rappresentò per me, per tutti gli anni che durò il fascismo, un rifugio al riparo degli altoparlanti», raccontava Saba. Anche per questo un luogo da tutelare.