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 2014  settembre 26 Venerdì calendario

IL PICCOLO SAMURAI DEL TENNIS

Notti in bianco per milioni di giapponesi con gli occhi fissi alla tv; migliaia di padri e madri in fila per iscrivere i pargoli alle dispendiosissime scuole di tennis; le azioni degli sponsor (Nissin Foods Holding & Co. e la Uniqlo) che balzano in alto; lotta a colpi di miliardi di yen delle stazioni televisive per strappare i diritti esclusivi di telecronaca in diretta di tutti i prossimi tornei di tennis; milioni di t-shirt, racchette, scarpe, tergisudore da polso, bandane, berretti e di ogni altro articolo dei parafernalia tennistici andati a ruba in tutti i negozi sportivi e nei supermercati giapponesi; titoloni a tutta pagina sui giornali; tuttologi televisivi chiamati a commentare per ore e ore; manga, video e videogiochi con protagonisti assi della racchetta tutti esauriti in poche ore. Questi alcuni degli effetti più immediati dell’eruzione del vulcano Kei Nishikori, primo giapponese, e primo asiatico, ad approdare alla finale di uno dei quattro tornei del grande slam (U.S. Open, Australian Open, French Open e Wimbledon).
Airkei (così soprannominato dai fans perché colpisce la palla sollevando entrambi i piedi da terra per compensare almeno in parte la minore altezza nei confronti di quasi tutti i suoi avversali) la sua gloria, il suo seggio nel pantheon tennistico, i suoi milioni di dollari se li è ben guadagnati. Poche settimane prima di calcare il cemento di Flushing Meadows, si è dovuto sottoporre ad un intervento chirurgico per estirpare una ciste dall’alluce del piede destro. Non ha praticamente mai interrotto gli allenamenti sotto la guida dell’inflessibile coach cino-americano Michael Chang, colpendo la palla dalla sua sedia a rotelle. Proprio come i suoi meno fortunati, ma altrettanto bravi, colleghi e compatrioti Shingo Kunieda e Yui Kamiji, vincitori agli U.S.Open di quest’anno rispettivamente del singolare maschile e di quello femminile per atleti costretti alla sedia a rotelle.
Nishikori è arrivato alla finale battendo nomi più blasonati di lui, come lo svizzero Stan Wawrinka («l’altro svizzero») terzo nel ranking mondiale, il canadese Milos Raonic, sesto, e il serbo Novak Djokovic, che con i suoi 12.290 punti siede inattaccabile in cima alla classifica mondiale. E tuttavia Airkei lo ha annientato lasciandolo incredulo e disfatto. «Il più bei rovescio del mondo. Dovremo tutti fare i conti con lui» ha concesso il serbo.
Poi, però, giunto alla finale, davanti al gigante croato Marin Cilic, 20 centimetri netti di differenza in altezza, l’asso giapponese non è stato capace di emulare l’eroe biblico: il piccolo David, vuoto di energia e paralizzato dall’emozione, con i 124 milioni di concittadini che gli pesavano sulle spalle, ha dovuto cedere con un impietoso triplo 6-3 al massiccio Golia, armato di missili terra-terra che schizzavano via dalla rampa di lancio della sua racchetta intorno ai 220 chilometri all’ora, dandogli 17 ace e bordate di prime palle vincenti.
«Sento che sono sulla strada giusta per diventare il numero uno al mondo» ha affermato davanti alla folla entusiasta che lo ha accolto al suo arrivo all’aeroporto di Nari ta a Tokyo. Sono ormai lontani i giorni m cui Nishikori, appena quattordicenne, fu accolto nell’Accademia del mago Nick Bollettieri, a cui confidò di avere come suo massimo obiettivo la realizzazione del «Project 45»: ossia il raggiungimento del 45mo posto nel ranking mondiale, per migliorare il record stabilito dal mitico campione giapponese Shuzo Matsuoka che aveva culminato la propria carriera al 46mo posto negli anni Trenta del secolo scorso. Nishikori era stato selezionato e inviato in America nel quadro di un programma di rilancio del tennis giapponese sponsorizzato dal generai manager della Sony, Masaaki Merita.
I dirigenti della federazione tennistica giapponese sperano che le vittorie di Nishikori facciano rivivere la stagione d’oro del tennis nipponico che precedette le affermazioni di Matsuoka: quella fiorita nel primo quarto del secolo scorso, quando Ichiya Kumagai divenne il primo giapponese a raggiungere le semifinali degli U.S. Open, Zenzo Shimizu raggiunse le semifinali di Wimbledon e Jiro Salo quelle del French Open, dell’Australian Open e due volte quelle di Wimbledon.
Jiro Sato avrebbe potuto forse aspirare ai massimi allori, ma si tolse la vita gettandosi in mare mentre era in navigazione verso l’Europa per un incontro di Coppa Davis, gesto disperato causato da un diverbio con la famiglia della sua fidanzata e compagna di doppio Sanaye Okada. Nella cabina vuota furono trovate due sue lettere: una di scuse per il comandante della nave (da bravo giapponese, le buone maniere innanzitutto), l’altra per i compagni di squadra in cui aveva scritto: «Anche se non sarò fisicamente con voi, vi sarò accanto in spirito».
Un altro mito, questo vivente, del tennis giapponese è Kimiko Date, che ha disputato le semifinali dell’Australian Open nel 1994, quelle del French Open nel 1995 e quelle di Wimbledon nel 1996. Ritiratasi a 26 anni, è tornata al tennis professionistico nel 2008 all’età di 37 anni, con ottimi risultati, A 42 anni, ha raggiunto le semifinali del doppio femminile quest’anno agli U.S. Open. Sarebbe un grande colpo mediatico far giocare Date-san e Airkei nel doppio misto dei grandi tornei, ma forse si rischierebbe di distrarre il campione dalla sua suprema missione, diventare il numero uno del tennis mondiale.
Nobuo Kuroyanagi, presidente della federazione tennistica giapponese ha dichiarato: «Sono sempre meno i ragazzi che fanno sport perché preferiscono passare il tempo libero con gli smartphone ed altre diavolerie elettroniche. Le straordinarie imprese di Nishikori ci fanno ben sperare».
«Questo è il più entusiasmante capitolo della storia del tennis giapponese» ha esclamato Jun Kamiwazumi, ex capitano della squadra nazionale di Davis Cup. «Avrà uno straordinario impatto sui giovani. Saranno decine di migliaia i ragazzi che cercheranno di emularlo, portando il tennis al terzo posto dopo il baseball e il calcio tra gli sport più praticati nel nostro Paese».
Il balzo in avanti di Airkei avrà un grande impatto anche sul suo conto in banca: dagli attuali circa 10 milioni di dollari all’anno, potrebbe facilmente toccare i 30 milioni,
In uno sport che vede i protagonisti alti attorno ai 190 centimetri, in grado di sparare prime palle spesso ingiocabili, Nishikori ha dimostrato di sapere controbattere alla potenza con la precisione e con la resistenza fisica e nervosa. «Credo di aver dimostrato di poter battere chiunque» ha detto dopo aver perso la finale contro Cilic. «Nei precedenti sette incontri lo avevo battuto cinque volte. Avevo la certezza di vincere ancora e questo mi ha fatto perdere concentrazione. Sarebbe stato meglio per me incontrare Federer. La notte precedente la finale, non ho potuto dormire. Sentivo le aspettative del mio popolo schiacciarmi».
Quando Chang ha visto nella stanza di Nishikori un grande poster di Roger Federer gli ha detto: «Non deve essere per te un uomo da idolatrare, ma un avversario da battere». Detto, fatto. Nei quattro incontri di quest’anno, il giapponese ha battuto lo svizzero due volte. «Un buon maestro deve essere superato dai suoi allievi» sosteneva Michelangelo. E Airkei sta dimostrando che Chang è un buon maestro. Insieme andranno lontano.